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Da
qualche mese mia moglie Lavinia esce tutte le mattine alle otto
in punto. Nulla di strano se dovesse andare al lavoro o portare i bambini a
scuola. Il fatto è che non abbiamo figli e l’unica occupazione preferita della
mia consorte è sbrigare le faccende domestiche, cucinare o farsi trovare pronta
per andare da qualche parte.
Quella
della casalinga è sempre stato il sogno di Lavinia: “Voglio occuparmi
di te e della casa”, diceva da fidanzati, “quando ci sposeremo
sarò completamente a tua disposizione, giorno e notte” prometteva pronunciando le ultime paroline con un sorriso ammiccante. Insomma, due cuori e
una capanna secondo il disegno di Lavinia, donna minuta e un po’ casual
ma con le idee ben chiare.
E
invece, come dicevo, da qualche tempo Lavinia ha cominciato a dare segni di frustrazione
del suo essere casalinga e moglie a trecentosessanta gradi. Tutto è iniziato
con comportamenti più o meno espliciti: dalle attività culinarie scadenti e
frettolose, come la pasta al burro o il riso scondito al posto di gustosi manicaretti,
per passare alle altre necessità quotidiane come i vestiti da portare in
lavanderia anziché curarli personalmente o alle pulizie della casa, un
tempo accurate, e adesso discontinue e superficiali.
“Voglio
uscire, fare qualcos'altro,” ha cominciato a protestare, “questa casa mi
sta stretta”.
E
così mia moglie ha preso a stare fuori tutto il giorno non per recarsi al
lavoro ma facendo “finta" di andarci. “Di trovarmi
un’occupazione non se ne parla, non c’è niente che mi piace. Facciamo così:
ogni mattina esco come fai te ma con una differenza: tu al lavoro ci vai
davvero, io invece farò finta di andarci, così m’illudo di tenermi impegnata.”
L’ho
assecondata per il grande amore che ho per lei, ma da quel momento … non
l’ho vista più!
Si può dire che il ricordo quotidiano che ho di mia moglie è tutto racchiuso in un rito monotono e cadenzato della mattina presto che a volte mi fa pensare di essermelo soltanto immaginato.
Si può dire che il ricordo quotidiano che ho di mia moglie è tutto racchiuso in un rito monotono e cadenzato della mattina presto che a volte mi fa pensare di essermelo soltanto immaginato.
Ecco
che la vedo svegliarsi alla sei in punto, andare in bagno, farsi la doccia,
passare in cucina per preparare il caffè e tornare subito dopo in camera da
letto per vestirsi e truccarsi con particolare premura come se temesse sempre
di fare tardi.
“Cos'è tutta questa fretta? Non devi mica andare al
lavoro!”
“Ho
il bus che mi parte alle 8:10, e poi lo sai.”
“Cosa?”
“Lo
sai che mi piace farlo anche se solo per finta. Ma c’è anche un altro motivo.”
“Quale?”
“
Osservare le persone, le loro facce cupe e assonnate. Mi piace leggere nei loro
occhi tutta la frustrazione per un lavoro che magari odiano e che invece sono
costretti a farlo.”
“E
hai bisogno di tutta questa messinscena? Basta che ti affacci alla finestra, la
fermata del bus è proprio sotto casa. La gente la puoi osservare comodamente anche da qui.”
“Spiritoso!”
Questa
è più o meno la discussione che abbiamo quasi tutte le mattine. Ma non c’è
verso per convincere Lavinia a ritornare ad essere quella di un tempo: una
casalinga e una moglie perfetta. Anzi, a furia di praticare questo rito
insolito ed inspiegabile è diventata anche lei una pendolare a tutti gli
effetti: stesso sguardo vuoto e malinconico come se davvero fosse alle prese
con un lavoro che non ama. A volte passando in macchina alla fermata
dell’autobus la vedo confondersi con il solito gruppetto di lavoratori che
quasi non la riconosco più. Come un camaleonte mimetizzatosi in mezzo ad
una folla anonima da divenire una macchia umana fra le tante, senza
volto e senza nome.
____________________________________________
Ho
deciso di seguire Lavinia come un detective dell’ultima ora. La scusa di
volersi sentire utile simulando la parte della lavoratrice impegnata non
mi ha mai convinto. Oltretutto mia moglie è sempre stata vaga nel raccontarmi
il resoconto della giornata, limitandosi a ragguagliarmi su generiche puntate
ai negozi del centro o ai musei.
“Da
quando in qua ti piace l’arte?”
“Non
mi è venuta la passione per i quadri. Lo faccio per i custodi.”
“I
custodi?”
“Quelli
che vigilano nelle sale di esposizione. Sono così spenti e annoiati!”
“Già,
la frustrazione! Dì un po’, non sei mica diventata comunista?”
Silenzio.
Reazione tipica di Lavinia quando si sente alle strette. Non ho voluto indagare
oltre e mi sono concentrato sul mio piano di “inseguimento” nei
confronti di una donna divenuta improvvisamente misteriosa e sfuggente.
Una
di quelle mattine mi sono svegliato prima di lei con la scusa di dover andare
fuori città. Sono uscito alle 7:30 e ho postato la macchina dietro la chioma
rigogliosa di un salice piangente, poco distante dalla fermata del bus.
Alle otto in punto ecco Lavinia uscire dal portone e sistemarsi sotto la pensilina
con la solita aria distratta e assente. L’autobus è arrivato puntualmente per
la gioia dell’azienda dei trasporti ma nell'indifferenza generale del gruppo di
pendolari che si è riversato silenzioso e disciplinato al portello per
la salita. Ho iniziato l’inseguimento tenendomi a debita distanza dal mezzo
pubblico ripetendo quasi meccanicamente quello che avevo visto fare in tanti
films polizieschi.
L’aria
pungente dell’autunno novembrino mi ha procurato un brivido nelle
spalle, uno scossone che mi ha fatto dubitare di ciò
che stavo facendo. In fondo ciascuno di noi ha un lato nascosto della propria vita
che vorrebbe tenere al riparo da qualsiasi interferenza esterna. E’ la c.d. teoria degli spazi personali a cui nessuno dovrebbe accedere senza il consenso di chi li
custodisce. Ho scacciato questo pensiero come una mosca al naso convinto del
fatto che il mio ruolo di marito esigesse quanto meno una spiegazione
plausibile sulle sortite mattutine di Lavinia.
L’autobus
è arrivato a Piazza Mercato fermandosi alla pensilina che fronteggia un
negozio di erboristeria. Ho visto Lavinia scendere in tutta fretta e imboccare
subito dopo una stradina laterale. Ho fatto appena in tempo a vedere mia
moglie entrare in uno stabile e ho
posteggiato la macchina sulle strisce gialle riservate ai disabili. “Mi beccherò
una multa, ma fa niente.”
Mi
sono precipitato in quella stradina fermandomi davanti al portone da cui pensavo
che Lavinia fosse entrata poco prima. Il portone è di quelli antichi con la
scritta in mezzo all'arcata “Partito comunista italiano”. Mentre rimugino
sulle targhette del citofono per decidere quale pulsante pigiare, vedo sbucare
a tutta velocità una BMW scura che per poco non m’investe. D’istinto mi
aggrappo alla maniglia del portone e mi volto verso il lunotto dell’auto: qui
incrocio lo sguardo di Lavinia che dall'abitacolo sembra volermi dire qualcosa,
forse una richiesta di aiuto.
‘L’hanno
rapita!’, penso tra me. Lo squillo del cellulare mi ha fatto uscire
dal fermo immagine in cui per un momento mi sono ritrovato osservando la scena
del presunto rapimento di mia moglie. Sul display leggo il messaggio di
Lavinia: “Ti spiego tutto quando torno a casa.” Queste parole mi hanno rassicurato abbandonando ogni proposito di andare alla polizia
per reclamare un esercito di sbirri alla ricerca di una BMW che correva
all'impazzata per la città.
Sono rientrato a casa e ho atteso l’arrivo di mia moglie ascoltando le notizie del telegiornale: l’idea del rapimento non mi era completamente sfumata. Ad un tratto lo speaker fa il seguente annuncio: “Sparatoria all'acciaieria di via Croce. Tre persone sono entrate nell'ufficio di direzione e al grido ‘Viva le brigate rosse’ hanno aperto il fuoco uccidendo il presidente, l’amministratore delegato e la sua segretaria. Pare che alla base della strage ci sia la protesta di un gruppo di operai per le loro pessime condizioni di lavoro. Tra gli autori del pluriomicidio, anche una donna, una certa Lavinia Bellagamba …” Subito dopo viene mostrata la foto di mia moglie che dallo schermo sembra guardare proprio a me, muta ed inespressiva come l’avevo vista poco prima su quella maledetta auto scura.
Sono rientrato a casa e ho atteso l’arrivo di mia moglie ascoltando le notizie del telegiornale: l’idea del rapimento non mi era completamente sfumata. Ad un tratto lo speaker fa il seguente annuncio: “Sparatoria all'acciaieria di via Croce. Tre persone sono entrate nell'ufficio di direzione e al grido ‘Viva le brigate rosse’ hanno aperto il fuoco uccidendo il presidente, l’amministratore delegato e la sua segretaria. Pare che alla base della strage ci sia la protesta di un gruppo di operai per le loro pessime condizioni di lavoro. Tra gli autori del pluriomicidio, anche una donna, una certa Lavinia Bellagamba …” Subito dopo viene mostrata la foto di mia moglie che dallo schermo sembra guardare proprio a me, muta ed inespressiva come l’avevo vista poco prima su quella maledetta auto scura.
Gli
occhi mi si sono riempiti di lacrime e hanno offuscato quell'immagine finché non è svanita nel nulla.
LA MIA DONNA
NON ESISTE
Racconto breve
scritto da
Vittoriano Borrelli
Ogni riferimento a
fatti o a persone reali è puramente casuale
(BLOG RETRO 2015)
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