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Questa bellissima poesia di Primo Levi, tratta dall'omonimo romanzo
pubblicato per la prima volta nel 1947,
racchiude in sé l’essenza dell’opera, un mosaico di sensazioni e di stati
d’animo che accompagnano
l’esperienza vissuta dall'autore nel
campo di concentramento di Auschwitz.
E’ un manifesto-denuncia di come la
cattiveria, la crudeltà e la sopraffazione possano trasformare un uomo in una cosa,
nullità del proprio essere che indigna e che fa vergognare.
La sopravvivenza del ricordo, messaggio
sublime e catartico di questi meravigliosi versi, è un monito perenne per
allertare le coscienze affinché non si dimentichi ciò che è stato raccontato, ciò
che è stato vissuto in prima persona e trasferito ai posteri come eredità
storica e contemplativa.
Come si sa, il 27 gennaio è la data in
cui si celebra la Giornata della Memoria istituita oltre un
decennio fa con la legge 20 luglio 2000 n. 211 per “ricordare
la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la
persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la
deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e
schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio
della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.”
Al di là delle celebrazioni che sono sempre
ben gradite e apprezzate, credo che il ricordo di questi scempi debba essere
non solo istituzionalizzato ma anche e soprattutto interiorizzato
nelle nostre coscienze affinché vi siano infiniti giorni della
memoria a cominciare dal nostro agire quotidiano per finire alle
decisioni dei potenti, molto spesso “smemorati” e pronti a
scalciare … la polvere del ricordo.
“ I vostri nati torcano il viso da
voi …”
SE QUESTO E' UN UOMO
(PRIMO LEVI)
“Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un
no.
Considerate se questa è una
donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il
grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso
da voi.”
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Commenti
Grazie Carlotta per il tuo commento. Un caro saluto.
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