BENVENUTO nel mio blog. Qui si parla di cultura, musica, attualità e ...di molto altro. Anche tu puoi essere protagonista con commenti e proposte.
Io che vivo di ricordi
L’anno che se ne va
GENNAIO, post più letto: La casa di vetro
FEBBRAIO, post più letto: Quanto amore che si perde
MARZO, post più letto: Sanremo 2021 nel segno del rock
APRILE, post più letto: E niente ...
MAGGIO, post più letto: Mary alla stazione
GIUGNO, post più letto: Chi ti ha detto mai?
LUGLIO, post più letto: Amanti di un'isola
AGOSTO, post più letto: Verrà
SETTEMBRE, post più letto: Qualcuno ci ama (lassù)
OTTOBRE, post più letto: Sarà
NOVEMBRE, post più letto: Il volo dell'aquila
DICEMBRE, post più letto: Ti scriverò
A domanda rispondo
La mia esperienza di scrittore mi spinge a fornire su queste pagine il mio contributo a coloro che intendono affacciarsi nel mondo dell'editoria.
Scrivere un libro costa molta fatica, ma lo è ancora di più quando si passa alla fase 2, ovvero quella di far conoscere la propria opera.
Qui si aprono mondi infiniti e le insidie sono ben maggiori delle prospettive di successo.
È importante non farsi prendere dalla voglia di emergere a tutti i costi, senza ponderare le iniziative da intraprendere o le soluzioni che si prospettano.
C'è un nugolo di editori, o pseudo tali, pronto a tendere la rete per accalappiare autori inesperti o sognatori al solo fine di spillare denaro in tutte le forme possibili, dirette o indirette.
Bisogna leggere bene, prima di firmarlo, il contratto proposto che spesso contiene clausole oscure che sono sempre a danno dell'autore e mai dell'editore.
Coloro che intendono chiedermi un consulto possono farlo su questa pagina o scrivermi in privato accedendo al link del mio contatto.
Sarò ben lieto di rispondere.
Signori si nasce!
Riporto volentieri un episodio che ho letto di recente sui social, testimonianza di quella che deve essere la vera generosità. È proprio vero, come diceva il grande Totò, che signori si nasce.
E chissenefrega!
500
Con "Amanti di un'isola ", le parole del mio tempo fanno 500, che è il numero dei post pubblicati da quando, nel gennaio 2012, ho realizzato questo blog. Un traguardo impensabile all'inizio, un percorso lungo quasi dieci anni costellato di storie e avvenimenti, alcuni piacevoli, altri un po' meno, che hanno innovato profondamente i nostri usi e costumi.
Un tempo aprire un blog era una vera e propria novità, oggi è quasi una routine perché sono davvero in tanti ad avere un sito, una pagina web, un punto virtuale per raccontare e raccontarsi in tutti i modi consentiti dalle nuove forme di comunicazione sociale.
Oggi un blog non fa più notizia, anzi. La concorrenza è divenuta così agguerrita che si fa a spintoni per emergere e per far sentire la propria voce, come uccelli di rovo in perenne competizione tra loro che si cimentano in un canto che sia il più forte e melodioso.
Mi piace pensare che il mio blog sia differente dagli altri (ma questo pensiero può valere per tutti). Intanto il titolo da cui ne è tratto è un libro di canzoni che ha raggiunto finora oltre 20.000 copie scaricate. E questo, nel marasma dei siti che sono sbucati come funghi, è già un successo.
Sempre aggiornato (almeno un post alla settimana), le parole del mio tempo ha ottenuto finora oltre 330.000 visualizzazioni, con rubriche dedicate agli scrittori emergenti (la vetrina degli emergenti), alle loro interviste, alle recensioni, agli avvenimenti di attualità e, naturalmente, alla musica che è il mio primo amore.
Ci saranno altre parole del mio tempo? Chissà! Per ora desidero ringraziare tutti coloro che sono passati da queste parti, che mi hanno inviato messaggi di stima e di apprezzamento e sostenuto in qualche modo in questo meraviglioso passatempo.
A tutti questi "avventori", occasionali o abituali, il mio sincero
G R A Z I E
Caro amore del futuro
Non c’è cosa più bella ed autentica dei sogni che si materializzano nell’immaginazione. L’idealismo prende vita e sostanza in ciò che non esiste o vorremmo che esistesse in una realtà sempre più povera di emozioni. Distanziati e mascherati giocoforza, ma forse lo eravamo anche prima con l’unica differenza che soltanto adesso ce ne accorgiamo, ne avvertiamo il senso dell’isolamento e dell’abbandono.
Così ti scrivo, caro amore del futuro, perché tu possa riempire cuori aridi e smarriti, colorare giorni grigi e anonimi che si susseguono senza sosta facendoci invecchiare precocemente da non avere il tempo di fermare l’attimo, quel carpe diem che è il senso della vita, recupero dei buoni sentimenti che germogliano in un unico grande abbraccio.
Sarai così, caro amore del futuro, il toccasana che spazza via tutte le impurità e le contaminazioni, che ci farà sentire più naturali e spontanei, più vicini di qualsiasi distanziamento e più lontani da ciò che adesso rasenta l’inutile, il vuoto sovrabbondante del rancore e della solitudine.
Amore mio del futuro, che tu possa esserci anche quando non ci sarò, disseminando le cose che ho trattenuto nel cuore, le parole che non ho detto o che non sono state comprese, le mani che ho tenuto in tasca senza che stringessero altre mani e accarezzassero volti che nel tempo sono divenuti sbiaditi e indistinguibili. Come un passero indifeso che finalmente riprende a volare senza più il timore di far sentire il suo canto forte e melodioso.
Sarai così, caro amore del futuro, anche se non potrò partecipare alla tua mensa per rifocillare questo lungo digiuno, perché sarà troppo tardi per me ma mai troppo presto per vederti trionfante sulle macerie e sulle miserie del mondo.
Bello e invincibile sarai, caro amore del futuro.
Figli di me
Si dice che i figli non sono di chi li fa ma di chi li accudisce. Ma se non sono nè dell’uno nè dell’altro saranno figli di me, embrioni che restano dentro senza svilupparsi mai. Non c’è mestiere più difficile di quello dei genitori e non c’è ricetta che tenga per essere esemplari e perfetti. Le combinazioni cromosomiche agiscono in uno spazio indefinito e incidono alla pari di innate saggezze e propensioni filiali per essere amati e ricordati per sempre.
Nel corso di una vita ciascuno di noi è chiamato a ricoprire in buona parte gli stessi ruoli mutuati dalle origini della Creazione: figli, amanti, genitori, nonni e, se si ha la fortuna di vivere a lungo, anche bisnonni. Ma l’essere figli è l’unico ruolo naturale e inevitabile, gli altri sono solo eventuali poiché dipendono dalle scelte di ogni individuo.
Si è quindi innanzitutto figli, fragili e indifesi in tenera età, forti o deboli quando si diventa adulti a seconda del tanto, poco o niente amore che si è ricevuto. Non si nasce imparati e tutto quello che diventiamo è sempre il frutto dell’esperienza e dell’insegnamento della vita. Così si può essere bravi o pessimi genitori, ottimi o improbabili amici, partner coesi o divisivi e via dicendo.
Ma alla base c’è sempre quella di essere figli in ogni stadio della vita fino alla fine dei propri giorni. E quando questi ruoli vanno in cortocircuito tra loro perché inadeguati, disarmonici, impreparati alle difficoltà di vario genere, allora si è figli di me che restano dentro e non vengono mai alla luce.
Figli di me, di ciò che poteva essere e non è stato, figli incompiuti, desiderati e irraggiungibili. Figli di una stessa madre e di uno stesso padre che non hai mai conosciuto, figli di nessuno se non di te.
Figli di un’illusione, di un percorso appena abbozzato, che vivono distanti da te e non ti accarezzano mai.
Figli di me, di una poesia scritta a quattro mani che nessuno leggerà, perché il vento della vita, quando soffia impetuoso, brucia le occasioni per incontrarsi, spiegarsi, capirsi e immedesimarsi l’uno nell’altro, qualunque sia il ruolo che si ricopre.
Figli di me che restano soli fino a ritornare nel nulla prenatale in un giorno qualunque senza che nessuno se ne accorga.
Una vita che non vale
Vivere sospesi tra un presente incerto e un futuro che non c’è, è una vita che non vale. Da oltre un anno a questa parte la pandemia del coronavirus oltre a mietere milioni di vittime ha prodotto tanti effetti collaterali tra i quali la privazione di un abbraccio, di un contatto fisico di qualunque tipo che ai tempi di una normalità, ora fortemente rimpianta, rappresentava l’anello di congiunzione più naturale e necessario delle relazioni umane.
Certo, si può vivere benissimo da soli surrogandosi delle emozioni visive e virtuali di un’immagine, di una fotografia o di un video messaggio ma è niente rispetto al calore che ti può dare una stretta di mano, o semplicemente una pacca sulla spalla tanto propizia e desiderata in determinati momenti della nostra vita.
E’ un dramma nel dramma di tante morti ingiuste colpite a caso come il tragico gioco della roulette russa in cui si spera di essere risparmiati fino alla prossima ... puntata. Morti che si dissolvono nel distanziamento come ombre umane avvolte nella nebbia prima di scomparire nel nulla senza nemmeno ricevere il conforto dell’ultima carezza.
Questa sospensione a tempo indeterminato della vitalità delle nostre azioni è una vita che non vale perché la provvisorietà genera incertezza, apnea del respiro intesa come impossibilità di ricevere aria in faccia, fresca e incontaminata, senza trincerarsi in maschere o mascherine con gli occhi spalancati ad indovinare l’espressività di uno sguardo che invece sembra perdersi nel vuoto.
Il dubbio di quando tutto questo finirà e si potrà ritornare a fare le cose di un tempo lacera quanto l’attesa di essere vaccinati e immunizzati per sempre. Ma anche qui non c’è certezza di niente poiché si ascoltano oracoli contrastanti per bocca degli stessi esperti del settore, virologi, infettivologi e quant’altro che invece di rassicurarci ci consegnano responsi non definitivi costellati di tanti “se”, “ma” o “forse”.
Resta una vita che non vale con cui dovremo imparare a convivere e ad accettare per quella che è, centellinando giorno dopo giorno, minuto dopo minuto, attimi di respiro in un tempo presente che può trasformarsi improvvisamente in un futuro che è già passato.
“Chi vuol esser lieto, sia di doman non c'è certezza...” (Lorenzo de’ Medici).
L’iniziazione
Ci sono cose che quando iniziano non finiscono mai e col passare del tempo peggiorano fino a divenire un fardello che ci portiamo dentro di noi fino alla fine dei nostri giorni. Sono il più delle volte comportamenti negativi, azioni novizie che diventano abitudini, vizi o inclinazioni da cui non riusciamo più a liberarcene.
Provare a capire l’origine di questa iniziazione è compito arduo che nemmeno gli psicologi, gli strizzacervelli o altri esperti del settore ci riescono. Questi esploratori dei meandri della mente umana riescono a mala pena ad imbandire una diagnosi che sia quanto meno plausibile. Rendere logico, lineare, costruttivo quello che sul piano comportamentale è illogico, disarticolato e distruttivo è come comporre un mosaico con l’ultima tessera che non si combacia con le altre, col risultato che tutto il disegno precostituito viene giù come un castello di sabbia.
A parte le iniziazioni più comuni, dalla prima rapina in banca fino a divenire la mente diabolica di un gruppo eversivo, dalla prostituzione indotta o voluta fino alla liberalizzazione sessuale che diventa devianza dall’amore e rispetto del proprio corpo, quello che preoccupa maggiormente sul piano dell’agire umano è la perdita di discernimento tra il bene e il male, tra le cose giuste e sbagliate.
Qui l’iniziazione è come una mano che s’insinua nella mente e nell’anima muovendo gli ingranaggi dei sentimenti nel senso opposto da quello voluto o desiderato. Se non si ha l’indugio, il ripensamento all’ultimo istante prima di precipitare nel baratro, le conseguenze sono per lo più irreparabili ed è un viaggio nel niente senza ritorno.
Quando ci s’imbatte in persone che hanno vissuto o vivono un’esperienza del genere, ogni tentativo di dissuaderle o imboccarle sulla retta via è un’impresa già votata al fallimento. Non c’è nulla da fare, sono persone perdute che non si ritrovano più e non c’è un filo d’amore che possono darti, non c’è commozione nei loro occhi che quando l’incroci è come trovarti davanti al diavolo.
Prevenire l’iniziazione, quel momento topico oltre il quale si apre il buio più cupo, si può e si deve per un mondo migliore fatto di vera e sana umanità.
L’iniziazione del bene che sconfigge il male è la vera scommessa da fare e da vincere se si vuole ambire ad una vita meno travagliata, involuta e imperfetta.
Cattivi pensieri
I pensieri sono come l’alcool, vanno alla testa, ubriacano e impediscono di essere lucidi. Accade soprattutto quando la mente li subisce in maniera incontrollata perdendo quella capacità di discernimento che è indispensabile per distinguere i buoni dai cattivi pensieri.
Stare in pensiero per qualcuno o per qualcosa che non si è fatto o si deve fare, può alimentare l’ansia di non farcela, di non essere all’altezza di quel compito che ci è stato affidato o di prefigurarci il peggio da certe aspettative. La negatività di questi pensieri, se non dominata da una giusta dose di ottimismo, finisce per prendere il sopravvento con il risultato di non vivere affatto.
Quanta vita che si perde per colpa dei cattivi pensieri. Quante occasioni di spensieratezza, di sana leggerezza e superficialità ci passano davanti come un treno che sfreccia via dileguandosi in fondo all’orizzonte.
“E il naufragar m’è dolce in questo mare”. Leopardi lo sapeva bene quando scrisse questi bellissimi versi a chiusura de “L’Infinito”, che le limitazioni del mondo sono nella testa degli uomini più che nella Natura di per sè infinita e senza preconcetti. Dovremmo prendere spunto da questo per spogliarci delle nostre trepidazioni, dei nostri indugi e autolimitazioni che non danno estro e sostanza al nostro essere.
Via allora i cattivi pensieri per vivere meglio scrollandosi di dosso giornate anonime che pesano come zavorre, di tempo sprecato per dedicarsi ad altro e non alle cose che contano veramente, come le migliori pratiche del benessere interiore.
Basta poco: abbracciarsi e stringersi di più per respirare i profumi della vita che ci fanno sentire meglio e più vicini alla nostra aspettativa di essere, se non felici, quanto meno sereni e più saggi.
L’anno che è già passato
Quest’anno maledetto è già passato poco dopo i festeggiamenti della notte del 31 dicembre 2019. Da allora è stato tutto un retrò, come se il tempo si fosse fermato in un punto indefinito dello spazio, un fermo immagine della nostra vita di sempre bloccata sullo schermo di un grande pannello bianco, di quelli che si vedono al cinema in attesa che la macchina da presa riprenda a funzionare.
Vite sospese, guardinghe, isolate in se stesse e in mezzo un lungo carro funebre sul quale sono salite tante persone care che purtroppo non ci sono più. Maledetto “venti-venti” contrassegnato dal Covid-19 che fra qualche giorno proveremo a buttare via come la cosa peggiore che ci è capitata anche se resterà per sempre nella nostra memoria.
“L’anno che sta arrivando tra un anno passerà. Io mi sto preparando. È questa la novità.” Il compianto Lucio Dalla concludeva così una delle sue canzoni più belle e rappresentative del disincanto, la novità di qualcosa di ripetitivo e come tale largamente pronosticabile.
Mi auguro tuttavia che il 2021 sia l’anno della controtendenza, della rinascita vera e propria e non la dimostrazione postuma di quello che è già stato. Sia davvero l’inizio di una nuova vita per tutti noi per ritornare a stringerci e ad abbracciarci, unica eccezione che forse saremmo disposti a ripescare dal passato.
Buon anno a tutti i lettori de “Le parole del mio tempo”, non prima di aver gettato l’ultimo sguardo sui post più letti di quest’anno tanto amaro e infausto.
FEBBRAIO,
post più letto: La
storia di Gertrude
MARZO, post più letto: Casa dolce casa
APRILE,
post più letto: La
vita che passa, la vita che cambia
MAGGIO, post più letto: Non mi piaci
GIUGNO, post più letto: Decameron
LUGLIO, post più letto: Ti conosco mascherina
AGOSTO, post più letto: Porci con le ali
SETTEMBRE, post più letto: Innamorarsi in un tempo sbagliato
OTTOBRE, post più letto: La Voce
NOVEMBRE, post più letto: L’amore sublime
DICEMBRE, post più letto: Le mie canzoni sono differenti
BUON 2021
(Adda passà ‘a nuttata)
Ad un passo dal nulla
Forse capiterà anche a me di ritrovarmi ad un passo dal nulla, col respiro che si diraderà come il risucchio delle onde del mare. Apnea momentanea o definitiva, sospensione della vita in attesa che tutto si compia in un verso o nell’altro. Sono momenti terribili che più o meno si rinvengono nelle testimonianze di chi si è imbattuto in questa pandemia maledetta che sta flagellando il mondo.
Sarà come il nulla prenatale, il silenzio che si fa rumore nel vuoto di una stanza di fortuna, inaccessibile ed impenetrabile. Saranno i pensieri a diffondersi nell’aria come uniche risonanze di vita, ricordi che si accavalleranno in una manciata di secondi interminabili, l’eternità aggrappata all’effimero o a qualcosa di provvisorio e barcollante.
Non ci sarà il tempo per fare quelle cose che hai rimandato un miliardo di volte, le parole che avresti voluto dire alle persone care e che invece hai trattenuto dentro di te per chissà quale maledetto indugio.
E non ci sarà il tempo per i sorrisi che hai nascosto dietro una maschera di ferro per non lasciarti andare, per mostrarti forte e deciso mentre avresti voluto aprirti alle tue debolezze, a quella spensieratezza che hai inseguito fin da bambino e che ti è sfuggita di mano come il filo di un aquilone.
E chissà se ci sarà il tempo per fermare il tempo, per ricordare l’ultimo sussulto di felicità, l’ultima passeggiata al mare, l’ultimo abbraccio da cui ti sei liberato troppo in fretta, l’ultimo bacio dal sapore acerbo e giovanile, lo sguardo tuffato nei colori di una bella giornata di sole che non rimpiangerai mai abbastanza.
Tutto in un attimo in attesa che si compia quello che è scritto nel fato, perché questa malattia infima colpisce a caso, come il gioco della roulette russa in cui non sai se toccherà a te quell’unico proiettile inserito nella rivoltella.
Ad un passo dal nulla prima di precipitare o di ritornare alla vita mentre i pensieri viaggiano all’impazzata perché giungano in tempo nel cuore di chi hai amato. Come un messaggio in bottiglia, il testamento di queste parole del mio tempo.
La polvere addosso
Con la commemorazione dei defunti i ricordi rinverdiscono, si fanno più nitidi e cristallini e rivivono dentro di noi come se tutto fosse appena passato. E quest’anno la celebrazione del 2 novembre, funestata da un dolore giovane e improvviso per le morti da coronavirus, sarà ancora più sentita.
I cimiteri saranno aperti ma bisognerà rispettare le norme sul distanziamento sociale evitando affollamenti e congestioni intorno alle tombe dei nostri cari. Tutto sarà più sobrio e non saranno allestite le solite bancarelle con dolci e pasticcini della tradizione, zucchero filato sulle facce di bambini giocosi e innocenti in quella che avrebbe dovuto essere nello stesso tempo una giornata commemorativa e di festa.
E invece sarà il silenzio a farla da padrona e le preghiere ai defunti saranno a loro volta rivolte a noi stessi affinché ne possiamo uscire tutti sani e salvi da questa guerra atipica contro un nemico abietto e invisibile. Forse mai come quest’anno il connubio tra il mondo dei vivi e quello dell’al di là sarà connotato da una sorta di mutuo soccorso, di stretta e reciproca vicinanza in un tempo dalle dimensioni indifferenti.
Il vento spazzerà via le foglie ingiallite dell’autunno ma sentiremo addosso la polvere dei ricordi come un profumo antico che annuseremo in tutta la sua dolcezza e soavità affinché tutto ci sia più lieve e giusto.
Pensieri di ottobre
Le stagioni del tempo sono le stagioni della vita, si riconoscono dagli odori che si sentono nell'aria regalando gioia, ansia, trepidazione o semplicemente l’ebbrezza di un paesaggio dai colori mutevoli: dalla neve che imbianca le cime dei monti e i tetti delle case, agli alberi spogli che si rinverdiscono al primo sole di primavera; dalle spiagge che si affollano di ombrelloni e di corpi abbronzati, alle foglie ingiallite nei boschi o sui marciapiedi di città che il vento spazza via in attesa di un altro Natale.
Le perturbazioni del tempo, così come le basse e le alte pressioni atmosferiche, sono le sentinelle dei nostri stati d’animo; sembrano avvertirci che dopo un dolore, un dispiacere, un momento no, c’è sempre una nuova gioia da assaporare perché niente inizia o finisce veramente. Basterebbe ascoltarle queste sentinelle, coglierle nell'attimo stesso in cui si presentano per capire che la vita va avanti spedita come un treno, con o senza gli stessi viaggiatori.
Ed è una vita che si rinnova degli antichi abiti che sanno ogni volta di nuovo ma di quel già visto che è sempre un bel vedere, proprio come le stagioni del tempo. Una congiunzione che dovrebbe essere ripristinata negli usi e nei costumi della società odierna che pare invece proiettata verso una virtualizzazione dei modi di vivere.
Spesso non vediamo quello che passa sotto i nostri occhi, preferiamo volgere lo sguardo altrove allontanandoci da ciò che ci unisce. La vita passa a ritmo delle stagioni e noi dovremmo cogliere queste trasformazioni purificandoci dalle scorie di ciò che finisce per essere pronti a ricominciare.
Basta farlo con il piglio giusto di un altro inverno, un’altra primavera, un’altra estate e un altro autunno.
E questi pensieri di ottobre che il vento sta portando via non sono altro che il preludio di un’altra bellissima stagione.
BRAVO RAGAZZO
Essere un bravo ragazzo costa fatica. Ci vuole dedizione, attenzione e deferenza verso gli altri, essere sempre all'altezza e non deludere mai. Insomma una faticaccia che toglie estro, fantasia, improvvisazione, spregiudicatezza.
Meglio, molto meglio essere un ragazzaccio o, come si dice dalle mie parti, uno scugnizzo che mastica di strada, di polvere in faccia da spazzare via con uno sputo verso il mondo che ti guarda come un Grande Fratello, a cui non appartieni e dal quale preferisci prendere le debite distanze.
Un cattivo ragazzo o un uomo cattivo, spregiudicato, contestatore e calpestatore affascina di più. Un manipolatore delle genti schiave della propria debolezza di non osare, l’eroe dei nostri tempi che sghignazza davanti ad una folla anonima che batte in ritirata trovando a quel punto terreno fertile per imporre la propria agibilità sociale.
Un cattivo ragazzo è l’esempio da seguire, il proibito che stuzzica gli appetiti come quando si ha una gran fame dopo un lungo digiuno fatto di rinunce, di diete ferree badando a non ingrassare nemmeno di un centimetro, compressi in un corpo privo di forme adescanti e provocanti.
E chissà che non siano proprio i bravi ragazzi ad essere cattivi e questi ultimi i più buoni e... accattivanti.
Chissà che non sia stato anch'io un cattivo ragazzo senza malizia e furbizia, senza avere cura di me stesso perché troppo occupato ad accontentare anziché ad accontentarmi, prendere per mano la mia anima e coccolarmi.
Il pensiero verso gli altri alla fine lacera e consuma. Sarò stato proprio un cattivo ragazzo se mi sono perso nella scrittura, nelle parole d’inchiostro che hanno decantato un mondo che non esiste, che mi hanno fatto agire, alfine, all’ombra dei poeti maledetti.
BlogRetro: LA VITA DI CARTA
Dalle parole nascono le storie e i personaggi più svariati, si moltiplicano le vicende in un intervallo di tempo che non è il tempo ma solo la percezione che ciascuno di noi ha dei brandelli di vita che spaziano in una cronologia asincrona e dissociativa del pensiero; libere ed anarchiche da chi le ha messe in scena che quando le rileggi non le riconosci più.
Le parole sono lo strumento più facile da usare per volare alto e distinguersi da tutti pur rimanendo uguali agli altri. Con le parole si fa l’amore o la guerra con se stessi, si è migliori o peggiori di quanto si voglia veramente. Sono l’abito perfetto o imperfetto che indossiamo quando ci relazioniamo con chi ci sta intorno; a volte ci va a pennello, altre ci va stretto ma ci manca il coraggio di togliercelo di dosso perché non troviamo nuove parole per cambiare il linguaggio dell’anima.
Scorrono le parole per scovare nuove vite disperse che la realtà sommerge e soppianta in luogo di scenari asettici e precostituiti. Si trasformano in emozioni che nessun altro può comprendere all'infuori di te perché per farlo c’è bisogno di sentirle ed interiorizzarle, come quando si guarda il mare in silenzio e dal silenzio gridare, muti, il proprio bisogno d’amore.
Per innamorarsi, stringersi ed abbracciarsi senza avere più paura.
Piangono le parole in un dolore che fa più male di quello fisico perché qualcuno non le ha volute ascoltare e sono volate via come fa un gabbiano quando abbandona il proprio nido o un’aquila che si rigenera senza essere più uguale a se stessa.
Finiscono le parole quando arrivi all'ultima pagina di un libro che non smetti mai di scrivere e che vorresti rifarlo daccapo per comprendere e comprenderti. E quando pensi di aver scritto l’ultima parola succede che ti domandi senza trovar risposta: che cosa resterà di te?
BlogRetro: GLI AMICI SILENTI
Sono i cani gli amici silenti, quelli che parlano con lo sguardo e dicono molto di più di ampollose parole, di frasi fatte e di circostanza cui siamo costretti ad ascoltare nel nostro mondo delle relazioni. In Natura tutto dovrebbe essere governato con equilibrio: i rapporti con l’ambiente, con gli animali e con gli uomini. Ma è un equilibrio precario, di vetro, pronto a frantumarsi non appena si registrano alterazioni più o meno significative in ciascuno di questi contesti.
Il disadattamento sociale non è cosa dei nostri giorni. C’è sempre stato fin dalla notte dei tempi ed è fortemente proporzionale alla qualità delle relazioni: quanto più queste sono reiettive delle differenze e dei diversi bisogni individuali, tanto più favoriscono l’isolamento e l’emarginazione.
Eppure un insegnamento che “latita” nei programmi didattici quanto meno “ufficiali” è proprio l’amore per gli animali, e in particolare per i cani. Tanto si perde in termini di educazione ai buoni sentimenti.
Niente di più terapeutico può essere la compagnia di un amico a quattro zampe, vale molto di più di una seduta dallo psicologo (peraltro anche “salata”) o di interminabili esercizi ginnici per rassodare il corpo e presentarsi agli altri più sani e più belli ma con tante imperfezioni interiori.
Molto di più di una combriccola di amici che tanto parla e nulla dice, molto di più che stare su Facebook o su qualsiasi altro social network con gli amici “umani” colpevolmente silenti quando scrivi per comunicare qualcosa: un’emozione, uno stato d’animo, una richiesta di aiuto.
Avrò
carezze per parlare con i cani.
E non soltanto di domenica, domani…
NON MI PIACI
