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I MIEI RACCONTI: L'APPARTAMENTO

L'ABITO NON FA IL MONACO


Preti e suore che si sposano tra loro, timorate di Dio che rimangono incinte prima di qualsiasi conversione, pedofili mascherati da pastori alla guida di fanciulli indifesi. Un quadro orripilante che è un insulto alla Fede religiosa, qualunque essa sia. Se i tempi sono cambiati in nome di una capziosa modernità dalle “larghe vedute”, meglio essere atavici, matusalemmi, retrogradi.

In questi giorni notizie del genere sono spuntate come funghi alimentando discussioni contrapposte tra assoluzionisti e acerrimi censori ma, fatto più preoccupante, propugnando il dubbio in quelle che sembravano essere convinzioni ben salde e incontrovertibili.

Se c’è una cosa che invece non ammette dubbi e ripensamenti è proprio la Fede. Il rapporto con Dio è di intima e immacolata matrice ma per coloro che scelgono la vita clericale o monastica questa relazione dovrebbe essere immune da qualsiasi condizionamento esterno che potrebbe renderla meno assoluta ed esclusiva.

Di questi tempi si parla molto di un'apertura al matrimonio degli appartenenti alla Chiesa perché, si dice, non ci sarebbe alcuna incompatibilità nel servire il Signore e fondare nello stesso tempo una famiglia a cui concedere uguale dedizione. Non so se è giusto, qui si tratta di mettere in correlazione l’Amore assoluto e l’Amore relativo che invece poggiano su basi ispiratrici diverse.

D’altronde se gli uomini e le donne del Clero hanno gli stessi impulsi e desideri delle persone “comuni”, tanto vale espungerli da una casta che invece li etichetta con finalità e aspirazioni ben precise. Tanto vale affermare che la Chiesa è la casa di tutti e che ciascuno possa celebrare messa, fare omelie o dedicarsi a missioni umanitarie senza la necessità di essere consacrato, di vestire l’abito talare come indicatore di una certa appartenenza.

C’è in gioco qualcosa di molto importante e di prezioso: la fiducia e il suo contrario, ovvero l’inganno, l’affidarsi nelle mani di chi, in veste di intermediario, dovrebbe purificarci di tutti i nostri peccati. Ma il peccato e il peccatore si mescolano nei ruoli e nelle interposizioni generando confusione, sgomento, disincanto.

La crisi dei valori passa anche da qui. È un problema di autenticità della vocazione, della perdurante dicotomia dell’essere rispetto all’apparire, così che l’abito non fa il monaco e non c’è vestito che tenga per nascondere quello che si è o si vuole essere.

Oggi, più di ieri, è più facile la trasposizione, l’interposizione, la riconoscibilità dell’irriconoscibile e si viaggia inseguendo ideali divini che si scoprono essere pezzi di carta che volano nei cieli infiniti per bruciarsi al primo sole del mattino.



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