STORIE DI TUTTI I GIORNI


Vecchi discorsi sempre da fare”, direbbe Riccardo Fogli nella sua hit più famosa che gli valse la vittoria al festival di Sanremo del 1982. La quotidianità che si ripete come un copione che si passa da una mano all'altra in una sorta di catena umana delle ataviche abitudini. Ma le storie non sono mai le stesse e a dimostrarcelo è questo libro, “Storie di segretari comunali”, appena uscito su Amazon e scritto a quattro mani dagli stessi interpreti di un mestiere, forse sconosciuto ai più, ma tanto importante e determinante nell'organizzazione degli enti locali.

Con la prefazione del prof. Santo Fabiano, noto ed apprezzato docente della formazione nella Pubblica Amministrazione, il libro è un mosaico di aneddoti raccontati da alcuni segretari comunali, a tratti anche tragicomici, ma tutti accomunati dallo stesso pathos verso una professione dannatamente amata ed odiata nello stesso tempo. Perle di saggezza etica e frammenti di vita spezzata e subito ricucita come si fa quando si corre ai ripari per far fronte agli incerti di un mestiere tanto affascinante quanto difficile e pieno di insidie.

Ci sono anch'io tra gli autori che racconto un episodio di trent’anni fa quando ero ai primordi della carriera con l’entusiasmo e la spavalderia di chi si appresta ad intraprendere un percorso sconosciuto ed impervio ma, proprio per questo, fortemente calamitante.

A pensarci bene questa spinta iniziale così colorita e quasi faceta rappresenta un po’ il filo conduttore delle storie, il tessuto narrativo che fa da cornice come tanti cerchi concentrici che si allargano o si restringono a seconda dell’intensità dell’esperienza vissuta, della sofferenza e della solitudine professionale di queste particolarissime sentinelle della legalità del buon agire pubblico.

Storie di segretari comunali” sono le storie che non si leggono sui giornali, non fanno clamore ma rappresentano un quotidiano fatto di sacrifici silenti, di piccole o grandi vittorie per tenere alto il buon nome e la dignità di una professione che non ha eguali in nessun’altra branca della pubblica amministrazione. Un documento-verità da consegnare ai “distratti”, a coloro che non “vedono” ma anche a tutti quelli che invece sanno leggere ed apprezzare quanto di buono ci sia in persone anonime ai più ma che sanno trasformarsi, qualche volta, in… eroi per caso.



TI PRESENTO VITTORIANO


Nel 2015. MeBook, social network che si occupa di cultura e di promozione letteraria con tanti followers al suo seguito, mi aveva proposto un'intervista che accettai molto volentieri. Oggi, nel giorno del mio onomastico, la ripubblico sperando di fare cosa gradita a tutti i lettori e amici che mi seguono.

L'intervista è stata curata da Maurizio Caruso e potete rileggerla anche dal seguente link mebook-interviste-vittorianoborrelli


INTRODUZIONE 

Musicista, poeta, paroliere. Sono almeno queste tre nobili peculiarità al quale potrebbe essere affiancato il nome di Vittoriano Borrelli da Portici in provincia di Napoli. Instancabile artista al servizio delle emozioni altrui, è uno che "ama la vita dei sentimenti e sta dalla parte delle piccole cose che poi sono quelle che fanno grandi gli uomini..." 

Mebook: Cosa ti succede interiormente sin da piccolo e come si sviluppa quando compi il quattordicesimo anno di vita? 

Vittoriano Borrelli: Sono cresciuto in un ambiente familiare pieno di regole precostituite che nulla lasciavano alla libera estrinsecazione dei sentimenti. Ho quindi ricevuto un’educazione rigida che mi ha impedito, per un certo numero di anni, di spaziare e di far emergere quella parte di me che detestava ogni forma di apparenza. E’ stato quasi naturale costruirmi un mondo parallelo, immaginario, in cui potevo finalmente liberarmi da qualsiasi inibizione facendo sprigionare dal mio “contenitore” interiore tutti i migliori sentimenti possibili. La musica mi ha molto facilitato in questo percorso, a cominciare dai quattordici anni, quando mio padre mi regalò la mia prima chitarra. 

Mebook: "Le parole del mio tempo" è un libro che raccoglie una parte dei testi della tua imponente produzione. Questi testi che sapore hanno e a chi sono diretti in particolare? 

Vittoriano Borrelli: Direi a tutti quelli che hanno voglia di “sentire” la vita in tutte le sue sfaccettature. Le mie canzoni sono piuttosto variegate, parlano di amore, di solitudine, di emarginazione con un filo conduttore rappresentato dalla voglia di essere sempre se stessi, senza condizionamenti o compromessi di sorta. 

Mebook: Come coniughi il lavoro con lo spazio che ti resta per scrivere e per creare? 

Vittoriano Borrelli: Faccio un lavoro molto impegnativo e pieno di responsabilità. Sono segretario generale di alcuni comuni della provincia di Como, con un’agenda sempre fitta di impegni. A volte non mi bastano le 24 ore giornaliere per riuscire a fare tutto, ma ho dalla mia la professionalità e il senso pratico dell’organizzazione che mi permettono di conciliare il lavoro con la parte che prediligo di più, ovvero la mia passione per la musica e per la letteratura. Curo da qualche anno un blog che ha lo stesso titolo del mio libro di canzoni “Le parole del mio tempo”, che mi dato tante soddisfazioni per gli attestati di stima e di gradimento ricevuti. Valgono più di qualsiasi tiratura o riscontro economico della mia produzione libraria. 

Mebook: La tua passione per Alberto Moravia ti ispira a scrivere un romanzo "La prossima vita". Anche questo edito da Meligrana Giuseppe Editore nel 2012 ma in realtà già pronto dal 2001. La storia di un appassionato di pittura che ripercorre a ritroso la vita con la moglie... 

Vittoriano Borrelli: E’ una storia che mi somiglia molto per le contraddizioni a cui ho fatto cenno. Il protagonista, Leo Ferretti, è perennemente in bilico tra la realtà e l’immaginazione. Vive nell'una ma si allontana nell'altra, lacerato dal dubbio di non essere amato e accettato. Sullo sfondo una Firenze piena di fascino e di mistero nella quale il rimpianto e la malinconia ispirati da “La nascita di Venere”, il celebre dipinto di Botticelli, aiuteranno Leo a risolvere i suoi conflitti interiori grazie ad un colpo di scena finale che ovviamente non svelo. 

Mebook: Nel cantautorato d'autore italiano ma anche straniero quale artista ti ha maggiormente influenzato come paroliere e come compositore? 

Vittoriano Borrelli: Tutti gli artisti che hanno segnato la (pregevole) storia del cantautorato italiano: da Battisti a Dalla, da Venditti a Cocciante. Da questi grandi nomi ho tratto grande insegnamento anche se ho mantenuto un certo stile e originalità. Molti mi hanno definito un cantautore “intimista”, ovvero una persona che attraverso le parole ha inteso raccontare la propria vita interiore e le sue possibili trasformazioni. Credo che questa definizione mi calzi a pennello. 

Mebook: Siamo nel 2014 e pubblichi per Youcanprint un altro libro "L'aquila non ritorna". Come mai questo titolo? 

Vittoriano Borrelli: Lo spiego nella prefazione: l’aquila è un uccello di straordinaria bellezza ed intelligenza, espressione di numerose simbologie tra le quali quella di rigenerarsi ricevendo dal sole nuova luce e calore. Il “non ritorno” sta ad indicare la trasformazione simbolica di questo meraviglioso volatile, che spezza qualsiasi legame con il passato per approdare ad una dimensione di rinnovato spirito e vigore. “L’aquila non ritorna” è il seguito de “Le parole del mio tempo” ma per il significato del titolo lo precede proprio per la trasformazione cronologica delle storie narrate nelle mie canzoni. Ha anche un altro significato più sottile: lo scorrere del tempo che non ti fa più tornare indietro e rimediare ad una gioventù svanita troppo presto. 

Mebook: Qual è il compromesso che un autore deve seguire per poter vendere ed essere allo stesso tempo originale? 

Vittoriano Borrelli: Come si è forse capito dalle precedenti risposte, non amo scendere a compromessi di alcun genere. Purtroppo affacciandomi nel mondo dell’editoria ho dovuto fare i conti con una realtà che stride con questo principio. Credo che l’autore debba pensare solo a scrivere e l’ editore debba occuparsi della vendita e della promozione. Nella realtà non avviene niente di tutto questo. Gli editori (soprattutto quelli “piccoli”) delegano all'autore tutte quelle attività del promotore che richiedono tempo, pazienza e, soprattutto, competenza. Il risultato è una larga approssimazione resa ancora più difficoltosa da una concorrenza “indifferenziata” nella quale è difficile, per un lettore, orientarsi e scegliere libri di qualità. Manca in altri termini una strategia editoriale consapevole e mirata con un uso più precipuo e ponderato delle nuove tecnologie informatiche. 

Mebook: Da due anni collabori con la rivista on line "Quorum" scrivendo articoli di attualità e di cultura. Un articolo "la solitudine degli internauti" è particolarmente d'attualità e abbraccia alcune tue canzoni... 

Vittoriano Borrelli: Quando Stefano Campa, uno dei fondatori del giornale, mi ha proposto di collaborare per il quotidiano, ho accettato volentieri. Lo ringrazio pubblicamente per questa meravigliosa opportunità che mi ha permesso di ampliare la platea dei lettori ricevendo tanti attestati di stima. “La solitudine degli internauti” è uno degli articoli cui tengo di più perché affronta un tema, quello dell’uso spasmodico dei social network, di grande attualità. Il legame con una mia canzone, “Password” è piuttosto emblematico e spiega il senso dell’articolo: “Siamo un numero, un codice, delle lettere prestampate. Siamo un vortice di emozioni, di faccine che sorridono e che invece piangono per davvero …” 

Mebook: Un altro argomento interessante affrontato nei tuoi articoli è "la scrittura creativa". Come si scontra e si concilia con la produzione letteraria odierna? 

Vittoriano Borrelli: Non voglio offendere nessuno, e tanto meno coloro che sono sostenitori convinti di questo tipo di scrittura “assistita” che dovrebbe aiutare professionalmente un autore alle prime armi. Credo che le cose migliori nascano dall'istinto, dall'ispirazione, dalla capacità spontanea di raccontare una storia, un’emozione. Un libro perfetto nella forma può non esserlo nella sostanza. E’ vero anche il contrario, ma io preferisco una storia con qualche errore qua e là ma che mi colpisca nella sostanza. E poi le grandi opere nascono belle e perfette “ab origine”. E’ semplicemente una questione di talento naturale. 

Mebook: Leggere e pubblicare. Il tuo rapporto con gli e-book e con il cartaceo. 

Vittoriano Borrelli: Gli e-book sono una grande opportunità per chi ha pochi mezzi da investire. Rappresentano la tecnologia del presente (e del futuro) anche se in Italia raggiungono appena il 4% dei lettori. Se dovessi scegliere, preferisco di gran lunga il cartaceo, ma come ho detto prima gli editori disposti ad investire latitano e si fa di necessità virtù. Ma tutto questo è relativo se manca alla base l’educazione alla lettura, a cominciare dalle scuole e più in generale dallo Stato che ha fatto molto poco per valorizzare la cultura. 

Mebook: Attraverso quale canale si possono acquistare i tuoi libri? 

Vittoriano Borrelli: Per il momento i miei libri sono solo in formato e-book. Si possono trovare nelle migliori librerie digitali. Eccone alcune: Streetlib, Amazon, Smashwords. 

Mebook: Mebook secondo Vittoriano Borrelli... 

Vittoriano Borrelli: Un’ottima opportunità e polo di aggregazione di autori e lettori che amano leggere e diffondere la cultura. Ringrazio la redazione di questo bellissimo social per l’opportunità concessami. Spero che i lettori non si siano annoiati a leggere l’intervista. Se fosse così, come direbbe Manzoni, “non l’ho fatto apposta!”

NON E’ IL NOME DELLA ROSA


E’ stato uno dei primi romanzi che ho letto nella mia tarda adolescenza. Di matrice storica con ampie venature di giallo, Il nome della rosa ha collezionato oltre cinquanta milioni di copie vendute ed è considerato tutt'oggi uno dei fiori all'occhiello della letteratura italiana. 

In genere i romanzi storici piacciono a chi  ne è appassionato. Non è stato così per il best-seller di Umberto Eco che ha avuto l’astuzia di coniugare la prosa impegnata della tematica storica con la narrazione tipica del racconto “noir” riuscendo ad allargare la platea dei lettori, molto più variegata e popolare, fino a divenire un’opera facilmente ricettiva e alla portata di tutti. 

Il tema del romanzo è incentrato sulla forza (distruttiva) del sapere che all'epoca in cui si svolge la storia (siamo nel 1327) era un privilegio di pochi, uno strumento attraverso il quale si tendeva a dominare e a condizionare l’imperante ignoranza che regnava su gran parte dei consociati di quel periodo. Infatti, i misteriosi delitti che si succedono in una sperduta abbazia dell’Italia settentrionale porteranno alla soluzione del giallo grazie proprio ad un manoscritto detenuto nella biblioteca del convento, la cui conoscenza doveva essere inibita a chi improvvidamente ne veniva in possesso.

Siamo di fronte a dei tabù culturali che all'epoca del romanzo costituivano una regola difficile da scardinare, perché preordinata alla difesa e conservazione di una corrente di pensiero (nel caso di specie la cristianità sobria e rigida) in nome della quale le diverse inclinazioni culturali (come il manoscritto “galeotto” della Poetica di Aristotele sulla commedia e il sorriso) rappresentavano una seria minaccia all'ordine precostituito. 

Il nome della rosa è divenuto anche un film di successo uscito nel 1986 e interpretato dal grande attore scozzese Sean Connery, nei panni del frate protagonista Guglielmo de Baskerville. Il film ottenne diversi premi e riconoscimenti, tra cui quattro David di Donatello (1987), tre nastri d’argento e due British Academy Film Awards. 

In questi giorni la RAI sta trasmettendo una fiction a puntate del romanzo ma è qualcosa di molto diverso dall'originale. Diversamente dalla produzione cinematografica, le esigenze televisive hanno fatto sì che la storia fosse allungata come il brodo, ma si sa che il sapore non è mai lo stesso. 

Il titolo, menzionato in chiusura del libro con le parole "Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus" vuole indicare la relatività delle cose e degli eventi, che accadono senza lasciare altro che un nome, un ricordo: 
la rosa, che era, ora esiste solo nel nome, noi possediamo soltanto nudi nomi …”. 

LA TRAMA: Guglielmo da Baskerville, è un frate francescano inglese che viene inviato in un monastero benedettino dell’Italia settentrionale con l’incarico di partecipare ad un congresso tra i francescani, sostenitori delle tesi pauperistiche sulla povertà e carestia, e i delegati della curia papale. Lo accompagna il frate novello Adso da Melk, con il quale condurrà le indagini su una serie di misteriosi delitti che accadono nell'abbazia. Sarà la biblioteca, luogo antro e oscuro, che consegnerà ai due protagonisti la soluzione del giallo … 

L’AUTORE: Nato ad Alessandria nel 1932 e morto a Milano il 19 febbraio 2016, Umberto Eco è stato un famoso semiologo, filosofo e scrittore. Tra le sue opere di maggior successo, oltre al romanzo in commento, spiccano Il pendolo di Foucault (1988), e Il cimitero di Praga (2010). Fra i saggi “Leggere i Promessi sposi” (1989), “I limiti dell’interpretazione” (1990) e di recente “Storia delle terre e dei luoghi leggendari” (2013). Autore raffinato e dotato di un’intelligenza fuori dal comune, Eco si è aggiudicato numerosi premi letterari collezionando ben 39 lauree honoris causa. 

UN PASSO DEL ROMANZO: Il sapere non è come la moneta, che rimane fissamente integra anche attraverso i più infami baratti: esso è piuttosto come un abito bellissimo, che si consuma attraverso l'uso e l'ostentazione. Non è così infatti il libro stesso, le cui pagine si sbriciolano, gli inchiostri e gli ori si fanno opachi, se troppe mani lo toccano? 

GIUDIZIO: Le tematiche del romanzo sul pensiero politico-religioso del cristianesimo, della sottocultura e del pregiudizio di comodo dei centri di potere del tardo medioevo, sono raccontate magistralmente in chiave romanzesca e giallistica, appassionando il lettore nella ricerca dei significati più puri ed emozionali della narrazione. I personaggi sono descritti in assoluta aderenza al periodo storico in cui sono vissuti, muovendosi in un contesto temporale ben rappresentato grazie alla genialità e all'acume stilistico di Eco. Da leggere e rileggere in ogni tempo. 



IL VENTO BASTERÀ


Per spazzare via le cose inutili, le parole e gli sguardi furtivi in un giorno qualunque che si fa subito sera. Per annientare le ipocrisie, quelle subdole e sottili come le polveri inquinanti che si ammassano nell'atmosfera in una coltre di neve invisibile.

Basterà il vento per scacciare via i cattivi pensieri, quello che poteva essere e non è stato, le illusioni e le speranze che ti hanno inebriato, ubriacato e deluso al risveglio. Basterà per alzare il bavero e coprirsi dal freddo pungente di un inverno di città, tra le macchine che sfrecciano per andare sempre nello stesso posto che quasi non lo riconosci più.

Il vento basterà per sollevare cumuli di carta, lettere scritte a metà o lasciate in bianco perché le parole sono state trattenute in gola senza mai uscire dal letargo dei pensieri. Basterà per non ascoltare il solito brusio di voci noiose e pettegole che sbraitano come cani randagi e non dicono niente.

Basterà il vento per spazzare via le nuvole, il fumo delle fabbriche, montagne di rifiuti che s’innalzano dietro bellezze velate e ingannevoli. Basterà per ripulirsi nell'anima e immaginare che dalle ceneri possa nascere un altro mondo, quello che sognavi da bambino tutto bello e colorato, da consegnare ai posteri come il più bel dono della tua eredità.

Il vento basterà per le mie membra stanche, che faccio fatica a rialzarmi dopo l’ennesima caduta nell'indifferenza di chi ha alzato lo sguardo ed è andato via.

E se prima di addormentarmi avrò bisogno di una carezza, il vento basterà.

TORNIAMO A CASA


Torniamo a casa
è ancora presto per la rivoluzione
di queste storie
Non puoi illuderti che sia la volta tua
domani è oggi se tu vuoi
perché restiamo sempre noi

Mi vien da ridere
se penso a questa nostra immensa solitudine
un’abitudine che non se ne va via
che ci fa compagnia
in queste notti fredde che
si aspetta un’alba che non c’è

Mi resterà
solo un sorriso che ho lasciato per strada
un viso acerbo che non ho rivisto più
nelle vetrine accese della città
con tanta neve che veniva giù
fino a toccarmi dentro l’anima

Torniamo a casa…

non puoi illuderti che sia la volta tua
domani è un altro giorno sai
che puoi cambiare caso mai

Mi resterà
la consapevolezza di essere io
malgrado tutto ciò che non son stato io
e le parole che io non ti ho detto mai
perché rimaste dentro l’anima
e che nessuno mai le ascolterà

Torniamo a casa
è ancora presto per la trasformazione
di queste storie
non puoi convincerti che sia colpa tua
perché domani se tu vuoi
è un giorno nuovo anche per noi

Torniamo a casa…

(Tratto da Le parole del mio tempo”)