I MERCANTI DELLE PAROLE

Blog e siti web infiniti, come le parole che viaggiano in spazi paralleli senza incontrarsi mai, senza sapere l’una del significato dell’altra. La costruzione del pensiero che non ha sintassi, né regole basilari fondate sulla logica e compiutezza del proprio parlare.

E’ quanto sta accadendo (ed è già accaduto) nel mondo di internet e dei social network, in nome di una democrazia impura e incontrollata. Il diritto di parlare predomina sui suoi contenuti, l’importante è dire qualcosa, non importa come e perché. Sopravvivenza del proprio essere per farsi largo a spintoni in mezzo a tanta moltitudine quale antidoto, in molti casi, alla propria immensa solitudine.

L’informazione variegata, disordinata e senza freni rischia di produrre il risultato opposto: disinformazione, confusione e false convinzioni. Sempre più spesso si ascoltano commenti del tipo “L’ho imparato da internet”, “L’ha detto il mitico mister X, e se l’ha detto lui c’è da crederci sul serio!”

I nuovi (falsi) eroi dell’era multimediale sono i mercanti delle parole, quelli che vendono fumo ( e niente arrosto) attraverso slogan insidiosi, pomposi e allettanti come esche vaganti in cerca di pesciolini pronti ad abboccare.

Si vendono parole, e nemmeno a buon mercato. Sulla rete impazzano proposte di ogni tipo: dall’indicizzazionesicura” del proprio sito a suon di euro, a video o prontuari che riciclano qua e là informazioni su come vendere il proprio prodotto e ottenere guadagni sicuri, il tutto alla “modica” cifra di 100-200 euro per ogni acquisizione (ma ve ne sono altre a tariffe maggiori). Sono proposte che non garantiscono mai il risultato perché il rischio è tutto dalla parte del compratore.

In questo marasma di offerte vi sono aspetti meno venali ma che possono produrre danni ben peggiori. Mi riferisco in particolare alla qualità e veridicità delle informazioni, spesso tra loro contrastanti. Il caffè fa male? Ma no, ci sono studi che sostengono il contrario. Vuoi essere magra come una modella? Ecco quello che devi fare. Trovata una nuova cura per il cancro

Non dico che internet non abbia facilitato la ricerca delle informazioni, aperto le porte verso meandri della conoscenza un tempo inesplorabili. Ma tutto deve essere assistito dalle proprie o altrui competenze rigorosamente comprovate. E in questo la cultura del sapere e una buona dose di (sana) educazione filiale possono giocare un ruolo decisivo.

In altri termini c’è bisogno della capacità di discernimento per distinguere le informazioni vere o attendibili da quelle false e tendenziose. Una capacità che può essere acquisita solo attraverso lo sviluppo delle proprie conoscenze culturali.

Perché i mercanti delle parole sono sempre in agguato e possono nuocere più di quanto si pensi.

NON BACIARMI! - PARTE FINALE

Conoscevo il dott. Saggiomo da cinque anni. Dicevano che era il miglior parodontologo che ci fosse in circolazione. Mi fidavo ciecamente di lui e avevo deciso di sottopormi alla sue cure senza avere il minimo dubbio che la terapia potesse fallire.

Al termine del ciclo di visite, che mi erano costate oltre ventimila euro e un prestito con una finanziaria sanguisuga, ero pienamente soddisfatto del risultato ottenuto. Finalmente potevo sorridere liberamente senza dover mettere la mano davanti alla bocca o desistere nell'approccio con Mafalda, la mia datrice di lavoro di cui mi ero invaghito.

Ora si dirà: come si fa a perdere la testa per una che ha un nome così? Niente di più facile se in palio c’è un posto come direttore nell'azienda. In verità non ero innamorato di Mafalda ma del suo ruolo di comando sì, e direi pure immensamente. Peraltro non era nemmeno granché: sedere basso e seni un pò più grossi di due mandarini, nonostante portasse reggipetti dell’ultima generazione che tuttavia mostravano un rigonfiamento nell'ampia scollatura troppo vistoso e innaturale. Ma aveva dalla sua il portamento, sempre ben vestita e quell'aria da maestrina saputella, forse dovuta alla sua posizione di vertice nell'azienda, che me la faceva apparire terribilmente attraente.

Aspettavo l’occasione, e per uno come me, arrivista e senza scrupoli, l’occasione fa sempre l’uomo ladro. Con una dentatura perfetta potevo dispensare sorrisi a destra e a manca fino ad attirare l’attenzione del “mia” Mafalda che un giorno, finalmente, si accorse di me:

“Hai un sorriso accattivante, Giacomo. In questa azienda c’è bisogno di gente allegra come te.”

Ho raccolto il suo complimento come un invito a nozze.
“Per un’azienda che produce dentifrici, il sorriso è fondamentale. Non credi?”
“Certo. Vedo che sei anche bravo, a giudicare dagli ultimi reports sulle vendite.”
“Ne possiamo discutere meglio se accetti di venire a cena con me stasera”.

Abboccato in pieno. Era la serata della mia vita, quella in cui avrei dovuto esporre tutti i miei progetti a colpi di sorrisi, ammiccanti e maliziosi, pur di entrare nelle grazie di Mafalda. Per l’occasione mi ero vestito a nuovo, con un abitino che mi era costato la bellezza di ottocento euro. Mi ritorneranno di sicuro, pensavo tra me, non appena otterrò il posto di direttore.

Ordinammo della carne: filetto di manzo con insalata mista per lei, ossobuco e patate gratinate per me. Non l’avessi mai fatto. Dopo il primo boccone si scatenò nella mia bocca … l’inferno! Avete presente la demolizione di un palazzo che con un solo colpo viene raso al suolo? Gli incisivi superiori, nuovi di zecca, si staccarono dal loro alloggiamento impastandosi nel pezzo di carne, forse eccessivamente duro, divenendo una cosa sola.

Imbarazzo totale. Il sorriso mi si spense in un attimo come una nuvola grigia apparsa improvvisamente davanti al sole. Risultato: cena interrotta e … tutti a casa!

In macchina, tra me e Mafalda era sceso il silenzio. Non più chiacchiere e risate che avevano animato la nostra conversazione all'andata, ma solo un mutismo assordante nel quale vedevo frantumarsi il sogno di diventare il testimonial dell’ultimo dentifricio prodotto dall'azienda.

Arrivammo al cancello della splendida villa di Mafalda che intanto, per tutto il tragitto, non aveva distolto minimamente lo sguardo davanti a sé. Mi accostai per salutarla e per tutta risposta mi giunsero queste gelide parole:

Non baciarmi!


NON BACIARMI!

Racconto breve in due parti di Vittoriano Borrelli

Ogni riferimento a fatti o a persone reali è puramente casuale.

La prima parte è stata pubblicata in data 5 giugno 2015

UN MENESTRELLO DEI TEMPI MODERNI

Chi ha passione per la cultura non pone limiti al proprio estro ed è pronto a spaziare in qualsiasi ambito di questo fantastico mondo pur di far arrivare al lettore le emozioni più pure e dirette. Potrebbe essere racchiuso in queste poche ma concise parole il ritratto di Bonifacio Vincenzi, bravissimo scrittore calabrese e autore di tante opere interessanti, variegate e poliedriche come il suo curriculum, corposo e ricco di esperienze letterarie.

Dalla prosa alla poesia, dalla promozione di eventi culturali alla recensione di libri, passando per la letteratura per ragazzi con una particolare predilezione per i racconti brevi, tutti scritti con sapienza e abilità stilistica.

Opere come “Shakira, uno sguardo dal cuore”, o come “L’apprendista Babbo Natale”, tanto per citarne alcune del suo vasto repertorio, sono raccontate con quella capacità di sintesi narrativa appannaggio di pochi, che gli vale il riconoscimento, almeno secondo il mio personale giudizio, di un cantastorie evoluto e ben proiettato nel terzo millennio. Un menestrello dei tempi moderni.

Ma ecco l'intervista:


IO: Hai un curriculum di tutto rispetto. Una produzione letteraria significativa e condita da esperienze di vario genere nel campo culturale: giornalista, scrittore, poeta, recensore, direttore di premi culturali. In quale di questi ruoli ti trovi particolarmente a tuo agio?

BONIFACIO VINCENZI:  Ho cominciato che ero giovanissimo pubblicando il mio primo libro di poesie. Ed avevo poco più di vent’anni quando ho organizzato per la Pro Loco del mio paese il mio primo premio nazionale di letteratura. Poi è venuto tutto il resto. Amo moltissimo la poesia, la narrativa e il teatro. Ma in più di trentacinque anni di attività ho diretto due riviste letterarie importanti. Sedici volumi in tutto, in parte monografici, dove ci siamo occupati dei maggiori scrittori italiani del novecento. Senza contare che ho prefato, recensito, presentato centinaia di libri e di autori. Alla luce di tutto questo,  credo che non sia affatto esagerato affermare che ormai mi trovo a mio agio in tutto ciò che decido di fare.

IO: Hai sviluppato una particolare predilezione per i racconti brevi. In molti dei tuoi lavori il filone della storia breve sembra una costante. Perché questa scelta? Ti sei ispirato a qualche famoso novelliere?

BONIFACIO VINCENZI: In questo caso la risposta temo che sia molto più banale. Gli anni delle riviste e i venticinque anni  in cui sono stato presidente dell’Istituto Culturale della Calabria “Il Musagete” mi hanno portato via moltissimo tempo. La scelta è stata obbligata. Non potevo andare oltre la storia breve, non avevo il tempo per poter dare alle mie storie un respiro più lungo.

IO: Il tema dell’omicidio che affronti nella tua ultima opera, “Testimone un cane e altri racconti è di grande attualità. Perché hai scelto di soffermarti sul profilo psicologico di chi è autore di questi orrendi crimini?

BONIFACIO VINCENZI: Per cercare di capire. Ci si sofferma sempre sulla vittima. È un fatto istintivo, emozionale, sacrosanto. Ma il problema non è mai la vittima. La vittima è sempre e comunque innocente. La domanda che continuo a pormi è sempre la stessa: cosa spinge un uomo a uccidere in modo così efferato la donna che dice di amare?  Quanto di se stesso è presente quando decide di farlo? Dovremmo soffermarci molto di più sul carnefice. Certo, condannarli sempre e comunque, come accade anche nella storia che racconto. Ma anche cercare di capire per poter  fermare il mostro prima che uccida.

IO: Secondo te c’è una responsabilità sociale nei confronti di tanti episodi di cronaca nera che accadono quotidianamente?

BONIFACIO VINCENZI: Non credo. Come tutti, sono infastidito dal fatto che i mezzi di comunicazione di massa diano troppo la precedenza alla cronaca nera. Non credo affatto che lo facciano per insegnarci qualcosa sulla nostra società attuale. Hanno altri interessi, l’audience, la pubblicità, ecc. Mi piacerebbe vedere  in televisione un programma in prima serata con poche centinaia di migliaia di spettatori senza che venga poi soppresso il giorno dopo. Questo sarebbe l’unico modo sano per tentare di migliorare la società e il genere umano. Invece si preferisce seguire i gusti delle masse che certo non sono  edificanti. Ritornando alla domanda, il concetto di responsabilità sociale è un concetto molto discutibile. Non è uno  o più episodi di violenza che colpiscono molto a farci avere un’idea chiara della società in cui viviamo. A mio avviso c’era molta più violenza privata  intrafamiliare  un secolo fa che nei giorni nostri. Più corretto, per un buon giornalista, sarebbe fare un discorso di come le istituzioni reagiscono concretamente di fronte a certi gravi episodi di violenza,  invece di accamparsi per mesi davanti alle case degli assassini.

IO: In “Shakira-uno sguardo dal cuore” la struttura della storia è un intercalare di emozioni e di stati d’animo raccontati a vari livelli. L’opera non tradisce le attese del titolo: favoleggiante e a tratti anche intimistica. Cosa ti ha spinto a scrivere un libro su un personaggio così famoso come la pop star colombiana?

BONIFACIO VINCENZI: Ho da sempre un grande amore verso la figura e l’opera di Gabriel Garcia Márquez. Una volta lessi per caso una sua dichiarazione in cui lui parlava in toni entusiastici della pop star colombiana. La cosa mi colpì moltissimo. Io allora di Shakira conoscevo solo il nome. Quando decisi di approfondire per conoscerla meglio capii perfettamente la visione dell’autore di “Cent’anni di solitudine”. Shakira è molto più di una semplice cantante e chi leggerà il mio libro capirà  perché.

IO: L’apprendista Babbo Natale”, altra tua opera ben raccontata, rievoca nello stile le bellissime storie di Gianni Rodari. Qual è il tuo rapporto con la letteratura per ragazzi?

BONIFACIO VINCENZI: Un rapporto bellissimo e appagante. Proprio in questi giorni ho finito l’ultimo mio romanzo per ragazzi: “Il mondo di CeileStoria di un bambino etrusco” dove mi sono divertito a immaginare la quotidianità  di un bambino al tempo degli etruschi. E a settembre usciranno per una casa editrice romana i primi due episodi di “Zoira & Max”, una gatta e un cane che non fanno che litigare dalla mattina alla sera ma che nei momenti importanti dimostrano sempre quanto sia solido il loro rapporto di amicizia. Decisamente questo genere mi appassiona molto, merito anche dell’illustratrice Germana Di Rago con cui collaboro da tantissimi anni. È lei che illustra tutte le mie opere per ragazzi e devo darle il giusto merito perché, se non fosse stata per la sua insistenza,  molte opere neppure le avrei scritte.

IO: La figura femminile è spesso al centro di molte delle tue opere come “Per sole donne-Un amore di carta”.  Qual è il messaggio che hai voluto diffondere?

BONIFACIO VINCENZI:  Il messaggio è uno soltanto: una donna la si può solo amare e un uomo che eserciti un qualsiasi tipo di violenza su di lei non è degno di appartenere al genere umano.

IO: La poliedricità che ti contraddistingue è un punto di forza della tua carriera letteraria o è piuttosto la risultante della tua grande passione per la cultura?

BONIFACIO VINCENZI: Non so se sia o meno un punto di forza. Quello che so per certo è che è, come dici tu, la risultante della mia grande passione per la cultura.

IO: Con lo sviluppo delle nuove tecnologie informatiche per la diffusione on-line della lettura pensi che la cultura ci abbia guadagnato?

BONIFACIO VINCENZI: È ancora difficile pronunciarsi in proposito. Adesso veramente pubblicano tutti. Centinaia di migliaia di libri si accumulano in  rete e la confusione regna sovrana. Comunque i tempi cambiano e bisogna adeguarsi anche se penso che il cartaceo è difficile che scompaia del tutto.

IO: Hai altre passioni oltre alla letteratura?

BONIFACIO VINCENZI: In gioventù ho avuto una grande passione per il calcio. Ce l’ho ancora anche se ormai sono anni che non tiro più un calcio ad un pallone. Proprio in questi giorni ho iniziato a scrivere un libro sul grande Torino. È un progetto che accarezzavo da tempo perché adoro questa squadra e non soltanto per le gesta calcistiche. Sarà un percorso, come al solito, sul filo delle emozioni. Il libro riuscirò a finirlo, credo, questo autunno.

IO: Quali sono i tuoi progetti futuri?

BONIFACIO VINCENZI: Come ti dicevo ho molti libri in uscita. A luglio con LietoColle uscirà la mia raccolta di poesie “Le bambine di Carroll”; a settembre usciranno i primi due episodi di “Zoira & Max”. Ho un romanzo di letteratura fantastica pronto, “Il raduno”, ma che non pubblicherò subito anche perché mi piace molto seguire i miei libri e da luglio a ottobre sarò impegnato con la promozione del  libro di poesie. E poi, come ti dicevo, voglio finire al più presto il mio libro sul grande Torino.

IO: Dove si possono trovare le tue opere?

BONIFACIO VINCENZI: I miei libri, sia cartacei che gli e-book, si  possono trovare  nelle maggiori librerie on-line:  Amazon, IBS, Libreria Rizzoli, Kobo Books, ecc. Oppure, ordinandoli direttamente presso la casa editrice.

IO: Grazie per l’intervista. I miei in bocca al lupo per tutto quanto desideri.

NON BACIARMI!

Gira a destra. Gira a sinistra. Esegui un’inversione a U consentita.” Il navigatore della mia auto ha deciso di farmi impazzire in mezzo a queste strade sconosciute in cui mi sto perdendo senza trovare l’indirizzo giusto. Uno zig-zag da far rabbrividire persino gli automobilisti più esperti, quelli che fanno dell’asfalto il loro percorso di vita quotidiana. Fortuna che c’è poco traffico e a parte qualche colpo di clacson e invettive del tipo “Ma chi ti ha dato la patente?”, riesco finalmente ad arrivare a destinazione.

Scendo dalla macchina visibilmente intontito, come se fossi approdato da quelle parti con un atterraggio di fortuna, mi sistemo il soprabito e mi guardo intorno. Una fila di palazzi, tutti di color grigio, mi appare davanti assemblandosi perfettamente allo scenario autunnale di questa giornata di fine ottobre. Tiro dalla tasca della giacca un foglietto sul quale avevo annotato l’indirizzo e controllo il numero civico: 279, lo stesso che leggo sulla targa di un vecchio portone a pochi metri da dove ho posteggiato.

Entro nell'ampio androne che si presenta con due ingressi laterali e al centro una guardiola nella quale troneggia un omino annoiato e tarchiato che mi fa cenno di avvicinarmi:
“Chi sta cercando?”
“Il dott. Saggiomo, il dentista.”
“Scala A, a destra, primo piano”.

La segretaria occhialuta mi accoglie con un sorriso di cortesia facendomi accomodare nella sala d’aspetto piena di poltrone in pelle, tavolini bassi con riviste sparse sui ripiani in vetro e un ficus rigoglioso all'angolo delle due finestre. Non ci sono altri pazienti, decido di restare in piedi fingendo di concentrarmi sull'orologio appeso alla parete che dà sul corridoio. Segna le 19 e 40 e d’istinto lo confronto con il mio che invece è avanti di qualche minuto.

“Sig. Ferri, venga pure.”

Sono di spalle ma riconosco la voce inconfondibile del dott. Saggiomo.  Mi giro e lo vedo con il suo fedele camice bianco che mi sorride mostrandomi una dentatura perfetta e bianchissima. Tutti i dentisti sono così. Non hanno la minima carie o macchiolina che sia visibile al microscopio. Per forza! Con tutto quello che guadagnano se lo possono permettere.

“Ha avuto difficoltà a trovare il mio nuovo indirizzo?” Per niente, solo qualche epiteto e il rischio di essere fermato da una volante, penso tra me.

“Mi sono trasferito da poco. Il vecchio studio era diventato troppo piccolo per me.” Ma guarda! Non sarà forse per le parcelle salatissime che appioppi a noi poveri clienti? Brutto deficiente! Continuo a rimanere in silenzio ma i pensieri galoppano a tutta velocità.

Il dott. Saggiomo mi dice di stendermi sul lettino e intanto si volta per tirare fuori da un cassettino quello che serve per la visita. Rimango in piedi e aspetto. Ecco che si gira verso di me e a quel punto estraggo la pistola dalla tasca. Non ci penso un attimo, partono due colpi che lo trafiggono proprio al centro del petto. Lascio cadere l’arma e scappo via. 
(Continua)
SECONDO TE PERCHÉ' IL PROTAGONISTA DI QUESTO RACCONTO BREVE DECIDE DI SPARARE AL DENTISTA? PROVA AD INDOVINARE IL FINALE PRIMA DELLA SECONDA PARTE CHE SARA' PUBBLICATA IL GIORNO 12 GIUGNO 2015.