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E’
stato uno dei primi romanzi che ho letto nella mia tarda adolescenza. Di
matrice storica con ampie venature di giallo, l’opera si colloca fra le prime
cento più vendute in tutto il mondo (oltre cinquanta milioni), ed è
tutt'oggi considerata uno dei fiori all'occhiello della letteratura italiana.
In
genere i romanzi storici piacciono a chi ne è appassionato, ovvero raccolgono
l’interesse di una determinata fascia di lettori. Non è stato così per “Il
nome della rosa” che ha avuto l’astuzia di coniugare la prosa impegnata
della tematica storica con la narrazione tipica del racconto “noir”
, riuscendo così ad allargare la platea dei lettori, molto più variegata e popolare,
fino a divenire un’opera facilmente ricettiva e alla portata di tutti.
Il
tema del romanzo è incentrato sulla forza (distruttiva) del sapere che
all'epoca in cui si svolge la storia (siamo nel 1327) era un privilegio
appannaggio di pochi, uno strumento attraverso il quale si tendeva a dominare e
a condizionare l’imperante ignoranza che regnava su gran parte dei consociati di quel periodo. Infatti, i misteriosi delitti che si succedono in una sperduta
abbazia dell’Italia settentrionale porteranno alla soluzione del giallo
grazie proprio ad un manoscritto detenuto nella biblioteca del convento,
la cui conoscenza doveva essere inibita a chi improvvidamente ne veniva in
possesso.
Siamo
di fronte a dei tabù culturali che all'epoca del romanzo costituivano
una regola difficile da scardinare, perché preordinata alla difesa e
conservazione di una corrente di pensiero (nel caso di specie la cristianità
sobria e rigida) in nome della quale le diverse inclinazioni culturali (come il
manoscritto “galeotto” della Poetica di Aristotele sulla commedia e il sorriso) rappresentavano una seria minaccia all'ordine
precostituito.
Il
nome della rosa è divenuto anche un film di successo uscito nel 1986
e interpretato dal grande attore scozzese Sean Connery, nei panni
del frate protagonista Guglielmo de Baskerville. Il film ottenne diversi
premi e riconoscimenti, tra cui quattro David di Donatello (1987), tre nastri
d’argento e due British Academy Film Awards.
Il
titolo, menzionato in chiusura del libro con le parole "Stat rosa pristina nomine, nomina
nuda tenemus" vuole indicare la relatività delle cose e
degli eventi, che accadono senza lasciare altro che un nome, un ricordo: “la
rosa, che era, ora esiste solo nel nome, noi possediamo soltanto nudi nomi …”.
LA
TRAMA: Guglielmo da Baskerville, è un frate francescano inglese che
viene inviato in un monastero benedettino dell’Italia settentrionale con
l’incarico di partecipare ad un congresso tra i francescani, sostenitori
delle tesi pauperistiche sulla povertà e carestia, e i delegati della curia
papale. Lo accompagna il frate novello Adso da Melk, con il quale
condurrà le indagini su una serie di misteriosi delitti che accadono nell'abbazia.
Sarà la biblioteca, luogo antro e oscuro, che consegnerà ai due protagonisti la
soluzione del giallo …
L’AUTORE:
Nato ad Alessandria nel 1932, Umberto Eco è un famoso semiologo,
filosofo e scrittore. Tra le sue opere di maggior successo, oltre al romanzo in
commento, spiccano Il pendolo di Foucault (1988), e Il cimitero di
Praga (2010). Fra i saggi “Leggere i Promessi sposi” (1989), “I
limiti dell’interpretazione” (1990) e il recente “Storia delle terre e
dei luoghi leggendari” (2013). Autore raffinato e dotato di un’intelligenza
fuori dal comune, Eco si è aggiudicato numerosi premi letterari collezionando
ben 39 lauree honoris causa.
UN
PASSO DEL ROMANZO: Il sapere non è come la moneta, che rimane fissamente
integra anche attraverso i più infami baratti: esso è piuttosto come un abito
bellissimo, che si consuma attraverso l'uso e l'ostentazione. Non è così
infatti il libro stesso, le cui pagine si sbriciolano, gli inchiostri e gli ori
si fanno opachi, se troppe mani lo toccano?
GIUDIZIO:
Le tematiche del romanzo sul pensiero politico-religioso del cristianesimo,
della sottocultura e del pregiudizio di comodo dei centri di potere del tardo
medioevo, sono raccontate magistralmente in chiave romanzesca e giallistica,
appassionando il lettore nella ricerca dei significati più puri ed emozionali della
narrazione. I personaggi sono descritti in assoluta aderenza al periodo storico
in cui sono vissuti, muovendosi in un contesto temporale ben rappresentato
grazie alla genialità e all'acume stilistico di Eco. Da leggere e rileggere in
ogni tempo.
Commenti
Ti consiglio "Zadig" di Voltaire, scritto circa 200 anni prima e...poi rileggiti "Il nome della Rosa"...sarà anche un fiore all'occhiello della nostra povera letteratura recente ma vedrai che quello che scrive Eco non è tutta farina del suo sacco.
RispondiEliminaCiao Gian Giacomo. Grazie per il commento. Leggerò volentieri "Zadig". Quanto a Eco, la tua è una chiave di lettura che rispetto. Un caro saluto.
EliminaCiao, Vittoriano!
RispondiEliminaHo letto con piacere la tua recensione sul romanzo di Eco, condividendone
l'assunto e l'ammirazione che ne traspare.
Questo è il mio intervento sul gruppo FB "Sto leggendo questo libro..." in risposta a un lettore che chiedeva consigli e giudizi su "Il nome della rosa"
"E' sicuramente un bel romanzo: avvincente nella trama;accurato nella rappresentazione dei personaggi e nella descrizione degli ambienti. Considerarlo pero' un semplice giallo sarebbe riduttivo. C'e' di tutto la' dentro: storia, filosofia, storia dell'arte, letteratura. Inoltre Eco avanza un'ipotesi suggestiva e verosimile sul motivo per cui sarebbe andata perduta quella parte della "Poetica" di Aristotele che tratta della commedia... E' uno di quei romanzi cosi' complessi e densi da rendere impossibile una trasposizione cinematografica plausibile e fedele.
Per molti ma non per tutti!" ;)
Vorrei inserire la tua bella recensione in una discussione ("Librarsi")
che ho aperto nel forum de "LaScuola che Funziona", un social network di insegnanti, naturalmente citando l'autore. Posso???
Grazie Antonella per l'attenzione e per il bel commento. D'accordo nell'inserire la recensione nel forum succitato. Un caro saluto.
EliminaAggiungerei qualcosa che la recensione ha scelto di non sottolineare: "Il nome della rosa", prima ancora che un romanzo storico o un noir, è un tentativo di mostrare cosa sia il "postmoderno" -categoria non a caso protagonista delle postille al romanzo. Nell'opera, la biblioteca del monastero corrisponde al mondo e il mondo -la "realtà"- si rivela essere nient'altro che una concatenazione di libri. I segni che sembravano essere stati posti coerentemente da un Artefice dei delitti si rivelano essere puro caso, a cui -però- la mente umana ha saputo dare un significato unitario. "Io ho sempre pensato che i libri parlassero di altre cose ad essi esterne, invece i libri si parlano fra loro". Una considerazione simile a questa è quella che Adso (il novizio narratore) fa durante le indagini: personalmente, la porrei come cifra di tutto il romanzo. "Il nome della rosa" è l'epopea dell'uomo che non può più credere nella "verità" posta nelle parole e che, purtuttavia, usa le parole per crearsi un mondo leggibile e ordinato -in questo senso "nomina nuda tenemus". Il delitto, nella vicenda, nasce proprio a causa dello smarrimento in cui getta la scoperta del vuoto nascosto dietro le parole e la forza paradossale di questo vuoto. Il Medioevo del romanzo traveste così il Novecento.
RispondiEliminaGrazie Erica per il commento su un aspetto del romanzo che condivido.
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