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BLOG RETRO: NON BACIARMI!


Gira a destra. Gira a sinistra. Esegui un’inversione a U consentita.” Il navigatore della mia auto ha deciso di farmi impazzire in mezzo a queste strade sconosciute in cui mi sto perdendo senza trovare l’indirizzo giusto. Uno zig-zag da far rabbrividire persino gli automobilisti più esperti, quelli che fanno dell’asfalto il loro percorso di vita quotidiana. Fortuna che c’è poco traffico e a parte qualche colpo di clacson e invettive del tipo “Ma chi ti ha dato la patente?”, riesco finalmente ad arrivare a destinazione.

Scendo dalla macchina visibilmente intontito, come se fossi approdato da quelle parti dopo un atterraggio di fortuna, mi sistemo il soprabito e mi guardo intorno. Una fila di palazzi di color grigio mi appare davanti assemblandosi perfettamente allo scenario autunnale di quella giornata di fine ottobre. Tiro dalla tasca della giacca un foglietto sul quale avevo annotato l’indirizzo e controllo il numero civico: 279, lo stesso che vedo inciso sulla targa di un vecchio portone a pochi metri da dove ho posteggiato.

Entro nell’ampio androne che si presenta con due ingressi laterali e al centro una guardiola con le grate in ferro battuto dove vi troneggia un omino annoiato e tarchiato che mi fa cenno di avvicinarmi:

Chi sta cercando?”
Il dott. Saggiomo, il dentista.”
Scala A, a destra, primo piano”.

La segretaria occhialuta mi accoglie con un sorriso di cortesia facendomi accomodare nella sala d’aspetto piena di poltrone in pelle, tavolini bassi con riviste disposte a ventaglio e,  tra le due finestre, un ficus alto e rigoglioso. Non ci sono altri pazienti, decido di restare in piedi fingendo di concentrarmi sull'orologio appeso alla parete che dà sul corridoio. Segna le 19 e 40 e d’istinto lo confronto con il mio che invece è avanti di qualche minuto.

Sig. Ferri, venga pure.”

Sono di spalle ma riconosco la voce inconfondibile del dott. Saggiomo.  Mi giro e lo vedo con il suo fedele camice bianco che mi sorride mostrandomi una dentatura perfetta e bianchissima. Tutti i dentisti sono così. Non hanno la minima carie o macchiolina che sia visibile al microscopio. Per forza! Con tutto quello che guadagnano se lo possono permettere.

Mi fa entrare in una stanza luminosa e piena di attrezzature dell'ultima generazione e intanto mi dice:“Ha avuto difficoltà a trovare il mio nuovo indirizzo?” Per niente, solo qualche epiteto e il rischio di essere fermato da una volante per pericolo pubblico, penso tra me.

Mi sono trasferito da poco. Il vecchio studio era diventato troppo piccolo per me.” Ma guarda! Non sarà forse per le parcelle salatissime che appioppi a noi poveri clienti? Brutto deficiente! Continuo a rimanere in silenzio ma i pensieri galoppano a tutta velocità.

Il dott. Saggiomo mi dice di stendermi sul lettino e intanto si volta per tirare fuori da un cassettino quello che serve per la visita. Rimango in piedi e aspetto. Ecco che si gira verso di me e a quel punto estraggo la pistola dalla tasca. Non ci penso un attimo, partono due colpi che lo trafiggono proprio al centro del petto. Lascio cadere l’arma e scappo via. 

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Conoscevo il dott. Saggiomo da cinque anni. Dicevano che era il miglior parodontologo che ci fosse in circolazione. Mi fidavo ciecamente di lui e avevo deciso di sottopormi alla sue cure senza avere il minimo dubbio che la terapia potesse fallire. 

Al termine del ciclo di visite, che mi erano costate oltre ventimila euro e un prestito con una finanziaria sanguisuga, ero pienamente soddisfatto del risultato ottenuto. Finalmente potevo sorridere liberamente senza dovermi coprire la bocca con una mano o desistere nell'approccio con Mafalda, la mia datrice di lavoro di cui mi ero invaghito. 

Ora si dirà: come si fa a perdere la testa per una che ha un nome così? Niente di più facile se in palio c’è un posto da direttore nell'azienda. In verità non ero innamorato di Mafalda ma del suo ruolo di comando sì, e direi pure immensamente. Peraltro non era nemmeno granché: sedere basso e seni un pò più grossi di due mandarini, nonostante portasse reggipetti dell'ultima moda che tuttavia mostravano un rigonfiamento nell'ampia scollatura troppo vistoso e innaturale. Ma aveva dalla sua il portamento, sempre ben vestita e quell'aria da maestrina saputella, forse dovuta alla sua posizione di vertice nell'azienda, che me la faceva apparire terribilmente attraente. 

Aspettavo l’occasione, e per uno come me, arrivista e senza scrupoli, l’occasione fa sempre l’uomo ladro. Con una dentatura perfetta potevo dispensare sorrisi a destra e a manca fino ad attirare l’attenzione del “mia” Mafalda che un giorno, finalmente, si accorse di me: 

Hai un sorriso accattivante, Giacomo. In questa azienda c’è bisogno di gente allegra come te.” 

Ho raccolto il suo complimento come un invito a nozze. 

Per un’azienda che produce dentifrici, il sorriso è fondamentale. Non credi?” 
Certo. Vedo che sei anche bravo, a giudicare dall'ultimo report sulle vendite.” 
Ne possiamo discutere meglio se accetti di venire a cena con me stasera”. 

Abboccata in pieno. Era la serata della mia vita, quella in cui avrei dovuto esporre tutti i miei progetti a colpi di sorrisi, ammiccanti e maliziosi, pur di entrare nelle grazie di Mafalda. Per l’occasione mi ero vestito a nuovo, con un abitino che mi era costato la bellezza di ottocento euro. Mi ritorneranno di sicuro, pensavo tra me, non appena otterrò il posto di direttore. 

Ordinammo della carne: filetto di manzo con insalata mista per lei, ossobuco e patate gratinate per me. Non l’avessi mai fatto. Dopo il primo boccone si scatenò nella mia bocca … l’inferno! Avete presente la demolizione di un palazzo che con un solo colpo viene raso al suolo? Gli incisivi superiori, nuovi di zecca, si staccarono dal loro alloggiamento impastandosi nel pezzo di carne, forse eccessivamente duro, divenendo una cosa sola. 

Imbarazzo totale. Il sorriso mi si spense in un attimo come una nuvola grigia apparsa improvvisamente davanti al sole. Risultato: cena interrotta e … tutti a casa! 

In macchina, tra me e Mafalda era sceso il silenzio. Non più chiacchiere e risate che avevano animato la nostra conversazione all'andata, ma solo un mutismo assordante nel quale vedevo frantumarsi il sogno di diventare il testimonial dell’ultimo dentifricio prodotto dall'azienda. 

Arrivammo al cancello della splendida villa di Mafalda che intanto, per tutto il tragitto, non aveva distolto minimamente lo sguardo davanti a sé. Mi accostai per salutarla e per tutta risposta mi giunsero queste gelide parole: 

Non baciarmi!” 

NON BACIARMI! 

Racconto breve di Vittoriano Borrelli 

(Ogni riferimento a fatti o a persone reali è puramente casuale.) 

(Blog retro: 2015)

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