ULTIMO POST
- Ottieni link
- X
- Altre app
Il
dolore chiama il dolore che quasi non lo senti più. Ci si abitua alla
sofferenza e ai dispiaceri molto più in fretta dei momenti di sparuta felicità
o serenità. Ci sono stigmate che ti porti dentro che non puoi cancellare, nemmeno
a volerlo. Il dolore da dentro si somatizza in ogni strato della pelle
divenendo una sola cosa con una fisicità che si fa prematuramente decadente.
Non
c’è miglior terapia del dolore che il dolore stesso, come un’arancia che si
spreme per far uscire ogni goccia dalla sua buccia fino a farla divenire
sottile da sembrare invisibile. Se pensiamo a certe pratiche terapeutiche di
origine orientale come l’agopuntura, si prova a debellare il dolore con
un’azione dello stesso segno: l’iniezione di aghi in determinati punti del
corpo per procurare il benessere fisico e spirituale.
Il
dolore appartiene soltanto a chi ce l’ha, inutile girarci intorno. È inviso,
reietto, qualcosa che porta sfortuna, da
tenere a debita distanza. Per non esserne attratti o influenzati, ci si ripara dal
dolore come si fa quando s’indossa una mascherina per tenersi immuni dai suoi
germi.
Il
dolore è isolamento, voluto o forzato da qualcosa che non ti appartiene, a cui
tu stesso non appartieni più.
Il
dolore è il giorno che si fa sera in un attimo. È un cielo buio senza stelle in
cui ci s’infila nell'infinita oscurità che avanza verso la notte.
Il
dolore è l’insonnia che non ti fa dormire, il silenzio che è un rumore sordo
che senti soltanto tu. Malefica compagnia che ti sta accanto e non vuole
abbandonarti. Lo senti in ogni parte del corpo, lo accarezzi e ti accarezza
fino alle prime luci dell’alba.
E
allora speri che finalmente sopraggiunga Morfeo a chiuderti gli occhi per non
sentirlo più.
Fino
al prossimo risveglio, alla prossima carezza.
Commenti
Posta un commento
Posta il tuo commento. Sarò lieto di conoscere la tua opinione.