SANREMO 2014: LE MIE PAGELLE

Il festival di Sanremo 2014 sarà ricordato come uno dei più asettici dei nostri tempi, povero di idee e di contenuti, in preda ad una crisi economica che con le sue metastasi è giunta ad imbavagliare il genio e la creatività della musica.

Il calo degli ascolti rispetto alla passata edizione (in media -10 punti, tra share e telespettatori), solo in parte giustificato dalla concorrenza delle partite di calcio, è una riprova di quanto sia difficile ripetersi.

La formula delle due canzoni in gara per ciascun artista, tanto apprezzata nel primo Sanremo del duo Fazio - Littizzetto, si è rivelata molto discutibile mietendo, in qualche caso, brani che a detta degli stessi interpreti, meritavano un giudizio migliore. Forse sarebbe stato meglio affidare proprio ai cantanti la scelta di puntare tutto, fin dall'inizio, sul pezzo più forte.

Scenografia quasi “cimiteriale”, con gli orchestrali collocati in reparti simili a dei “loculi”, la manifestazione è andata avanti più per la bravura degli ospiti nostrani (fra tutti Renzo Arbore e Ligabue), che per la qualità delle proposte musicali e dei cantanti in gara.

Il tema della bellezza, filo conduttore della kermesse, ben lungi dal decantare sublimi fini, ha finito col mettere in evidenza proprio il suo rovescio, ovvero la bruttezza dei nostri tempi fatta delle solite “risatine” per la politica che non va, di qualche parolaccia buttata qua e là per stare al passo con il linguaggio “moderno”, e dell’ennesima manifestazione di protesta, più o meno artefatta, per denunciare le ben note grane sociali.

Quella che doveva essere una grande occasione per valorizzare la musica italiana, si è rivelata poco più di una passerella estemporanea di ludico intrattenimento, in cui i cantanti in gara (molti dei quali “big” per caso) hanno semplicemente recitato ( e neppure bene) il ruolo di “comprimari”.

Ma ecco le mie pagelle.

Arisa: Controvento. Scritto dall'ex fidanzato Giuseppe Anastasi, che aveva già fatto centro nel 2009 con “Sincerità”, il brano vincitore di questa edizione segna la metamorfosi della cantante lucana: da “occhialuta” e stravagante a tranquilla ragazza “rusticana”. La canzone è tipicamente “festivaliera” e fa breccia nel cuore di un pubblico prevalentemente popolare. Voto 7,5.

Frankie Hi-Nrg: Pedala. Ballata rap rivolta a un pubblico giovanile ma lui … non ha più l’età per fare certe cose. Frankie, comunque, è una garanzia per tutti coloro che sono costretti a pedalare davvero. Se ce l’ha fatta lui …Voto 4.

Raphael Gualazzi con Bloody Beetroots : Liberi o no. Nonostante l’inquietante presenza del suo accompagnatore, travestito da“rapinatore” di banca, Raphael, che è l’ultima “scoperta” di Caterina Caselli, non si smentisce nel suo genere e sfoggia un brano che fa subito presa per ritmo e orecchiabilità. Voto 7.

Antonella Ruggiero: Da lontano. L’ex vocalist dei Matia Bazar, pur non ripetendo le gesta di “Vacanze romane”,  si esibisce con un brano che esalta le sue (eccellenti) qualità vocali. Gradevole. 
Voto 7.

Cristiano De André: Il cielo e’ vuoto. Uno dei (pochi) testi più belli (“il cielo è vuoto perché la nostra immaginazione ha bisogno di spazio”), come “Invisibili”, l’altra canzone frettolosamente eliminata. Ma Sanremo, tranne rare eccezioni (vedi Vecchioni), non è mai stata indulgente con i cantautori. Voto 8,5.

Giusy Ferreri:  Ti porto a cena con me. Brano dalle tranquille atmosfere, forse fin troppe. Voto 6,5.

Perturbazione:  L’Unica. Il gruppo piemontese, a dispetto del nome, si presenta con un brano dalla struttura molto ordinata e lineare che rispolvera, in chiave moderna, la disco-music degli anni “70. Voto 7.

Noemi: Bagnati dal sole. La “rossa” siciliana sfoggia un look da “Piccadily Circus”, forse influenzata dal suo trasferimento a Londra dove ha realizzato il nuovo album, dal titolo, appunto, “Made in London”. La canzone è orecchiabile ma con un refrain che ricorda, nella sua ritualità, “Sono solo parole”, l’altro suo successo di due festival fa. Voto 6.

Giuliano Palma: Così lontano. Lo è stato anche per me. Direi lontanissimo. Canzone banale che è il miscuglio di tante altre già sentite. Voto 4.

Francesco Renga: Vivendo adessoIl brano, firmato da Elisa, è gradevole e orecchiabile. Venderà di più rispetto alla vincitrice Arisa. Voto 8.

Ron: Sing in the rain . Non ripete i fasti dei suoi maggiori successi, fra tutti “Vorrei incontrarti fra cent’anni”, vincitrice del festival del 1996. Voto 6.

Renzo Rubino: Ora. Brano dalla struttura non facile per le oscillanti sonorità, ma ben ritmato. Personalmente preferivo l’altra canzone (“Per sempre e poi basta”), poco “sanremese” ma più intensa. Voto 7.

Francesco Sarcina: Nel tuo sorriso. L’ex delle Vibrazioni  non convince. Meglio ritornare al passato e riascoltare la più collaudata “Vieni da me”. Voto 5.

Riccardo Sinigallia: Prima di andare via. Alla fine se n’è andato sul serio, prima della finale, per essersi già esibito al (famosissimo) festival di Cremona. Al di là dell’espulsione, il brano è una camomilla per chi ha problemi di insonnia. Voto 4,5.

… MA I SOGNI NON FINISCONO MAI!

Ha pubblicato quasi di getto “I rotoli dell’immortalità” e “Dove tutti i sogni finiscono”, racconti a metà tra il thriller e la narrativa/fantasy.

Pierluigi Di Cosimo, scrittore romano, si racconta in questa intervista senza nulla nascondere della sua grande passione per la scrittura e per la letteratura in genere.

Ho conosciuto Pierluigi in una delle mie "navigazioni" da internauta; mi ha colpito la sua genuinità nell'approcciarsi a questa passione con semplicità e nello stesso tempo impegno, dedizione e voglia di raccontare per raccontarsi, di emozionare per emozionarsi.

I suoi libri si leggono tutti d’un fiato, attirano l’attenzione del lettore coinvolgendolo nel viaggio, nell'avventura, nel sogno.

Come si evince dalla sua giovane biografia, è proprio il sogno l’elemento portante e trainante delle sue aspirazioni, quasi il viatico necessario per la propria crescita individuale.

E i sogni, come lui stesso dichiara, sono così importanti che … non finiscono mai!


IO:I rotoli dell’immortalità”, il tuo romanzo d’esordio, racconta le vicende di un personaggio misterioso, “Mister X”, apparentemente spietato e determinato, ma in realtà molto vulnerabile negli affetti. Non si è mai troppo cattivi o troppo buoni?

PIERLUIGI DI COSIMO: Durante il suo percorso nella storia, il protagonista assume identità diverse, Mr. X o Roberto, e passa da freddo e spietato killer a uomo fragile e innamorato. Quest’uomo, a cui sono stati portati via l’infanzia e l’amore, costretto a svolgere con estrema freddezza un lavoro che non perdona, matura nel corso della narrazione e riuscirà a ricomporre i pezzi della sua vita grazie ad una donna, anche se a un prezzo troppo elevato. Mister X rappresenta, in maniera esasperata, il buono e il cattivo presente in ognuno di noi, perché l’uno non può prescindere dall'altro anche nella vita di tutti i giorni.

IO: In ogni pagina del libro “aleggia” un marcato spirito di avventura, la voglia di superare qualsiasi ostacolo che si frappone davanti al proprio cammino. Quale messaggio hai voluto dare?

PIERLUIGI DI COSIMO: Nel libro ho voluto semplicemente risvegliare la scintilla dell’eroe avventuroso che, diciamoci la verità, sprizza in ognuno di noi. Quanti di noi potranno, infatti, rinnegare la passione, a volte dichiarata, a volte nascosta, in alcuni forte, in altri debole, per il brivido che l’avventura – desiderata, bramata, sognata e, ahimè, raramente vissuta - suscita, perché sopraffatti dalla routine e dalla quotidianità che spengono la voglia di vivere le vicende avventurose che sognavamo da bambini.

IO: Il mistero, altro tema del romanzo, è qualcosa che sembra rivelarsi soltanto nell'immaginazione. Credi che nella realtà ci siano fatti inspiegabili o c’è sempre una logica per tutto?

PIERLUIGI DI COSIMO: Ciò che rende il mio racconto unico rispetto ad altri è che, leggendolo tutto d'un fiato, il lettore riesce a immedesimarsi nella storia e vivere le scene adrenaliniche e pulp di un film d'azione, in cui può cogliere riferimenti e camei cinematografici, che non sono stati messi lì a caso. Penso, infatti, che niente accada per caso, nei libri così come nella vita di tutti noi, e pertanto tutto abbia un significato o, se preferisci, una logica che prima o poi scopriremo.

IO: In “Dove tutti i sogni finiscono”, il tuo secondo romanzo, la forza dell’amore vince sulla morte, ma tutto è narrato con il simbolismo dei luoghi e, per alcuni tratti, dei personaggi. Perché questa scelta?

PIERLUIGI DI COSIMO: Ti ringrazio della domanda, in effetti, il simbolismo di cui parli è nato insieme ai personaggi e ai luoghi descritti. La realtà della quotidianità, cioè della metropolitana o del lavoro nel negozio di dolci, solo per citarne alcuni, si mescola con l’idea che alcuni di noi hanno dell’aldilà e dei personaggi che potrebbero popolarlo.

IO: Quanto di autobiografico c’è nei tuoi racconti?

PIERLUIGI DI COSIMO: La parte autobiografica è solo lo spunto per entrambi i racconti.  Infatti, avevo iniziato a scrivere I rotoli dell’immortalità per ricordare un fatto personale che mi aveva colpito e turbato, ma che poi nelle varie revisioni è stato solo accennato, mentre l’ispirazione per Dove tutti i sogni finiscono mi è venuta dai miei quotidiani viaggi in metropolitana. Il resto delle storie è proseguito spontaneamente mentre scrivevo.

IO: Dove finiscono i tuoi sogni?

PIERLUIGI DI COSIMO: In realtà, spero che i miei sogni non finiscano e cioè spero di poter continuare a scrivere e mettere su carta le storie che nascono nella mia mente e di essere apprezzato dal pubblico.

IO: Il genere thriller si sta particolarmente espandendo nel panorama letterario. Perché, secondo te, incuriosisce così tanto i lettori?

PIERLUIGI DI COSIMO: Credo che il thriller, a differenza dei romanzi d’amore in cui il lettore si identifica con i personaggi, susciti un così grande interesse perché lo tiene letteralmente attaccato al racconto grazie a elementi quali, la suspense, l’intrigo fitto e serrato, suscitando in lui la curiosità e il desiderio di scoprire cosa nasconde la narrazione, dandogli la possibilità di vivere il proibito, cioè quello che nella realtà spera di non incontrare mai.

IO: Quanto è importante per te scrivere?

PIERLUIGI DI COSIMO: Veramente, scrivo da quando ero bambino. Mi è sempre piaciuto inventare storie in cui la fantasia, l'avventura, la suspense riempissero il mondo in cui giocavo. Pensa che prima della nascita di mio fratello, giocavo con un amico immaginario, PIC. Inoltre, forse non lo dovrei dire, a scuola gli unici temi di italiano in cui prendevo bei voti erano quelli a titolo libero, dove potevo scatenare la mia fantasia e scrivere pagine e pagine, non mi sarei mai fermato.

IO: Quali scrittori ti piacciono?

PIERLUIGI DI COSIMO: Leggo di tutto, tutti i generi o scrittori, la mia biblioteca conta circa un centinaio di libri che vanno da "American Psycho" a "Shopie Kinsella", passando per "Conn Iggulden", "Gary Jennings", "Stephen King", etc... Non mi faccio condizionare dal genere, se un libro mi piace, mi piace e basta. So che sei curioso di sapere come scelgo i libri, in realtà sono i libri che mi "chiamano", mentre passeggio in libreria. Chiamalo istinto, chiamalo come preferisci, semplicemente mentre passo tra gli scaffali, sento i libri che "richiedono" la mia attenzione, allora li prendo, osservo la cover e leggendo solo la breve trama capisco se è un bel libro. Fino ad ora non ho mai sbagliato nella scelta.

IO: So che hai la passione per la cucina. E’ un’arte che richiede creatività e improvvisazione, proprio come la scrittura. Quali sono, secondo te, gli ingredienti di successo per entrambe ?

PIERLUIGI DI COSIMO: Gli ingredienti principali per fare bene qualsiasi cosa sono innanzitutto la passione e la dedizione, poi per quanto riguarda la cucina e la scrittura ci vogliono una buona dose di allegria, di creatività e voglia di cimentarsi sempre in cose nuove.

IO: Cosa stai preparando per il futuro?

PIERLUIGI DI COSIMO: Ho iniziato a scrivere la mia terza opera, “I racconti del calamaio”. Un fantasy che inizia nell'Irlanda di tanti anni fa, in un’epoca di maghi, lupi mannari e antichi guerrieri, per finire nella Londra di fine ’800, quando Jack lo squartatore si divertiva con le sue vittime, il tutto legato da un libro e il suo calamaio. Ho messo giù la traccia per il quarto libro, “I maledetti casi irrisolti di Ely”, da cui potrebbe nascere una serie, la cui protagonista è una giornalista dai capelli rosso fuoco, collezionista di monili antichi e appassionata di casi irrisolti. Infine ho messo giù anche un racconto horror breve, una di quelle storie che i campeggiatori si raccontano intorno al fuoco prima di andare a dormire, sperando che non accadano mai.

IO: Dove si possono trovare le tue opere?

PIERLUIGI DI COSIMO: Tutte le informazioni che mi riguardano, trame, libri usciti, in scrittura, dove acquistarli, news, eventi, etc.. si possono trovare sul mio sito internet:
o sulla mia pagina Facebook
Attualmente i libri sono in vendita sulla piattaforme Amazon, sia e-book che cartaceo, Kobo, Google Play Libri, ma non è detto che in futuro non arrivino anche nelle librerie tradizionali, quindi “stay tuned….”.

IO: Grazie per l’intervista. E tanti in bocca al lupo.

PIERLUIGI DI COSIMO: Grazie a te per la disponibilità. Crepi il lupo, non me ne vogliano gli animalisti.


PERCHE’ SANREMO E’ SANREMO

La 64.ma edizione del festival di Sanremo sta per aprire i battenti promettendo, come ogni anno, ascolti da record, lustrini o paillettes a volontà e grandi scenografie pronti ad abbagliare milioni di telespettatori, fedeli e non.

Formula vincente non si cambia.  Con la conferma del duo Fazio – Littizzetto, anche il meccanismo della doppia canzone in gara introdotto ex-novo nella passata edizione, viene riproposto in quella odierna a mo’ di compromesso tra l’atavica riluttanza degli artisti ad accettare il verdetto, sempre temuto, dell’eliminazione, e la necessità di assicurare verve e suspense alla competizione canora pur sacrificando, in questo caso, una delle due canzoni anziché l’interprete.

Non è che questo meccanismo, tanto decantato da Fazio come fiore all'occhiello del “suo” festival, abbia attirato tanti big della canzone. Leggendo il cast di questa edizione si direbbe proprio il contrario, a parte qualche eccezione come Ron, Francesco Renga e Antonella Ruggiero.

Ma c’è da scommettere che anche questo festival riuscirà ad incollare davanti al televisore milioni di spettatori che nell'era della recessione economica, faranno volentieri a meno di una pizza o di una cena al ristorante per gustarsi comodamente da casa (e col portafoglio intatto) lo spettacolo più atteso dell’anno.

Perché Sanremo è Sanremo

Ecco gli artisti e le canzoni in gara:

Arisa – Lentamente e Controvento
Cristiano De André – Invisibili e Il cielo e’ vuoto 
Giusy Ferreri – L’amore possiede il bene e Ti porto a cena con me
Frankie Hi-Nrg – Pedala e Un uomo è vivo
Raphael Gualazzi con Bloody Beetroots – Liberi o no  e Tanto ci sei 
Noemi – Bagnati dal sole e Un uomo è un albero
Giuliano Palma – Così lontano e Un bacio crudele
Perturbazione – L’Unica  e L’Italia vista dal bar 
Francesco Renga – A un isolato da te e Vivendo adesso
Ron – Un abbraccio unico e Sing in the rain
Renzo Rubino – Ora e Per sempre e poi basta
Antonella Ruggiero – Quando balliamo e Da lontano 
Francesco Sarcina – Nel tuo sorriso e In questa città
Riccardo Sinigallia – Prima di andare via e Una rigenerazione

1.500 VOLTE GRAZIE!

In poco meno di un anno “Le parole del mio tempo” ha fatto registrare quasi 1.500 download (per la precisione 1.488).

Un risultato che se rapportato al primo anno di uscita del libro (2012), dove le acquisizioni sono state appena 77, è da considerarsi sicuramente positivo e gratificante.

Se a ciò si aggiunge la campagna esclusivamente “fai da te” per la promozione del libro, accompagnata dalla crescita esponenziale di questo blog, non posso che ritenermi soddisfatto del risultato ottenuto.

Tutto questo grazie a Voi lettori che mi avete seguito in questo percorso con costanza ammirevole, mostrando interesse e partecipazione al punto da rendermi orgoglioso e motivato a proseguire in questa splendida passione.

Ci saranno tante altre parole da spendere con il seguito del libro che uscirà a breve.

Spero di trovarvi sempre al mio fianco in questa avventura, magari ancora più numerosi e interessati.

Per il momento vi giunga di nuovo il mio grazie e un caloroso e avvolgente abbraccio.

LA NAUSEA

I grandi romanzi sono come rose che sbocciano in mezzo a sterpaglie desolate. Lo è sicuramente “La nausea”, opera magistrale di Jean-Paul Sartre pubblicata nel 1938, alla vigilia della seconda guerra mondiale.

Esponente dell’esistenzialismo, corrente letteraria che spopolò agli inizi del novecento, Sartre sfoggia le sue migliori qualità di scrittore in questo romanzo dagli accenti tipicamente censori ed esegetici sul condizionamento dell’uomo in tutte le vicende dell’agire sociale.

Il protagonista, Antoine Roquentine, è un osservatore errante del modo di vivere degli abitanti del suo paese, che nulla aggiunge (e molto toglie) allo sviluppo di una comunità “auto specchiante”, incapace di interagire se non nell'apparenza e nel più cupo isolamento interiore. Straordinario il racconto della giornata domenicale in cui Roquentine passa a vivisezionare le abitudini dei suoi compaesani, voce narrante di un film già visto e rivisto mentre sullo sfondo piazze, giardini e caffè sono piuttosto occasioni di ritrovo pervase dall'odore nauseante dell’umana esistenza.

Scrive Sartre: “Ero anarchico senza saperlo quando scrivevo La Nausea: non mi rendevo conto che quanto scrivevo poteva essere commentato in senso anarchico, vedevo solo il rapporto con l’idea metafisica di “nausea”, con l’idea metafisica dell’esistenza. E’ stato più tardi che ho scoperto, attraverso la filosofia l’essere anarchico che era in me …”

E’ una confessione in piena regola: l’autore spiega così l’amara direttrice della storia nel rifiuto di accettare regole sociali (l’anarchia) perché basate sulla contraffazione dei comportamenti che non elevano lo spirito ma, al contrario, lo relegano in una profonda solitudine. 

Ci sono diversi punti di contatto tra La Nausea di Sarte e, ad esempio, La Noia di Alberto Moravia in cui il protagonista vive una profonda inquietudine per l’incapacità di accettare la realtà e di avere un qualsiasi rapporto con le cose (e con le persone). Ma nell'opera di Sarte questa incapacità è maggiormente accentuata perché si trasforma nel disgusto dell’agire umano che tradisce le aspettative di una diversa scelta di vita.

LA TRAMA: Antoine Roquentine è uno studioso di letteratura che nella biblioteca di Bouville, il paese dove vive, lavora per scrivere una tesi di storia sul signor de Rollebon, avventuriero vissuto nel XVIII secolo. Ma è pervaso dalla nausea, stato d’animo che lui identifica nella pochezza umana di intessere relazioni sociali significative. Smette così di occuparsi di Rollebon, perché le vicende passate di questo personaggio non lo aiutano a recuperare il senso delle cose e si proietta nell'attesa dell’incontro con Anny, sua vecchia fiamma che non vede da quattro anni. Ma nemmeno Anny saprà dargli le risposte che cerca, persa come tutti gli altri in un cambiamento di vita che è sopravvivenza, anziché raggiungimento delle aspettative di un tempo. Gli resta un filo di speranza nelle note della sua canzone preferita:“Some of these days” …

L’AUTORE: Jean-Paul Sartre, (Parigi 1905-1980), filosofo, narratore e autore di numerose opere teatrali, nonché maìtre-à-penser tra i più importanti del secolo scorso. Tra le sue opere, Le parole, del 1964.

UN PASSO DEL LIBRO: Quando si vive non accade nulla. Le scene cambiano, le persone entrano ed escono, ecco tutto. Non vi è mai un inizio. I giorni si aggiungono ai giorni, senza capo né coda, è un’addizione interminabile e monotona. Di tanto in tanto si fa un totale parziale: si dice: ecco, sono tre anni che viaggio, tre anni che sono a Bouville. E nemmeno vi è una fine, non si lascia mai una donna, un amico, una città tutto in una volta …


GIUDIZIO: Opera di rara raffinatezza e bellezza, La Nausea è un concentrato di emozioni e di riflessioni sulla natura umana, amabile e controversa, discussa e discutibile, invisa e reietta. La struttura del testo basata sull'io narrante con appena tre personaggi principali, trasporta il lettore in un’atmosfera quasi mistica e contemplativa. Assolutamente da leggere per ampliare ed arricchire i propri orizzonti culturali.

                                                                           (J.P. SARTRE: LA NAUSEA)