MORIRÒ VENERDÌ 17

Che gli italiani siano un popolo di superstiziosi è un dato ormai acclarato. Una recente indagine del 2013 condotta dal CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze), cui fa parte il celebre conduttore televisivo Piero Angela, ci colloca al terzo posto in Europa con il 58%, preceduti di un palmo dalla Repubblica Ceca (59%) e dalla primatista Lettonia (60%).

La superstizione, si sa, è tutto ciò che è irrazionale, non provato scientificamente ma che viene ritenuto credibile pur in assenza di qualsiasi relazione causale tra determinati comportamenti e gli eventi futuri.

E’ associata all'ignoranza, fortemente combattuta nell'era dell’Illuminismo, invisa da grandi scienziati come Albert Einstein che nel 1954, in una lettera indirizzata al filosofo di Princeton Eric Gutkind, definì la fede in Dio una “superstizione infantile”.

Ma siamo davvero un popolo così ignorante?

Eppure vi sono tanti personaggi della cultura e dello spettacolo che ricorrono ai riti scaramantici più insoliti e stravaganti per tenere a bada tutto ciò che porta male. Franco Zeffirelli, ad esempio, evita completamente di pronunciare il nome di una persona che a suo dire porterebbe sfortuna. Dario Fo (premio nobel della letteratura nel 1997) debutta solo al venerdì, Maria Grazia Cucinotta ha ereditato dalla nonna tutte le buone pratiche per allontanare il malocchio, mentre l'ammaliante Alena Seredova racconta che i suoi connazionali della Repubblica Ceca (seconda nel sondaggio di cui sopra), sono soliti toccarsi i denti con la nocca dell’indice.

E che dire del grande Maestro Eduardo De Filippo che in un’intervista coniò la celebre frase “Essere superstiziosi è da ignorante, ma non esserlo porta male”.

Insomma la superstizione, pur inspiegabile e intangibile, colpisce in maniera trasversale tutte le categorie sociali e non sembra essere inversamente proporzionale al grado di cultura acquisito.

Forse più che della inadeguata conoscenza empirica, questa forma di credenza, molto popolare e socialmente stratificata, è figlia piuttosto dell’insicurezza e della necessità di far leva su determinate convenzioni o usanze popolari per meglio affrontare e migliorare la propria performance.

E’ un po’ come l’effetto placebo: non è vero ma mi fa stare meglio.

Allora, che male fa aggiungere un posto a tavola se si è in tredici, cambiare strada se un gatto nero ci passa davanti  o spargere di sale l’uscio di casa dopo la visita di un latore di cattive notizie?

Anch'io ho fatto i debiti scongiuri nei modi più consueti e intuibili: una zingara mi ha detto che … morirò venerdì 17!

Per fortuna non ha precisato l’anno …


IL BOOK-TRAILER DE “L’AQUILA NON RITORNA”


Dopo la presentazione de “L’aquila non ritorna”, ecco il book-trailer del libro che spero possa essere gradito ai lettori.

Nel filmato, che ho realizzato da (imperfetto) autodidatta, ho cercato di concentrare in poco meno di quattro minuti tutte le emozioni che ho provato nella stesura del manoscritto non potendo far leva, giocoforza, sulle musiche dei testi proposti.

Le immagini e le parole s’inseguono e si amalgamano in un unico connubio, attraverso sonorità surrogate da antichi e rinnovati ricordi.

Niente effetti speciali, dunque, ma semplicemente un messaggio di sintesi  per descrivere una passione iniziata anni fa e che ancora adesso sento forte e inesauribile.

Ringrazio fin d’ora tutti coloro che vorranno, anche solo per curiosità, guardare il video.

Buona visione.


TI RECENSISCO NEL NOME DEL LETTORE

Di questi tempi l’attività di recensione dei libri degli scrittori esordienti si sta sviluppando a macchia d’olio, prolificandosi come funghi in un campo particolarmente esposto alle aspettative, ancorché legittime, di acquisire il maggior numero di consensi possibile.

E’ un’attività che per le sue modalità e soprattutto per la tipologia del recensore, potrebbe essere classificata in due categorie: quella dei recensori “di professione”, ovvero di coloro che dietro compenso si offrono di scrivere un commento “a misura” dell’opera, e quella dei recensori/lettori, ovvero degli utenti finali che nell'occasione assumono la veste di critici letterari postando il proprio giudizio a margine dell’e-book o del cartaceo esposto nelle librerie digitali.

Tra le due attività vi è quella “intermedia” dei recensori “per cortesia”, che sono gli amici virtuali o reali che si prestano nell'incarico di scrivere una “bella recensione” a mo’ di promozione e sostegno dell’opera. Non sono molto dissimili dai recensori “a pagamento” (a parte, appunto, la gratuità della prestazione), e nemmeno da quelli che, senza convinzione, cliccano “mi piace” sui vari social network

In questo ginepraio di critici, veri o presunti tali, è facile perdersi come nel labirinto di Teseo senza il filo di Arianna. Il rischio di non trovare l’orientamento lo è tanto per lo scrittore quanto per il lettore, soprattutto per le recensioni cosiddette “promozionali” mirate quasi esclusivamente ad attirare l’attenzione del lettore invogliandolo nell'acquisto dell’opera. Se il giudizio non collima con l’interesse e l’aspettativa dell’acquirente, il rischio per lo scrittore (esordiente) di “bruciarsi” è più che reale.

Vero è che nella recensione di un libro la componente soggettiva della valutazione assume un ruolo preponderante: può piacere di più o di meno a seconda del proprio gusto personale. Ma ciò che dovrebbe essere bandita è la tendenziosità del giudizio, facilmente rinvenibile nelle recensioni “studiate” che somigliano molto alla pubblicità ingannevole di molti prodotti presenti sul mercato.

Meglio allora affidarsi ad una corretta informazione dell’opera, puntando in particolare sulla sinossi, magari accompagnata dall'anteprima in modo da offrire al lettore tutti gli spunti necessari per la scelta. Di solito bastano poche (ma chiare) informazioni per orientare il lettore nell'acquisto o meno del libro.

Se a ciò si aggiunge una buona recensione, ben venga. Purché sia fatta incondizionatamente e … nel nome del lettore!

L’AQUILA NON RITORNA

Quando ho scritto “Le parole del mio tempo, ho voluto raccontare la mia esperienza di autore e compositore attraverso la pubblicazione di alcuni testi delle mie canzoni che hanno segnato la mia adolescenza.

L’ottimo riscontro del libro, per il quale ringrazio tutti i lettori che lo hanno letto, mi ha spinto a ritornare nella “soffitta” dei ricordi, rispolverando scritti e appunti di quell'epoca, ovvero degli anni ‘80, rivisitando gli album dai quali avevo selezionato i brani di punta della mia attività cantautorale.

Ho scoperto con mio stupore di aver tralasciato nella selezione di queste canzoni, alcuni testi che avevo giudicato “secondari” ma che da un esame più approfondito hanno avuto un peso determinante nella mia crescita interiore, sia pure nella loro “complementarietà”.

In questo nuovo libro riporto alla luce, come la Fenice che risorge dalle proprie ceneri, brani che avevo riposto nel cassetto e che adesso, “rispolverandoli”, mi hanno fatto nuovamente emozionare come un tempo.

La nuova cernita è arricchita da un album di più recente realizzazione, “L’aquila non ritorna” scritto tra il 2006 e il 2013 che dà anche il titolo all'intera opera.

Parafrasando l’introduzione di un romanzo di Alberto Moravia (“La vita interiore”), ci son voluti 7 anni e 7 stesure per terminare questo album nel quale ho aggiunto due recentissime canzoni: “Password”, dedicata all'evoluzione multimediale dei nostri tempi, e “Autografo”, testo conclusivo del libro che ha come tema l’anonimia delle persone comuni che fanno fatica ad affermarsi e a lasciare un segno della loro esistenza.

Il libro contiene anche un racconto breve sul tema dell’amore, e le prove che ho sostenuto per conseguire presso la SIAE la qualifica di paroliere e di compositore.

Perché la scelta del titolo “L’aquila non ritorna”? Perché l’aquila è un uccello di straordinaria bellezza ed intelligenza, espressione di numerose simbologie tra le quali quella di rigenerarsi,- volando più in alto nel cielo-, per ricevere dal sole luce e calore come antidoto al suo divenire vecchio e appesantito. 
Il “non ritorno” sta ad indicare la trasformazione simbolica di questo meraviglioso volatile, che spezza qualsiasi legame con il passato per approdare ad una dimensione di rinnovato spirito e vigore.

In una recente intervista, il cantautore Antonello Venditti, riferendosi ai primi successi della sua luminosa carriera artistica, ha dichiarato che le cose migliori si fanno quando si è giovani.

Non so se questo corrisponda a verità, ma è un dato di fatto che l’entusiasmo, la speranza nel cambiamento o in un futuro non ancora delineato giocano un ruolo determinante soprattutto agli esordi dell’approccio creativo.

Poi le cose belle o che ci riescono meglio possono nascere in qualsiasi momento del nostro tempo.

Come le parole e i pensieri che ti restano dentro anche quando, volando, … non ritornano più!

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(Le nuove parole del mio tempo)