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Donne
al volante, pericolo costante. Non c’è proverbio più vero di questo. Prima le
vedevi rimirarsi allo specchietto retrovisore per controllare quanto fossero
belle e attraenti, ora te le ritrovi con il cellulare incollato all'orecchio con
l’aria sempre indaffarata. Certo, accade anche a noi maschietti, ma loro sono
maestre a fare cento cose nello stesso tempo che non si rendono conto che ogni
minima distrazione può essere fatale.
Qualche
giorno fa, imboccando via dei Platani, mi sono imbattuto in una smart con una
bionda alla guida che chattava al telefonino mentre si dava contemporaneamente
una controllatina al rossetto. È stato per poco che non mi tagliasse la strada
e mi facesse impattare contro una fila di macchine posteggiate. “Cretina!”, le
ho gridato dal finestrino, “Guarda la strada invece di specchiarti come una
reginetta e stare attaccata a quel coso.”
Sapete
come mi ha risposto? Ha continuato imperterrita a parlare con quell'aggeggio
mentre dallo specchietto mi ha fatto il gesto delle corna.
Inaudito!
E
che dire degli automobilisti della domenica? Io che faccio il rappresentante e
la strada è la mia casa, li riconosco come le mie tasche. Tutti perfettini, pensano
che la carreggiata sia una passerella per dare sfoggio alle loro auto lucide e
brillanti dopo averle tenute una settimana in garage per andare al lavoro in
bus o in treno. Con il naso quasi schiacciato sul volante, si guardano a destra
e a sinistra come se temessero sbucare da qualche parte chissà quale minaccia.
Sono lenti come lumache e si muovono in blocco formando lunghe code ai
semafori.
Ad
un tizio che non sapeva se girare a destra o a sinistra e metteva la freccia ora
nell’uno, ora nell’altro verso, gli ho gridato con il mio accento romanesco:
“Ahoo! Stamattina c’hai le vertigini? Perché non sei rimasto a casa a nanna?”
Sapete
come mi ha risposto? Mi ha fatto il gesto del dito verso l’alto. Stavo per
cantargliene quattro ma c’era la partita della Roma e non volevo arrivare tardi
allo stadio.
Inaudito!
A me
non capita. Sono cose dell’altro mondo e non le capisco. Riesco a districarmi
bene in questa giungla d’asfalto popolata da pivelli e da principianti. Sono
attento a tutto, ho occhi dappertutto, ne avrò un paio persino dietro la testa per
guardare quello che succede alle mie spalle, così che mi sento sicuro di
schivare qualsiasi pericolo, reale o potenziale.
A me
non capita perché sono quello che si dice di una persona assennata e scrupolosa
che si trova a suo agio sia nel traffico di Roma che, mettiamo, in quello di
Tokyo, tanto sono bravo a scansarmi da ogni genere di insidia e ad arrivare
dappertutto senza intoppi.
A me
non capita perché viaggio sereno e qualche volta riesco persino a fischiettare
tanto sono tranquillo di me. Non temo nessuno, nemmeno la volante
della polizia che adesso m’invita ad accostarmi per i controlli di rito.
“Patente
e libretto, prego.” È un omaccione col pancione che mi ricorda il sergente
Garcia, acerrimo nemico di Zorro della popolare serie televisiva. Mi trattengo dal
ridere ma obbedisco come il più ligio degli automobilisti. Con il suo collega
mingherlino comincia a ispezionare la mia macchina a partire dalle ruote che ho
sostituito proprio l’altro giorno e perciò sono nuove di zecca.
Batto
le dita sul volante e aspetto che i controlli vadano, come sono sicuro, a buon fine. Intanto, per far passare il tempo, canticchio “Guido piano”, la canzone di Fabio Concato:
“Viene
voglia di cantare
Questa
sera
te
lo voglio raccontare
Son
sereno
come
se fosse Natale…”
Vengo
interrotto da “Garcia” che ritorna da me e con una mano appoggiata al
finestrino mi mostra un sorriso che scambio come un segno di approvazione.
“Visto, agente? Ho cura della mia macchina come se fosse una bella donna. Tutto
a posto, vero?”
Sapete
cosa mi ha risposto? “Tutto a posto un corno. Ha la patente scaduta da tre
mesi, non se n’è accorto?”
Sono
diventato più bianco della neve del Monte Rosa. Ho cominciato a balbettare
qualcosa, gli ho detto che forse si stava sbagliando e cose del genere.
“Nessun
errore. Una bella multa non gliela toglie nessuno.” Poi, con la mia patente in
mano, ha sentenziato: “Questa intanto la tengo io. Parcheggi qui che le faccio
il verbale. Per tornare a casa prenda
l’autobus, la fermata è proprio lì di fronte.”
Sono
rimasto di sasso e ho solo esclamato:
“Inaudito!”
A ME NON CAPITA
Racconto breve
di
Vittoriano
Borrelli
(Ogni riferimento
alla realtà è puramente casuale)
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