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Come
sapete, sono napoletano. Ricordo la mia esperienza ai tempi del colera,
un’epidemia che colpì Napoli alla fine dell’estate del 1973 e che fu causata da
un virus, il vibrione, rinvenuto in una partita di cozze proveniente dalla
Tunisia. Ero giovanissimo e trascorrevo con la mia famiglia le vacanze nel
salernitano. Anche allora ci fu il panico, la paura di un contagio che avrebbe
abbattuto intere popolazioni. Ricordo che tardammo il rientro a Napoli e ci
sottoponemmo tutti alla vaccinazione. Il bilancio fu di poche decine di morti e
tanti ricoverati ma soprattutto, allora, c’era già un vaccino che ci salvò.
Oggi
le cose sono molto diverse. Contro questo virus, Covid 19, subdolo e
sconosciuto, non è stato ancora scoperto l’antidoto. Ecco, quindi, che diventa
importante la prevenzione attraverso il c.d. distanziamento sociale, termine
che abbiamo imparato a conoscere in questi giorni e che significa mantenere le
giuste distanze gli uni dagli altri (almeno 1 metro), evitare qualsiasi
contatto fisico oltre che osservare le nome d’igiene come il lavarsi spesso le
mani, non portarle alla bocca, naso ed occhi e, soprattutto, restare a casa per
evitare la diffusione del contagio.
La
casa è diventata quindi il luogo più sicuro e bisogna spendere il tempo a
disposizione (per chi può) nel miglior modo possibile. Si potrebbero
rispolverare abitudini che forse, nella vita frenetica ante epidemia, abbiamo
dimenticato o coltivato con meno frequenza. Come leggere un libro, una fiaba ai
propri figlioli piccoli, giocare con loro o fare insieme i compiti che le
scuole, stante la chiusura obbligata, stanno assegnando attraverso i vari canali
telematici.
Avere
cura dei nostri cari più anziani, coccolarli, non importa se a volte a distanza
o con una video-chiamata. Informarsi o divagarsi guardando un bel film alla TV.
Riflettere e prepararsi al meglio quando tutto sarà finito e si potrà ritornare nelle piazze o in altri luoghi di
ritrovo per abbracciarsi di nuovo con più calore e affetto.
Restare
a casa, al di là della situazione drammatica in cui stiamo vivendo, è anche un
privilegio rispetto a tante persone costrette a lavorare, primi fra tutti, il
personale medico e paramedico che in questi giorni si sta prodigando con
eroismo e abnegazione per salvare tante vite umane.
Emblematica
è la foto del post che ritrae un’infermiera di Cremona accasciata sulla
scrivania, stremata e distrutta dalla lotta quotidiana contro questo maledetto
virus. Forse il simbolo di questa tragedia che racchiude in sé l’eroismo e
l’alto senso di altruismo ma anche un monito per riscoprire i valori della
vita, il senso di responsabilità che tutti noi dobbiamo rafforzare con i nostri
comportamenti ed essere migliori.
Casa
dolce casa, quindi. In attesa che le porte possano di nuovo riaprirsi e
sorridere al mondo.
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