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Metti
una studentessa universitaria che decide di realizzare una tesi su Luciano
De Crescenzo. Metti lo scrittore partenopeo che si offre di accompagnare la
giovane laureanda nei luoghi in cui ha vissuto. Il risultato è un viaggio nella
terra del sole come lo fu per Dante nella Divina commedia.
Il
paragone forse è eccessivo e improprio, ma ha dalla sua il sapore della
reminiscenza, la riscoperta di quel passato che ci ha visto crescere, patire e
gioire in tutti gli aspetti emozionali della nostra vita. Perché noi siamo
ciò che siamo stati.
Si
potrebbe racchiudere così il senso dell’ultimo libro di De Crescenzo, “Ti
porterà fortuna” con il sottotitolo “Guida insolita di Napoli”.
L’inferno e il Purgatorio, per riprendere l’opera di Dante, altro non sono che
quelle turbolenze giovanili del celebre scrittore-filosofo riemerse nell'itinerario dei ricordi. In verità c’è un passaggio del libro che ricorda proprio la
Divina Commedia: quando l’autore e la studentessa Carla si ritrovano nel Cimitero
delle Fontanelle, per i napoletani “O campusant’ d’e Funtanelle”,
situato in alcune grotte tra i rioni Sanità e Vergine. Una specie di ossario
comune davanti al quale un tempo si pregava affinché coloro che vi erano
sepolti potessero veder ridotto il tempo da trascorrere in Purgatorio. Qui il Cicerone-De
Crescenzo commenta: “Piuttosto che passare l’eternità a bruciare tra
le fiamme dell’Inferno o in compagnia di un qualche santo in Paradiso intento a
raccontarmi in ogni singolo dettaglio il proprio martirio, di sicuro preferirei
trascorrere il più tempo possibile in Purgatorio.”
Attraverso
le vie della città partenopea, i due improvvisati viaggiatori incontrano
personaggi che hanno avuto un qualche legame con la vita dello scrittore, con
le loro storie e le loro fedeli abitudini. Come Raffaele, il guardiano
dei parcheggi che a distanza di quarant'anni si trova a fare lo stesso lavoro:
“Don Lucia’, sono stato sempre qua. Mai un viaggio, mai uno spostamento.
Qualche volta sono stato a passeggio vicino al mare, ma non ho trovato il
coraggio di tuffarmi, pur avendone un desiderio forte. Lo sapete, non avrei mai
trovato la forza di mettermi in costume. Con la mia complessione antiestetica.”
O
come Gennaro, il barbiere dalle tariffe stracciate, la cui bottega è
definita da De Crescenzo l’università del vero dialetto napoletano. Qui i
due compagni di viaggio assistono a una conversazione tipica tra i
frequentatori abituali della bottega incentrata sulle lunghe code alle poste:
“Stammatina
me so’ pigliat ‘nu tuossec mai visto” (Stamattina mi sono arrabbiato).
“T’a
fai cull’ova, ‘a trippa” (La fai con le uova la trippa, per dire di voler affrontare una situazione difficile).
“Questo
succede perché tu insisti, Enrì, ad andare alla posta al Chiatamone. Ti
ho sempre detto: vai al corso, là c’è mio cognato”.
“Eh,
‘o jamm’ a piglià a Agnano”, vostro cognato. Chill’nun ce sta mai”.
(Andare a prendere ad Agnano è un modo di dire per indicare l’irreperibilità
delle persone. Un tempo era considerata la zona più remota di Napoli).
In
queste poche battute c’è tutta la napoletanità verace e spontanea, spesso
ispiratrice di tante commedie celebri come quelle scritte da Eduardo De
Filippo o dallo stesso De Crescenzo nel film che lo ha reso famoso “Così
parlò Bellavista”.
Carla
è letteralmente rapita dai racconti di De Crescenzo, lo incalza nelle domande
fino a scoprire, ad esempio, che il gioco del lotto, tanto
praticato dai napoletani, nacque al Nord alla fine del Cinquecento, che la genovese,
piatto partenopeo a base di cipolle e avanzi di maiale, nulla ha a che fare con
il capoluogo ligure, e che a Napoli ogni quartiere è un “teatro” a
balconi dove si assiste “lo spettacolo offerto dalla vita di strada.”
E’
un libro scorrevolissimo, pieno di spunti di riflessioni, che consiglio a chi ha
voglia di scoprire qualcosa di più su questa bellissima (e turbolenta) città. De
Crescenzo ancora una volta ha fatto centro con la sua verve e la sua
godibilissima ironia partenopea.
Giudizio:
Ottimo.
“Non ti fidare di
chi ti dice che solo con le tue forze puoi farcela.
Ci vuole anche
fortuna,
o, come diciamo
qua a Napoli, “ciorta”.
E sorridi, che è
l’unico modo per aiutare la sorte.”
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