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Agli
inizi della mia carriera di segretario comunale litigai con un sindaco perché pretendeva di interferire
nell'esercizio di funzioni di mia esclusiva competenza. Ero in posizione di fuori
ruolo e sapevo che dopo quell'episodio avrei potuto perdere l’incarico.
Ma di fronte a quella che ritenevo un’indebita intromissione in
questioni di particolare rilievo per la legalità dell’attività amministrativa,
preferii non abbassare la testa difendendo quei valori di correttezza e
di professionalità che hanno poi contrassegnato tutto il mio percorso
lavorativo.
In
seguito i rapporti con quel sindaco si rasserenarono al punto che un giorno,
presentandosi nel mio ufficio, mi riferì di aver parlato con il Prefetto
chiedendogli di confermarmi nell’incarico. “Non me lo tocchi” furono le
sue testuali parole, cosa che mi inorgoglì dandomi la spinta giusta per
affrontare sempre con maggior piglio e convinzione ogni altro genere di
difficoltà.
Ho
raccontato questo episodio perché penso che nella vita si debba
sempre agire con dei valori saldi e indefettibili che valgono
molto più di qualsiasi gratificazione materiale od economica. A costo
anche di rinunciare a qualche facile “scalata” come mi è capitato
nel corso della mia esperienza professionale.
Mi è
costato fatica non tanto per il valore della rinuncia, di cui non ho
alcun rimpianto, quanto piuttosto per una certa sofferenza che ho
dovuto elaborare nel portare avanti le mie idee facendo leva esclusivamente sulle
mie forze, giacché scelte di questo tipo sono a volte impopolari e
possono apparire incomprensibili per chi ha un diverso metro di giudizio.
Nel
mio ultimo libro, “Spunti dal mio lavoro”, ho parlato nelle premesse della solitudine
professionale del segretario comunale, figura “che sovrintende al funzionamento di
tutte le attività comunali (nessuna esclusa), ma non ha colleghi d’ufficio.”
Proprio
questa unicità ha in sé onori e oneri: non è semplice concentrare in
capo ad una sola persona responsabilità rilevanti e variegate. E’ un peso che
richiede forza e determinazione volitiva per affrontare nel miglior modo
possibile le insidie che si possono presentare (e si presentano) quotidianamente.
Ancor
di più se si considera uno degli aspetti di questa professione, ovvero quella difesa
della legalità, oggi tanto discussa nel progetto di riforma della pubblica
amministrazione all'esame del Parlamento.
E’
un tema che ricorre ciclicamente: è accaduto per tangentopoli e ora se
ne riparla (non sempre con cognizione e obiettività di giudizio) dopo la
dilagante corruzione che ha fatto abbassare di molto il livello di
fiducia verso le istituzioni. Sicché difendere certi valori sa di antico
e di anacronistico di fronte all'imperante “fai da te” o del “così
fan tutti” dell’odierno malcostume.
Insomma
essere integerrimi (o provare ad esserlo), costa. E a volte il prezzo
è salato rispetto a certe tendenze sociali che fanno della cultura della
legalità un cimelio d’altri tempi.
Ma non
mi vendo per questo, convinto che nulla ha più valore che guardare in
faccia alla vita con l’orgoglio e la fierezza di un sorriso.
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