BLOG RETRO: LA SOLITUDINE DEI NUMERI PRIMI


Uscito nel 2008, il romanzo d’esordio di Paolo Giordano ottenne un successo strepitoso con oltre quattro milioni di copie tradotte in diverse lingue e tanti apprezzamenti dalla critica. “La solitudine dei numeri primi” si aggiudicò infatti il Premio Strega e il Premio Campiello Opera Prima, due riconoscimenti particolarmente ambiti dagli scrittori.

Il titolo, di primo acchito, pare evocare la condizione di chi è costretto a primeggiare, a raggiungere certi traguardi più per volontà degli altri che per una personale convinzione, sicché la solitudine che ne consegue sembrerebbe piuttosto il corollario di scelte “calate dall'alto”, il duro prezzo da pagare per le rinunce patite.

Invece la spiegazione la dà lo stesso autore per mano di uno dei protagonisti, Mattia, che ad un certo punto del racconto parla di quella particolare categoria di numeri primi che i matematici chiamano “primi gemelli”, ovvero “coppie di numeri che se ne stanno vicini, anzi quasi vicini, perché fra di loro vi è sempre un numero pari che gli impedisce di toccarsi per davvero.”

L’autore usa questo sillogismo per raccontare la vita “parallela” di Mattia e di Alice, due ragazzi che il destino li fa incontrare ma  per una serie di circostanze non riusciranno ad unirsi, a concedersi l’uno all'altro come riscatto dai patimenti subiti. Il “numero pari” che li divide è rappresentato proprio dalla sofferenza delle proprie esperienze, che li condannerà ad una solitudine senz’appello perché le tracce del dolore, specie quando non viene elaborato, non si cancellano mai.

E’ uno dei (pochi) casi in cui la scelta del titolo (non dell’autore ma del suo editore) è risultata più che mai vincente contribuendo non poco, soprattutto nella fase del lancio del libro, ad avvicinare e stimolare i lettori all’acquisto.

LA TRAMA: Alice e Mattia sono due ragazzi che vivono la propria adolescenza con un pesante fardello: la prima, costretta dal padre a frequentare contro voglia la scuola di sci, subisce durante un’esercitazione un infortunio che la renderà zoppa ad una gamba; il secondo lascia la sua sorellina gemella (affetta da autismo) al parco giochi per recarsi da solo ad una festa di compleanno ma che al ritorno non ritroverà più.
I due ragazzi, che frequentano lo stesso liceo, s’incontrano ad una festa organizzata dall’amica comune Viola, una “bullo” al femminile che li esorterà ad avere una storia, ma pur essendo reciprocamente attratti, non riusciranno a superare i postumi delle rispettive esperienze: l’anoressia per Alice e il profondo senso di colpa per Mattia .
Le loro vite pertanto scorrono parallele ma la scelta di Alice di sposare un uomo che non ama e quella di Mattia di accettare una cattedra d’insegnamento all’estero per sfuggire alla realtà, non li renderà mai felici.

L’AUTORE: Torinese nato nel 1982, Paolo Giordano è laureato in fisica teorica. “Il corpo umano” è il suo secondo best-seller.

UN PASSO DEL ROMANZO: “I numeri primi sono divisibili soltanto per 1 e per se stessi. Se ne stanno al loro posto nell'infinita serie dei numeri naturali, schiacciati come tutti fra due, ma un passo in là rispetto agli altri. Sono numeri sospettosi e solitari e per questo Mattia li trovava meravigliosi.”

GIUDIZIO: Il romanzo è ben scritto e scorrevole nella narrazione delle vicende dei protagonisti. La tecnica espositiva è ben costruita, quasi “scientifica” nella ricerca dei termini, tutti appropriati, per descrivere gli stati d’animo dei personaggi. Soprattutto la prima parte del racconto, quando si narrano le storie “individuali” di Alice e di Mattia, è avvincente ed emozionante. Si perde un po’ nella parte centrale, quando gli stessi protagonisti s’incontrano per poi allontanarsi ciascuno per la propria strada. Qui il romanzo pecca di originalità e appare piuttosto scontato quando racconta le scelte di vita dei due ragazzi che fanno un po’ scemare l’interesse e la curiosità del lettore. Si riprende nel finale anche se la soluzione del trauma di Mattia  poteva essere meglio sviluppata nel segno di una più convincente rivelazione logico-deduttiva della sua incapacità di amare. Nel complesso è un libro interessante in cui il contenuto prevale sulla forma, a dispetto della grande campagna promozionale che lo ha sostenuto.

BLOG RETRO 2013

BLOG RETRO: GLI AMORI INFINITI


Gli amori infiniti nascono senza sesso, sono eterei, incorporei e inafferrabili. Si contrappongono al piacere fisico che si esaurisce all'alba di un giorno qualunque dopo essersi rivestiti in fretta per tornare alla vita di sempre, vuota e malinconica.

L’idealità dell’amore è il vero problema delle relazioni contemporanee. Nell’era multimediale è più facile “innamorarsi” di persone conosciute sul social preferito che di coloro che vivono a pochi passi da noi. La forza dell’immaginazione sovrasta la realtà delle cose, come una gabbia di vetro che ci ripara dalle sofferenze patite o patibili.

Il rischio di rimanere delusi è la molla che fa scattare certe scelte orientandole su un terreno più sicuro che è quello della comunicazione internautica, molto spesso sterile e illusoria.

Se i giovani di ieri erano proiettati alla ricerca dell’amore guardando con fiducia alle possibilità offerte dal mondo reale, quelli di oggi sembrano sfuggire a qualsiasi verifica “sul campo” delle proprie aspirazioni sentimentali, preferendo esplorarle attraverso un’intensa attività di messaggi multimediali con interlocutori di cui, a volte, non si conoscono nemmeno le sembianze.

Va di moda il mito delle relazioni a distanza che fanno “effetto” fino a quando i partners non decidono di uscire allo scoperto mostrando tutto quello che hanno inteso nascondere o sottacere. Quasi sempre gli amori che nascono sul web falliscono al primo banco di prova con la realtà che è sempre diversa da come la si è immaginata.

E così l’infinito di uno sguardo stampato su una foto, di un’emozione rubata tra le righe di un post atteso a colpi di “connessione” si tramuta ben presto in qualcosa di circoscritto ed estemporaneo, pronto a sciogliersi come neve al sole non appena i turbamenti della vita quotidiana prendano il sopravvento.

La difficoltà di scommettere sui sentimenti reali, ma soprattutto di mantenerli a lungo a dispetto degli ostacoli che si frappongono sul proprio cammino, è una chiara controtendenza culturale che inibisce l’insegnamento all’amore, complice anche l’esperienza fallimentare di quei giovani di ieri, oggi adulti e in età matura, che si sono uniti con partners sbagliati aprendo così una crisi della famiglia “istituzionale” senza precedenti.

Non è facile trasporre sul piano reale l’idea dell’amore, ci vuole grande condivisione e unità d’intenti che le generazioni moderne non sembrano voler (o saper) affrontare. Non si ha voglia di conoscersi, di condividere un progetto di vita contemperando le proprie con le altrui esigenze affettive. Basta molto poco per andare a letto e dirsi addio al sorgere del sole o quando l’attrazione fisica esaurisce i suoi effetti.

Così l’eternità dei sentimenti provati finisce col restare impressa su qualcosa che trasmigra dalla propria anima, come una fotografia dai contorni sempre più sbiaditi. Baglioni, in una sua bellissima canzone, l’ha saputa ben rappresentare con questi versi:

Un azzurro scalzo in cielo
il cielo matto di marzo
e di quel nostro incontro
al centro tu poggiata sui ginocchi
e gli occhi tuoi per sempre nei miei occhi …

(BLOG RETRO 2015)

BLOG RETRO: PENSIERI DI STRADA

Ascoltali 
a volte sembrano dei desideri
ma basta afferrare quelli che sono più veri
Sono certezze e incertezze che nascono dentro di te
puoi farli volare se vuoi tanto tornano poi
nei tuoi silenzi più intensi con mille argomenti
sono carezze e illusioni che appartengono a noi
Pensieri di strada  che cambiano con gli uomini


I pensieri sono la principale compagnia di ogni essere vivente. Anche gli animali, si sa, sono esseri pensanti e più del genere umano fanno uso dei pensieri per comunicare ogni tipo di bisogno o di necessità. Per gli uomini invece tutto è un po’ più complicato. 

Ci sono pensieri introspettivi che appartengono soltanto a noi, albergano sulle pareti della nostra solitudine fino a disegnare i desideri più reconditi e nascosti. Sono i più insidiosi e manipolativi del nostro stato d’animo perché condizionano le azioni che produciamo all'esterno senza che si comprendano le ragioni. 

“Un soldo per i tuoi pensieri”, oppure “ Chissà che cosa ti passa per la testa!”. Spesso ci sentiamo rivolgere frasi del genere da chi è incuriosito dai nostri silenzi e tenta di scardinare la nostra mente quasi a volerla ispezionare minuziosamente per coglierne i segreti. Non ci si riesce quasi mai perché i pensieri viaggiano fuori solo quando si è disposti a farlo. 

Ti seguono sempre e poi non ti tradiscono mai
e quelli più timidi sono soltanto segreti


Pensieri che non hanno età e non seguono l’invecchiamento del corpo nel quale si alimentano e si sviluppano. Sempreverdi, vanno dall'infanzia alla senilità con la velocità della luce. Rimangono fedeli a se stessi mentre tutto passa o si trasforma. 

Sono più grandi degli anni diventano eternità
puoi fare l'amore restando abbracciato con loro


Ma ci sono anche pensieri liberi, aperti, incontrollati che s’insinuano nelle relazioni fino a condizionarne gli effetti e a volte fanno più male di una lama tagliente, di un colpo d’arma da fuoco. I pensieri che diventano parole che non vorresti mai sentire ma quando succede non si cancellano più. 

Sono espressioni evidenti e a volte inconcludenti
e sanno di odio e di amore perché così sono
Pensieri di strada che vivono con gli uomini.


(Tratto da “Le parole del mio tempo”) 

(BLOG RETRO 2015)

BLOG RETRO: LA NAUSEA


I grandi romanzi sono come rose che sbocciano in mezzo a sterpaglie desolate. Lo è sicuramente “La nausea”, opera magistrale di Jean-Paul Sartre pubblicata nel 1938, alla vigilia della seconda guerra mondiale.

Esponente dell’esistenzialismo, corrente letteraria che spopolò agli inizi del novecento, Sartre sfoggia le sue migliori qualità di scrittore in questo romanzo dagli accenti tipicamente censori ed esegetici sul condizionamento dell’uomo in tutte le vicende dell’agire sociale.

Il protagonista, Antoine Roquentine, è un osservatore errante del modo di vivere degli abitanti del suo paese, che nulla aggiunge (e molto toglie) allo sviluppo di una comunità “auto specchiante”, incapace di interagire se non nell’apparenza e nel più cupo isolamento interiore. Straordinario il racconto della giornata domenicale in cui Roquentine passa a vivisezionare le abitudini dei suoi compaesani, voce narrante di un film già visto e rivisto mentre sullo sfondo piazze, giardini e caffè sono piuttosto occasioni di ritrovo pervase dall’odore nauseante dell’umana esistenza.

Scrive Sartre: “Ero anarchico senza saperlo quando scrivevo La Nausea: non mi rendevo conto che quanto scrivevo poteva essere commentato in senso anarchico, vedevo solo il rapporto con l’idea metafisica di “nausea”, con l’idea metafisica dell’esistenza. E’ stato più tardi che ho scoperto, attraverso la filosofia l’essere anarchico che era in me …”

E’ una confessione in piena regola: l’autore spiega così l’amara direttrice de "La Nausea" che consiste nel rifiuto di accettare regole sociali (l’anarchia) perché basate sulla contraffazione dei comportamenti che non elevano lo spirito ma, al contrario, lo relegano in una profonda solitudine. 

Ci sono diversi punti di contatto tra La Nausea di Sarte e, ad esempio, La Noia di Alberto Moravia in cui il protagonista vive una profonda inquietudine per l’incapacità di accettare la realtà e di avere un qualsiasi rapporto con le cose (e con le persone). Ma nell’opera di Sarte questa incapacità è maggiormente accentuata perché si trasforma nel disgusto dell’agire umano che tradisce le aspettative di una diversa scelta di vita.

LA TRAMA: Antoine Roquentine è uno studioso di letteratura che nella biblioteca di Bouville, il paese dove vive, lavora per scrivere una tesi di storia sul signor de Rollebon, avventuriero vissuto nel XVIII secolo. Ma è pervaso dalla nausea, stato d’animo che lui identifica nella pochezza umana di intessere relazioni sociali significative. Smette così di occuparsi di Rollebon, perché le vicende passate di questo personaggio non lo aiutano a recuperare il senso delle cose e si proietta nell’attesa dell’incontro con Anny, sua vecchia fiamma che non vede da quattro anni. Ma nemmeno Anny saprà dargli le risposte che cerca, persa come tutti gli altri in un cambiamento di vita che è sopravvivenza, anziché raggiungimento delle aspettative di un tempo. Gli resta un filo di speranza nelle note della sua canzone preferita:“Some of these days” …

L’AUTORE: Jean - Paul Sartre, (Parigi 1905-1980), filosofo, narratore e autore di numerose opere teatrali, nonché maìtre-à-penser tra i più importanti del secolo scorso. Tra le sue opere, Le parole, del 1964.

UN PASSO DEL LIBRO: Quando si vive non accade nulla. Le scene cambiano, le persone entrano ed escono, ecco tutto. Non vi è mai un inizio. I giorni si aggiungono ai giorni, senza capo né coda, è un’addizione interminabile e monotona. Di tanto in tanto si fa un totale parziale: si dice: ecco, sono tre anni che viaggio, tre anni che sono a Bouville. E nemmeno vi è una fine, non si lascia mai una donna, un amico, una città tutto in una volta …

GIUDIZIO: Opera di rara raffinatezza e bellezza, La Nausea è un concentrato di emozioni e di riflessioni sulla natura umana, amabile e controversa, discussa e discutibile, invisa e reietta. La struttura del testo basata sull'io narrante con appena tre personaggi principali, trasporta il lettore in un’atmosfera quasi mistica e contemplativa. Assolutamente da leggere per ampliare ed arricchire i propri orizzonti culturali.

(BLOG RETRO 2014)

BLOG RETRO: NON BACIARMI!


Gira a destra. Gira a sinistra. Esegui un’inversione a U consentita.” Il navigatore della mia auto ha deciso di farmi impazzire in mezzo a queste strade sconosciute in cui mi sto perdendo senza trovare l’indirizzo giusto. Uno zig-zag da far rabbrividire persino gli automobilisti più esperti, quelli che fanno dell’asfalto il loro percorso di vita quotidiana. Fortuna che c’è poco traffico e a parte qualche colpo di clacson e invettive del tipo “Ma chi ti ha dato la patente?”, riesco finalmente ad arrivare a destinazione.

Scendo dalla macchina visibilmente intontito, come se fossi approdato da quelle parti dopo un atterraggio di fortuna, mi sistemo il soprabito e mi guardo intorno. Una fila di palazzi di color grigio mi appare davanti assemblandosi perfettamente allo scenario autunnale di quella giornata di fine ottobre. Tiro dalla tasca della giacca un foglietto sul quale avevo annotato l’indirizzo e controllo il numero civico: 279, lo stesso che vedo inciso sulla targa di un vecchio portone a pochi metri da dove ho posteggiato.

Entro nell’ampio androne che si presenta con due ingressi laterali e al centro una guardiola con le grate in ferro battuto dove vi troneggia un omino annoiato e tarchiato che mi fa cenno di avvicinarmi:

Chi sta cercando?”
Il dott. Saggiomo, il dentista.”
Scala A, a destra, primo piano”.

La segretaria occhialuta mi accoglie con un sorriso di cortesia facendomi accomodare nella sala d’aspetto piena di poltrone in pelle, tavolini bassi con riviste disposte a ventaglio e,  tra le due finestre, un ficus alto e rigoglioso. Non ci sono altri pazienti, decido di restare in piedi fingendo di concentrarmi sull'orologio appeso alla parete che dà sul corridoio. Segna le 19 e 40 e d’istinto lo confronto con il mio che invece è avanti di qualche minuto.

Sig. Ferri, venga pure.”

Sono di spalle ma riconosco la voce inconfondibile del dott. Saggiomo.  Mi giro e lo vedo con il suo fedele camice bianco che mi sorride mostrandomi una dentatura perfetta e bianchissima. Tutti i dentisti sono così. Non hanno la minima carie o macchiolina che sia visibile al microscopio. Per forza! Con tutto quello che guadagnano se lo possono permettere.

Mi fa entrare in una stanza luminosa e piena di attrezzature dell'ultima generazione e intanto mi dice:“Ha avuto difficoltà a trovare il mio nuovo indirizzo?” Per niente, solo qualche epiteto e il rischio di essere fermato da una volante per pericolo pubblico, penso tra me.

Mi sono trasferito da poco. Il vecchio studio era diventato troppo piccolo per me.” Ma guarda! Non sarà forse per le parcelle salatissime che appioppi a noi poveri clienti? Brutto deficiente! Continuo a rimanere in silenzio ma i pensieri galoppano a tutta velocità.

Il dott. Saggiomo mi dice di stendermi sul lettino e intanto si volta per tirare fuori da un cassettino quello che serve per la visita. Rimango in piedi e aspetto. Ecco che si gira verso di me e a quel punto estraggo la pistola dalla tasca. Non ci penso un attimo, partono due colpi che lo trafiggono proprio al centro del petto. Lascio cadere l’arma e scappo via. 

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Conoscevo il dott. Saggiomo da cinque anni. Dicevano che era il miglior parodontologo che ci fosse in circolazione. Mi fidavo ciecamente di lui e avevo deciso di sottopormi alla sue cure senza avere il minimo dubbio che la terapia potesse fallire. 

Al termine del ciclo di visite, che mi erano costate oltre ventimila euro e un prestito con una finanziaria sanguisuga, ero pienamente soddisfatto del risultato ottenuto. Finalmente potevo sorridere liberamente senza dovermi coprire la bocca con una mano o desistere nell'approccio con Mafalda, la mia datrice di lavoro di cui mi ero invaghito. 

Ora si dirà: come si fa a perdere la testa per una che ha un nome così? Niente di più facile se in palio c’è un posto da direttore nell'azienda. In verità non ero innamorato di Mafalda ma del suo ruolo di comando sì, e direi pure immensamente. Peraltro non era nemmeno granché: sedere basso e seni un pò più grossi di due mandarini, nonostante portasse reggipetti dell'ultima moda che tuttavia mostravano un rigonfiamento nell'ampia scollatura troppo vistoso e innaturale. Ma aveva dalla sua il portamento, sempre ben vestita e quell'aria da maestrina saputella, forse dovuta alla sua posizione di vertice nell'azienda, che me la faceva apparire terribilmente attraente. 

Aspettavo l’occasione, e per uno come me, arrivista e senza scrupoli, l’occasione fa sempre l’uomo ladro. Con una dentatura perfetta potevo dispensare sorrisi a destra e a manca fino ad attirare l’attenzione del “mia” Mafalda che un giorno, finalmente, si accorse di me: 

Hai un sorriso accattivante, Giacomo. In questa azienda c’è bisogno di gente allegra come te.” 

Ho raccolto il suo complimento come un invito a nozze. 

Per un’azienda che produce dentifrici, il sorriso è fondamentale. Non credi?” 
Certo. Vedo che sei anche bravo, a giudicare dall'ultimo report sulle vendite.” 
Ne possiamo discutere meglio se accetti di venire a cena con me stasera”. 

Abboccata in pieno. Era la serata della mia vita, quella in cui avrei dovuto esporre tutti i miei progetti a colpi di sorrisi, ammiccanti e maliziosi, pur di entrare nelle grazie di Mafalda. Per l’occasione mi ero vestito a nuovo, con un abitino che mi era costato la bellezza di ottocento euro. Mi ritorneranno di sicuro, pensavo tra me, non appena otterrò il posto di direttore. 

Ordinammo della carne: filetto di manzo con insalata mista per lei, ossobuco e patate gratinate per me. Non l’avessi mai fatto. Dopo il primo boccone si scatenò nella mia bocca … l’inferno! Avete presente la demolizione di un palazzo che con un solo colpo viene raso al suolo? Gli incisivi superiori, nuovi di zecca, si staccarono dal loro alloggiamento impastandosi nel pezzo di carne, forse eccessivamente duro, divenendo una cosa sola. 

Imbarazzo totale. Il sorriso mi si spense in un attimo come una nuvola grigia apparsa improvvisamente davanti al sole. Risultato: cena interrotta e … tutti a casa! 

In macchina, tra me e Mafalda era sceso il silenzio. Non più chiacchiere e risate che avevano animato la nostra conversazione all'andata, ma solo un mutismo assordante nel quale vedevo frantumarsi il sogno di diventare il testimonial dell’ultimo dentifricio prodotto dall'azienda. 

Arrivammo al cancello della splendida villa di Mafalda che intanto, per tutto il tragitto, non aveva distolto minimamente lo sguardo davanti a sé. Mi accostai per salutarla e per tutta risposta mi giunsero queste gelide parole: 

Non baciarmi!” 

NON BACIARMI! 

Racconto breve di Vittoriano Borrelli 

(Ogni riferimento a fatti o a persone reali è puramente casuale.) 

(Blog retro: 2015)