Verrà

 



Verrà la pace che hai desiderato
ti porterà un amore inaspettato
oppure tornerai nel tuo seme
perché quaggiù nessuno ti vuol bene

Verrà la voce che non hai ascoltato
il padre che non ti ha mai coccolato
e impregnerai sul viso della gente
la tua freschezza nuova di sorgente

Verrà...Verrà…

Verrà qualcuno e non sarà un miraggio
rimuoverà in avanti il tuo coraggio
e sarai molto meno personaggio
si fermerà da solo questo viaggio

Verrà… Verrà…

Verranno giorni allegri di proposte
non lascerai agli altri le tue risposte
non ti ritroverai in una chiesa
inginocchiato contro la tua resa

Verrà chi non ti ha mai considerato
chi ha avuto tutto e non ti ha più cercato
Perdonerai chi non ti ha capito
e griderai a te stesso:
"Non sono finito!"

Verrà...Verrà…

(Tratto da “Le parole del mio tempo”)

(Puoi ascoltare il brano anche cliccando qui: "Le mie canzoni sono differenti")

Il suicidio

 



(Il brano più terribile de: "Le parole del mio tempo". L'ascolto non è adatto ad un pubblico particolarmente sensibile).

Lui si guarda allo specchio e pensa già al suicidio
con le mani sul viso e con lo sguardo indeciso
Cammina adagio per la stanza
della sua vita ne ha abbastanza
Ha compiuto gli anni proprio ieri
ma già sono stanchi i suoi pensieri

Si spoglia completamente ed ha un vuoto nella mente
si tocca il sesso e si muove piano piano dolcemente
Ha lasciato sulla tavola
le sigarette e la pistola
mentre l'orgasmo è alle porte
lui stringe l'arma sempre più forte

Che cos'è?... Che cos'è?... Che cos'è?...

Che cos'è questa voglia di partire?
Che cos'è questo vivere o morire?
Che cos'è questo lucido scoprire?
Che cos'è?... Che cos'è?...

Che cos'è questa voglia di salvarsi?
Che cos'è questa voglia di adularsi?
Che cos'è questa voglia di ferirsi?
Che cos'è?... Che cos'è?...

Ora getta la cicca e guarda l'arma da fuoco
ha un corpo bello da difendere ma gli pare poco
Che cosa fare perché non provare più a sperare?
Che cosa dire perché non provare un po’ a dormire?

Lui ripensa al suo primo grande e tenero amore
e quell'esperienza speciale ma poi fallimentare
La sua anima allo specchio è chiusa dentro a un grande cerchio
e quegli anni di bambino li ha lasciati dietro il suo cammino

Che cos'è?... Che cos'è?... Che cos'è?...

Che cos'è questa evanescenza?
Che cos'è questa inconcludenza?
Che cos'è questa fragile influenza?
Che cos'è?... Che cos'è?...

Che cos'è questo profumo così ruffiano?
Che cos'è questo lamento così lontano?
Che cos'è questo tormento così arcano?

Che cos'è?... Che cos'è?...

Che cos'è questa voglia di salvarsi?
Che cos'è questa voglia di adularsi?
Che cos'è questa voglia di ferirsi?
Che cos'è?... Che cos'è?... 
 (Tratto da “Le parole del mio tempo”)

(Puoi ascoltare il brano anche cliccando qui: Le mie canzoni sono differenti)

Caro fratello

 



Caro fratello
ti ho immaginato da sempre
e da sempre ti ho aspettato inutilmente
Chissà chi è stato colui
che ci ha legati nel suo regno
noi così diversi eppure uniti nello stesso segno

Caro fratello
perché mi rispondi col silenzio?
Lo sai che da tempo non riesco a dirti quello che sento
Chissà chi è stato colui
che si è dimenticato di noi
noi così perversi eppure non siamo mai gli stessi

E mentre ti canto
sento sempre più vicino il tuo pianto
il tuo dolore che abbiamo provato per lo stesso tramonto

Caro fratello
non voglio più darti retta
troppo spesso ricordo la tua indifferenza
Chissà chi è stato colui
che ci ha voluti e posseduti
noi così indecenti eppure così belli e intelligenti

E mentre ti scrivo
giusto per sentirmi ancora vivo
giusto per provare a me stesso che sei un amico

la tua voce si confonde lentamente con le altre
e faccio fatica a riconoscere le tue tracce
Chissà chi è stato colui
che ha sepolto i nostri corpi
in una terra fredda
con un cielo senza nemmeno una stella

E mentre ti cerco
scende silenziosamente la sera
ed io capisco che non basterà una vita intera

Caro fratello
anche tu sei stufo e non piangi più
anche tu ti sei arreso a questo inutile ritrovarsi
Chissà chi è stato colui
che ci ha lasciati qui nell'ombra
ormai è notte fonda e il mare
non ha neanche un'onda

(Tratto da “Le parole del mio tempo”)

(Puoi ascoltare il brano anche cliccando qui: Le mie canzoni sono differenti)






Ti avrò a settembre

 






Ritrovarti e poi scoprire
che ho inseguito solo la mia ombra
e mi chiedo se i miei anni
sono tanti sotto la tua gonna
Io ti ho vista all'improvviso
e son caduto dentro il tuo sorriso
Ho viaggiato con la mente
ed ho trovato te nel mio presente

Quanta strada ho già percorso
ma con te vorrei fermarmi adesso
Spolverare vecchie idee
e ritrovare tutto ciò che ho perso
Cominciare dal tuo viso
per finire contro il mio destino
stare su di te per aggrapparmi
al sogno che non ho capito

Ma ti avrò a settembre
o nel tempo che verrà
e sarà come sempre
inventarsi una realtà

Io ti avrò a settembre
se un settembre ci sarà
per noi due come sempre
nel domani che verrà
se verrà...se verrà..

Io ti ho già sentita qualche volta
che parlavi della vita
come di una faccia troppo assente
ma pur sempre nostra amica
Se mi chiedi la ragione
per cui ho scelto la tua direzione
non ti so rispondere perché
non so se è grande questo amore

Ma ti avrò a settembre
o nel tempo che verrà
e sarà come sempre
inventarsi una realtà

Io ti avrò a settembre
se un settembre ci sarà
per noi due come sempre
nel domani che verrà
se verrà...se verrà..


(Tratto da “Le parole del mio tempo”)

(Puoi ascoltare il brano anche cliccando qui: Le mie canzoni sono differenti)

Blog Retro: Quel ramo del lago di Como


Non volge a mezzogiorno come scriveva il Manzoni, il mio lago di Como è situato con le lancette spostate nella prima parte del quadrante ma gli scenari sono ugualmente coinvolgenti e affascinanti. Ad ogni curva si aprono squarci di orizzonte dove si annida l’infinito, e catene di montagne dolci e verdeggianti che si specchiano su acque tranquille e dorate.

Il silenzio genera il silenzio. Il mio lago è così: taciturno, timido, di poche parole. Solo il lambire delle acque al passaggio di traghetti carichi di turisti o di viaggiatori abituali, fa muovere quella vitalità che fino a un attimo prima pareva impressa in un fermo immagine cartolare e surreale.

Dall’albergo dove sono alloggiato ammiro Bellagio con la sua forma a tartaruga che fa da spartiacque ai due rami del lago. Sembra un guardiano paziente e sornione che sorveglia quella parte del paesaggio in cui si snodano le ampie aperture lacustre.

Sono un laghee. Per i comaschi di città è l’equivalente di terrone, noto epiteto rivolto ai meridionali. Nel mio caso non c’è differenza alcuna dato che sono napoletano e ne vado anche fiero.

I laghee (come i terroni) sono particolarmente legati alla loro terra d’origine e alle loro tradizioni. Sono orgogliosi, a volte superbi ma fedeli alle proprie abitudini e stili di vita, soprattutto sono taciturni e acuti osservatori. In questo mi somigliano o forse sono io ad assomigliare loro. Si può dire che sono un … laghee napoletano, l’esempio di due culture apparentemente diseguali ma che invece hanno molti tratti in comune.

Prendo la macchina e mi dirigo verso Menaggio, altra perla della costa occidentale del lago. In sottofondo ascolto la bellissima canzone di Fabio Concato,  Guido piano, e canticchio a voce alta questi versi:

…c'e' tanto sole

e mi accorgo che ne ho bisogno come un fiore

e ho bisogno di stancarmi e di camminare

di sentire l'acqua il vento e di respirare

peccato che qui vicino non c'e' il mare

Eccomi arrivato a Sorico, il punto dove il lago volge a mezzodì riversandosi sulla sponda orientale fino a toccare le terre narrate dal Manzoni. Mi sdraio sulla spiaggia e ascolto il silenzio.

Ho una gran gioia nel cuore.