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UNA VITA DIVERSA

GIULIANO

Giuliano si trucca per sentirsi più donna
Giuliano se ama lo fa per una notte sola
Giuliano e i falò: un rapporto di vita
Giuliano e lo specchio: una vanità proibita

Inizia così “Giuliano”, canzone scritta nel 1980, dall’album “Mini-artista”. Tema scottante ma vecchio quanto il mondo perché l’omosessualità ha radici tanto profonde quanto i pregiudizi, gli insegnamenti abnormi perpretati nel tempo e tesi a correggere un difetto, o peggio, una malattia che è semplicemente orientamento sessuale, tanto naturale quanto consapevole.

Pensate che gli antichi ritenevano che fosse proprio l’amore con le persone dello stesso sesso il più sublime e spirituale. Lo scrive Platone in diversi passaggi dei suoi dialoghi del Simposio in cui il rapporto omosessuale tra maestro e allievo, che è volto alla procreazione spirituale e non al mero piacere fisico, è ritenuto, a differenza di quello eterosessuale, di livello più alto.

Di acqua sotto i ponti ne è passata, le teorie e le concezioni filosofiche si sono trasformate (in bene o in peggio), ma quello che conta è il principio di fondo secondo il quale l’amore, in qualunque prospettiva lo si voglia considerare, deve essere immune da pregiudizi, discriminazioni, dogmi o impedimenti di qualunque tipo tesi a tarpargli le ali.

Sono le contaminazioni del pensiero che aggrovigliano l’amore fino a farlo rappresentare per qualcosa che non è ( o non dovrebbe essere). La libera manifestazione dei sentimenti prescinde dall’identità sessuale di chi ne è portatore, non si può essere buoni o cattivi, accettabili o denegabili a seconda della “provenienza” di certe preferenze perché la qualità dell’essere è qualcosa che trascende certe etichette o marchi imposti da ragionamenti precostituiti.

Il rifiuto di tutto ciò che è diverso da noi impedisce qualsivoglia crescita culturale e civile, non favorisce l’integrazione e ci fa salire su un comodo piedistallo puntando l’indice sugli altri senza mai rivoltarlo contro noi stessi.

Eppure la comparazione del senso di abbandono e di emarginazione, tipico della negazione sociale verso una determinata categoria di persone potrebbe essere il salvagente per una rinnovata coscienza collettiva, l’anello di congiunzione tra noi e tutto ciò che è diverso da noi. Quante volte ci sarà capitato di sentirci esclusi: nel lavoro, nella famiglia o nelle relazioni sociali in genere. E quante volte in situazioni simili abbiamo provato lo stesso senso di abbandono e di solitudine di chi è costretto a vivere, per il suo orientamento sessuale, ai margini della propria (e altrui) esistenza.

Ecco quindi la comparazione che dovrebbe farci ricordare l’omogeneità di certi stati d’animo e virare la mente a ciò che è accaduto nella Storia, recente o remota, in cui tanti sono stati gli episodi spietati e crudeli a danno dei deboli e dei diversi. Cito a mo’ d’esempio l’Olocausto, la più grave forma di sterminio e di ghettizzazione etnica e razziale.

Sono passati trentacinque anni da quando ho scritto “Giuliano”, allora il pregiudizio era fortissimo e predominante nel pensiero sociale. Ora qualcosa sta cambiando come testimonia il recente dibattito in Parlamento sulle unioni civili che dovrebbe portare all’emanazione della prima legge (in Italia) a tutela delle relazioni extra-tradizionali.

Persino la Chiesa, dove peraltro l’omosessualità è dilagante, sembra ora orientata su posizioni più morbide e concilianti. L’apertura di Papa Francesco verso il riconoscimento dei diritti e della dignità dei “diversi” è di per sé significativa del cambiamento che sta avvenendo anche sul piano religioso.

E noi, noi chi siamo noi?
E noi non possiamo noi condannarlo.
Giuliano è per tutti un corpo e non un’amica
Giuliano e se stesso: una tristezza antica.


(Tratto da Le parole del mio tempo”)

Commenti

  1. Quando parliamo degli “altri” li giudichiamo senza conoscerli, cioè secondo STEREOTIPI.
    Gli stereotipi mentali si tramandano di generazione in generazione e diventano PREGIUDIZI, perché tendiamo ad applicarli ad una singola persona di un gruppo prima ancora di conoscerla.

    PENSO  → SENTO  → MI COMPORTO
    Intorno a tutto ciò cresciamo e ci forgiamo, definendoci poi, meglio o peggio, come persone, in base a quale modo decidiamo di voler vedere la vita e la sua complessità. Forse si può dire che quanto più decidiamo di pensare con la nostra testa, tanto più ci allontaniamo da alcuni pregiudizi.
    Il pregiudizio è come una “valigia di conoscenze già fatta”, preconfezionata, preparata dalla società e dalla cultura di appartenenza e che viene tramandata attraverso l’educazione. La mente umana cerca sempre di usare il più possibile scorciatoie, soluzioni e situazioni già note, “ready made”, che consentono di faticare meno.

    Per questo motivo, ognuno dovrebbe intraprendere un nuovo percorso di auto-educazione, per aprirsi all’incontro, alla cooperazione, al dialogo, al contatto con l’altro.
    

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    1. E' un commento che sottoscrivo in pieno, molto articolato, profondo e significativo.Grazie Vincenzo per il tuo contributo. Un caro saluto.

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  2. Concordo pienamente col commento di Vincenzo Spera.
    E dico: prima di tutto cancelliamo dal nostro vocabolario la parola DIVERSO intesa come viene intesa oggi giorno, cioè non uguale a me.
    Ricordiamoci che pur essendo tutti esseri umani, uomini e donne, nessuno è uguale ad un altro. Ognuno di noi ha specificità sue particolari.
    Quindi, diverso, perchè????
    Siamo tutti diversi anche se certamente salta più all'occhio una preferenza sessuale diversa dalla nostra piuttosto che una preferenza culinaria.
    Cancelliamo la parola diverso e forse poco per volta riusciremo ad aprire gli occhi e capire che le differenze non devono dividere ma arricchire tutti quanti.
    Ciao!

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    1. Grazie Patricia per il tuo commento che non ha bisogno di aggiungere altro.

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  3. Il tuo è anche il mio auspicio. E spero di tanti altri. Grazie Carlotta per il commento. Ciao.

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