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Pubblicato nel 1967 agli albori
della contestazione giovanile, questo capolavoro di Gabriel Garcia Marquez spezza ogni legame con la letteratura a struttura
discorsiva collocandosi, a pieni
voti, nell'alveo della narrativa del racconto indiretto racchiudendo in sé una
quantità di informazioni, di pensieri e di stati d’animo da risultare una
novella dalle mille sfaccettature e profili narrativi.
La solitudine, come condizione
naturale e inevitabile dell’Uomo, sembra “materializzarsi” nelle vicende dei
personaggi narrati fino a ad essere
“toccata con mano” nella trasposizione empirica di tutte le sue componenti
interiori.
In questa cornice di desolazione
individuale e sociale la morte diventa per l’autore un fatto “piacevolmente”
ineluttabile, una sorta di attesa verso la quale sembrano indirizzarsi tutte le
azioni e le vicende dei protagonisti. Quanto avviene nella realtà è soltanto
provvisorio e precario; i mutamenti del tempo segnano l’incapacità dei
personaggi di comunicare e di relazionarsi tra di loro.
LA TRAMA: Tutta l’opera ruota intorno alle vicende della famiglia Buendìa, da Josè Arcadio ad Aureliano
Babilonia, una stirpe lunga cent’anni nella quale s’intrecciano storie di
eroine come Ursula, la matriarca
della famiglia, che tenta in tutti i modi di tenere uniti figli propri o di
altri acquisiti, o di falsi eroi, come il colonnello Aureliano Buendia, impegnato nella guerra tra conservatori e liberali, bipolarismo di altri tempi, la cui
matrice ideologica è sconfessata da azioni contraddittorie o contro-tendenti.
Il tutto sullo sfondo di una Macondo che si “spopola”, man mano che
progredisce, del sentimento di appartenenza dei suoi fondatori.
Una regressione che culmina in
una solitudine fisica ed interiore che è inversamente proporzionale
all'evoluzione delle abitudini di vita degli abitanti del villaggio: dalla
primordiale scoperta del ghiaccio da parte degli zingari, all'invenzione
dell’elettricità, dei mezzi di comunicazione come il treno e per finire alle
prime lotte sindacali per il riconoscimento dei diritti dei lavoratori.
Nel mezzo storie individuali di
amori, presunti o tali, di tradimenti e persino di velato incesto alla ricerca
di una felicità o di una serenità agognate e irraggiungibili.
L’AUTORE: Colombiano del 1927 e Premio Nobel del 1982, Gabriel Garcia Marquez ha un curriculum
di tutto rispetto. Tra i suoi scritti: Cronaca
di una morte annunciata. L’autunno
del patriarca. Nessuno scrive al
colonnello. L’amore ai tempi del
colera. Il generale nel labirinto.
UN PASSO DEL ROMANZO: Ursula
ignorava in quei tempi l’abitudine di mandar donzelle nel letto dei guerrieri,
come si mettono le galline sotto i galli di razza, ma nel corso di quell'anno l’apprese: altri nove figli del colonnello Aureliano Buendìa furono portati in
casa per essere battezzati.
GIUDIZIO: Pur non rientrando nel genere che prediligo, Cent’anni
di solitudine è un romanzo scritto con sagacia e cura di particolari.
La sapienza e le qualità stilistiche dell’autore emergono a tutto tondo in ogni
passo dell’opera appassionando il lettore soprattutto per la quantità (e qualità) di
informazioni che riesce a trasmettere. La descrizione dei luoghi e dei
personaggi è alquanto veritiera e fedele nell'intento di rappresentare la
solitudine come condizione sociale che si tramanda nel tempo, al di là dei suoi
mutamenti. E’un romanzo che ha in sé un grande pregio: quello di non lasciare
indifferenti.
Commenti
Ricordo con piacere la prima lettura di questo romanzo, ai tempi dell'adolescenza. Ha avuto il merito di dare forma e parole al senso di solitudine tipico di quell'eta', quando ancora non si e' sufficientemente strutturati,forse, per esprimere appieno gli stati d'animo che ci "agitano".
RispondiEliminaQuando i ricordi hanno una valenza e una qualità come quelli da te espressi, meritano di essere "rispolverati" e portati alla luce. Un caro saluto.
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