IL DISPREZZO

“Io ti disprezzo...ecco quello che provo per te, ed ecco il motivo per cui non ti amo più...Ti disprezzo e mi fai schifo ogni volta che mi tocchi...Eccola la verità...ti disprezzo e mi fai schifo.”
E’ uno dei passaggi più forti del romanzo di Alberto Moravia intitolato, per l’appunto, “Il disprezzo”.

Pubblicato nel 1954, il romanzo racconta la crisi coniugale tra Emilia e Riccardo che si risolverà in una rottura senz’appello dovuta sostanzialmente ai comportamenti omissivi del marito. Il disprezzo è quindi la risultante di qualcosa che non è stato fatto più che di azioni commesse, di atteggiamenti attivi e orientativi del mènage familiare verso una direzione precisa e voluta.

Riccardo fa lo sceneggiatore cinematografico ma è scontento del suo lavoro perché lo ritiene mortificante, avvilente ed intellettualmente alienante. Un lavoro che non lo appaga perché eseguito secondo logiche di marketing,  di esigenze produttive e di guadagno che prescindono dalla qualità di ciò che viene rappresentato sulla scena cinematografica.

Impegnato a risolvere questa sua insoddisfazione professionale, Riccardo finirà col trascurare la moglie spingendola nelle braccia del suo produttore senza muovere un dito per evitarlo. Di qui l’omissione, la disattenzione voluta o inconsapevole che farà scivolare il rapporto coniugale in una fine inevitabile in cui l’unica cosa che emerge come tangibile e irrevocabile è il disprezzo, ovvero un cumulo di sentimenti repulsivi e reiettivi di condotte profondamente deludenti.

“Ciò che mi faceva soffrire di più, naturalmente, era la nozione di essere adesso non soltanto non più amato,ma anche disprezzato; però, incapace del tutto di trovare un motivo qualsiasi, anche il più leggero, per questo disprezzo, provavo un senso violento di ingiustizia e, insieme, insieme, il timore che, in realtà,ingiustizia non ci fosse e che il disprezzo fosse obbiettivamente fondato e che io non me ne rendessi conto, mentre per gli altri era cosa evidente. [...] Ora, ecco, quella frase di Emilia mi faceva sospettare per la prima volta di non conoscermi né giudicarmi qual ero, e di essermi sempre adulato, fuori di ogni verità .”

I grandi romanzi non muoiono mai quando sanno rappresentare la coscienza individuale e sociale in tutte le sue dinamiche evolutive o involutive ma ben connotabili e contraddistinguibili al di là del tempo e delle sue trasformazioni. Il disprezzo di Moravia si colloca a pieni voti tra le opere di una letteratura di assoluta qualità e pregevolezza.

Oggi, a distanza di oltre sessant'anni dall'uscita  non si può non cogliere l’attualità dei temi trattati dall'opera di Moravia, perché personaggi come Riccardo ed Emilia sono facilmente rintracciabili nel mondo contemporaneo, alla stregua dei focolai del disprezzo che germogliano nella società del terzo millennio, a sua volta, disprezzante e disprezzata.

Quante delle nostre delusioni sono figlie del disprezzo? Di sentimenti corroboranti del più profondo rancore verso persone che agiscono (o non agiscono) secondo le nostre aspettative e desideri? Spesso ben poco si può fare per cambiare le cose e soprattutto le persone che abbiamo creduto di amare e che invece abbiamo solo idealizzato confinandole, ad un certo punto del nostro percorso, in un limbo indefinito e impalpabile al nostro risveglio.

Ed è un risveglio amaro in cui null'altro resta se non il disprezzo.



QUESTO NON LO SCRIVA

“La società che gestisce l’acquedotto fa acqua da tutte le parti con un bilancio che ha più buchi di un colino da cucina, ma questo non lo scriva.”

“E allora cosa scrivo?”

“Che la società si sta impegnando per portare l’acqua nelle zone dove manca. Quanto al bilancio scriva pure che a breve ci sarà l’aumento del capitale sociale che ripianerà tutte le perdite.”

“E le lettere di protesta?”

“Hanno ragione. Quei deficienti dell’azienda si sono dati alla pazza gioia sperperando in poco tempo i fondi ricevuti. Che coglioni! Invece di far quadrare i conti hanno pensato bene ad organizzare festini, gite in barca o a rimpinzarsi nei migliori ristoranti della città. Ma questo non lo scriva.”

“Cosa scrivo allora?”

“Che la società può contare sulle migliori professionalità che ci sono in circolazione. Tutta gente che ha studiato nelle scuole più esclusive, che ha conseguito masters in Inghilterra, negli Stati Uniti e in Cina. Sì, ci metta anche la Cina che ormai è di moda e fa tanto trendy. Quanto alle proteste scriva pure che è una macchinazione della concorrenza per denigrare una società solida e assolutamente affidabile.”

“Ci sarebbe la signora Pizzaballa.”

“Cosa vuole?”

“Ha minacciato di portarla in tribunale per quella faccenda dell’occupazione abusiva dei suoi terreni.”

“La Pizzaballa è, di nome e di fatto, una pizza e una rompiballe. E’ così brutta che per andarci a letto ci vorrebbe un cuscino da metterle sulla faccia. Ma questo, ovviamente, non lo scriva.”

“Cosa scrivo?”

“Che la società è grata alla signora Pizzaballa, anima gentile e generosa, con la quale troverà al più presto un accordo.”

“Un’ultima cosa. Al ricevimento ci saranno tante personalità importanti: politici, prelati, manager dell’alta finanza. Non teme che qualcuno possa metterla in difficoltà per la questione dell’acqua inquinata alla frazione Beverelli?

“Sono tutte bestie addomesticate o, se preferisce, vermiciattoli che strisciano sui muri di palazzi sontuosi e incantevoli. Hanno avuto il loro premio personale e ora possono gongolarsi in poltrone comode e confortevoli. Ci scommetto la testa che nessuno dirà una parola fuori posto. Ma questo, siamo intesi, non lo scriva.”

“E di loro cosa scrivo?”

“Che la società è onorata di essere circondata da tante personalità importanti e di alto profilo.”

L’indomani la notizia appare su tutti i giornali:

“Grande successo alla serata di gala per festeggiare il ventesimo anniversario dalla fondazione della società Servizi per voi . Il patron è stato accolto da un bagno di folla accompagnato dalla signora Pizzaballa che nell'occasione ha sfoggiato un collier di diamanti regalatole, secondo voci di corridoio, dallo stesso padrone di casa. I due hanno annunciato il matrimonio tra i loro rispettivi nipoti con la benedizione di Monsignor Bellavista, presente all'evento. Nella sala delle conferenze ha sfilato tutto lo staff dirigenziale dell’azienda che ha ricevuto dal sindaco una medaglia con il simbolo delle quattro fontanelle della città. Nel corso della celebrazione è stato lanciato il nuovo prodotto Acqua Sana, ricavato dalla sorgente Beverelli e distribuito in omaggio a tutti i convitati. Numerose le personalità politiche presenti, tutte di spessore, che hanno reso ancora più prestigioso l’evento con interventi mirati e di forte impatto comunicativo.”

“Complimenti! E’ stato un trionfo.”

“Aveva qualche dubbio?”

“Nessuno. Tutto è andato secondo le sue aspettative.”

“Direi tutto secondo i piani. Ora potrò godermi la prima de Il camaleonte e le altre.”

“L’opera di Fregoli? Il famoso trasformista?”

“Quello. Non me la perderei per niente al mondo.”

“Devo scrivere qualcosa?”

“Sarò in prima fila con la mia dolce metà e mi farò tante risate. Questo lo scriva, lo scriva pure.”


QUESTO NON LO SCRIVA

Racconto breve
di
Vittoriano Borrelli


(Ogni riferimento a fatti o a personaggi della realtà è puramente casuale)

VIVA LA MAMMA

Nessun amore può pareggiare quello materno. E’unico e indissolubile come un cordone ombelicale che non si spezza mai nemmeno dopo il primo sguardo alla vita. Siamo figli delle donne e con le donne abbiamo suggellato questo patto di mutua filiarità che sta innanzitutto nella natura delle cose e del loro spontaneo divenire.

In occasione della festa della mamma, è doveroso rendere omaggio a questa importante figura genitoriale che si fa sentire anche (e forse soprattutto) quando non c’è. Nella nostra infanzia sono tanti i ricordi che ci legano a chi ci ha messo al mondo regalandoci quello che è il dono più grande: la vita.

Sono ricordi che spesso associamo a qualche oggetto in particolare come il grembiule da cucina, il fazzoletto bagnato sulla fronte quando avevamo la febbre, o a momenti dolci e rituali come il tenersi per mano la mattina per andare a scuola.

Nel mondo delle canzonette (ma anche della letteratura) sono tantissimi gli attestati, le dediche e i pensieri alla mamma e oggi voglio citarne alcuni:

Chi asciugava i pianti miei
mamma buona era lei
In cucina cucinava
mamma cuoca canticchiava …
(canzone indimenticabile dello Zecchino d’oro del 1976, interpretata più tardi anche da Iva Zanicchi)

Son tutte belle le mamme del mondo
quando un bambino si stringono al cuor …”
(famoso refrain del duo Gino Latilla e Giorgio Consolini al festival di Sanremo del 1954).

Viva la mamma
affezionata a quella gonna un po’ lunga
così elegantemente anni cinquanta
sempre così sincera …”,
(la hit di Edoardo Bennato che spopolò nell'estate del 1989).

Le mamme sognano
 le mamme invecchiano
 le mamme si amano
ma ti amano di più”.
(Toto Cutugno al festival di Sanremo del 1989)

E c’è anche la mia canzone dedicata a mia madre che ho fatto incidere sulla sua lapide:

Mia madre ha gli occhi bagnati da un’eternità
e gli anni che sono passati son pieni di semplicità
E chiacchiera con una vicina
La senti cantare canzoni di ieri in cucina …”

Auguri a tutte le mamme del mondo. A quelle che ci sono e a quelle che ci guardano da lassù.

LE PERSONE SBAGLIATE

Siamo in miliardi che popolano questo pianeta e ognuno di noi è un puntino rispetto al groviglio umano dal quale è circondato. In questo marasma di individui, singoli o associati, non è sempre agevole trovarsi a proprio agio con chi ci si relaziona, a volte per scelta, ma più spesso per necessità.

Si dice che abbiamo sette sosia, sette affinità elettive disperse nel mondo ma ci imbattiamo e qualche volta ci innamoriamo delle persone sbagliate. Sarà forse per fatalismo o per scarso successo nella selezione delle migliori compagnie, quelle che dovrebbero farci stare bene e magari aiutarci nel nostro percorso di crescita.

C’è chi per carattere, capacità di adattamento o spirito camaleontico riesce ad indossare il vestito più adatto a seconda della personalità dell’interlocutore. Tanto di cappello a chi riesce nell’impresa di stare bene con gli altri anche quando si ha poco o niente in comune.

Ma, come ho detto, siamo una moltitudine variegata e diversificata nella quale i rapporti sociali difettano sovente di quella solidità affettiva in grado di corroborarli e renderli durevoli. Non è un caso che le notizie di cronaca, specie negli ultimi tempi, abbondano di episodi di insofferenza relazionale e di emarginazione a vasta scala che sfociano, purtroppo, in azioni di violenza e finanche delittuose.

Senza voler estremizzare, esiste un problema di convivenza civile di cui non si può far finta di niente e che spesso è la risultante di variabili impazzite, di combinazioni incontrollate e incontrollabili che ci fanno incappare in persone lontanissime dal nostro modo di essere di cui però non sappiamo farne a meno. In gergo si parla di cattive compagnie dalle quali saremmo attratti per debolezza, per circostanza, calcolo o semplicemente per volere del destino.

Ma il disagio è più sottile perché le persone sbagliate sono a loro volta stratificate, subdole, fuorvianti, confondibili in una perfezione apparente e pericolosa. E le incontriamo sempre nel momento sbagliato quando le nostre difese immunitarie sono deficitarie e vulnerabili.

Si sa che la vita è fatta d’incontri, a volte fortunati, altre volte miseri.

Misere le persone sbagliate che ti fanno sentire sbagliato e non ti perdonano niente dopo averti strappato il cuore e rosicchiato ogni cosa di te prima di voltarti le spalle lasciandoti al tuo destino in un giorno qualunque.

Perfide le persone sbagliate che ti fanno innamorare con le loro maschere a colori e sorrisi ammiccanti.

Povere le persone sbagliate nella loro finta ricchezza d’animo, adescanti giacigli che ti fanno precipitare nel vuoto. 

Il vuoto che resta quando tutto passa e si consuma.

MAGGIO



Guardo questo giorno chiaro
respiro il vento di collina
Si alza il solito sipario
tutto mi sembra cartolina
Si vede sai che è già mattina

Le tue strade sconosciute
che non ho trovato mai
tu mi hai amato nel passato
con l'entusiasmo consumato

Ora sì che ci sto bene
in mezzo a tanta indifferenza
forse sono un po’ cambiato
ma chissà se l'ho notato
Vivo ancora da sbandato

E il pensiero ormai cattura
quest’amara convinzione
di averti un po’ nascosta
dietro questa vita

E' maggio ed io sorrido già
per un'altra ora che finirà
E sto così per fatti miei
anche se poi qui ti vorrei
E' maggio e portami con te

Maggio che raccoglie il tempo
di un'antica primavera
Maggio che mi osserva e tace
non ha parole da buttare
Maggio che non è più tale

Ed io ancora mi addormento
col tramonto di una luce
che da questa grande stanza
si vede ormai in lontananza

E' maggio ed io già vado via
non c'è più niente che mi trattiene
E maggio poi va un po’ più in là
e aspetta chi non tornerà

E maggio poi muore così
portandosi via sulla sua scia
ciò che avrei voluto dirti