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Faccio
la vita da quando … è passato così tanto tempo che non ricordo più da
quando ho iniziato a battere il marciapiede. Necessità? Senso di colpa?
Piacere di farmi del male? Forse saranno state tutte queste cose messe insieme
o forse nessuna perché certe scelte sono così forti e innaturali che non c’è
mai una ragione per giustificarle.
Mi
chiamo Generosa, nome che mia madre mi donò come simbolo della sua
battaglia sociale a favore dei poveri e dei derelitti. Faceva
parte di un’associazione di volontariato dedita agli emarginati, ai disadattati
e sventurati del pianeta, sempre presa a organizzare campagne e iniziative in
difesa dei diritti civili. L’ho delusa, come ho deluso tante altre
persone che hanno scommesso improvvidamente su di me.
Se
non ricordo gli anni che avevo quando tutto è iniziato, ho invece ben presente
le circostanze che mi hanno indotto ad imboccare quella che per i benpensanti
è la strada della perdizione e della maledizione eterna. Non parlo della
ragione principale, la si capirà dal mio racconto, ma di un aspetto particolare
che fa da cornice a questo “lavoro”: il fuoco.
Bambina
passavo ore intere seduta sulle ginocchia di mio padre a guardare il camino
di casa mia. Ero affascinata dalle fiamme che si sprigionavano dai ceppi
rosolati, ampie e folgoranti che m’inondavano di calore e di vitalità.
Quasi mi commuovevo nell'assistere a quello spettacolo luminoso fatto di scintille
intermittenti che si perdevano e si rigeneravano nell'aria, e dallo scoppiettio
della legna bruciata che scandiva lo scorrere del tempo dei miei inverni
di città.
Il
fuoco, si sa, viene utilizzato dalle prostitute non solo per segnalare
la loro presenza ai clienti, ma anche per tenere ben caldo le loro parti intime
per proporle nelle migliori condizioni possibili. Per me ha rappresentato per
un certo numero di anni la verginità. Come le Vestali, vergini
per antonomasia, che utilizzavano il fuoco a simbolo della loro purezza eterna.
Dopo
aver perso la mia innocenza mi è rimasto il fuoco quale unico appiglio che
mi ha tenuta legata, sia pure solo idealmente, al ricordo della bambina
che ero stata un tempo e che il tempo stesso aveva voluto seppellire in qualche
parte di me. Per sempre.
Da
un giorno all'altro ho abbandonato la mia infanzia diventando la donna
che sono adesso. Ho cambiato il mio nome in “Genè”, un francesismo che ho utilizzato per
dare un tocco di esotico al mio personaggio e ho acceso tanti di quei falò
per sentirmi ancora viva tra le fiamme mentre tutto si spegneva dentro di me.
Con
gli uomini ho voluto però fare un patto: niente mani su di me,
sarei stata io a condurre il gioco, a procurar loro quel piacere tanto
effimero quanto evanescente facendo uso esclusivamente del linguaggio antico
del mio corpo.
Ci sono riuscita con la gran parte dei miei clienti,
ubbidienti e qualcuno anche masochista. Per gli altri un po’ focosi ci pensava
Gaetano, il mio compagno, a ristabilire le regole. Era soprannominato “Lo
spostato” per i suoi modi bruschi e frequenti scatti d’ira, da troglodita incivilizzato
ma a me ha fatto comodo almeno fino a quando è durata la mia esperienza sulla
strada.
Ora
mi sono messa in proprio. Ricevo i clienti nel mio attico al quartiere Parioli
di Roma. Sono diventata una prostituta di lusso …
(continua)
(La
seconda e ultima parte de “Le mani su di me” sarà pubblicata sabato
2 aprile 2016. Per intanto pensaci: perché Generosa non vuole essere
toccata da nessuno?).
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