(Il brano più terribile de: "Le parole del mio tempo". L'ascolto non è adatto ad un pubblico particolarmente sensibile).
Lui si guarda allo specchio e pensa già al suicidio con le mani sul viso e con lo sguardo indeciso Cammina adagio per la stanza della sua vita ne ha abbastanza Ha compiuto gli anni proprio ieri ma già sono stanchi i suoi pensieri
Si spoglia completamente ed ha un vuoto nella mente si tocca il sesso e si muove piano piano dolcemente Ha lasciato sulla tavola le sigarette e la pistola mentre l'orgasmo è alle porte lui stringe l'arma sempre più forte
Che cos'è?... Che cos'è?... Che cos'è?...
Che cos'è questa voglia di partire? Che cos'è questo vivere o morire? Che cos'è questo lucido scoprire? Che cos'è?... Che cos'è?...
Che cos'è questa voglia di salvarsi? Che cos'è questa voglia di adularsi? Che cos'è questa voglia di ferirsi? Che cos'è?... Che cos'è?...
Ora getta la cicca e guarda l'arma da fuoco ha un corpo bello da difendere ma gli pare poco Che cosa fare perché non provare più a sperare? Che cosa dire perché non provare un po’ a dormire?
Lui ripensa al suo primo grande e tenero amore e quell'esperienza speciale ma poi fallimentare La sua anima allo specchio è chiusa dentro a un grande cerchio e quegli anni di bambino li ha lasciati dietro il suo cammino
Che cos'è?... Che cos'è?... Che cos'è?...
Che cos'è questa evanescenza? Che cos'è questa inconcludenza? Che cos'è questa fragile influenza? Che cos'è?... Che cos'è?...
Che cos'è questo profumo così ruffiano? Che cos'è questo lamento così lontano? Che cos'è questo tormento così arcano?
Che cos'è?... Che cos'è?...
Che cos'è questa voglia di salvarsi? Che cos'è questa voglia di adularsi? Che cos'è questa voglia di ferirsi?
Caro fratello ti ho immaginato da sempre e da sempre ti ho aspettato inutilmente Chissà chi è stato colui che ci ha legati nel suo regno noi così diversi eppure uniti nello stesso segno
Caro fratello perché mi rispondi col silenzio? Lo sai che da tempo non riesco a dirti quello che sento Chissà chi è stato colui che si è dimenticato di noi noi così perversi eppure non siamo mai gli stessi
E mentre ti canto sento sempre più vicino il tuo pianto il tuo dolore che abbiamo provato per lo stesso tramonto
Caro fratello non voglio più darti retta troppo spesso ricordo la tua indifferenza Chissà chi è stato colui che ci ha voluti e posseduti noi così indecenti eppure così belli e intelligenti
E mentre ti scrivo giusto per sentirmi ancora vivo giusto per provare a me stesso che sei un amico
la tua voce si confonde lentamente con le altre e faccio fatica a riconoscere le tue tracce Chissà chi è stato colui che ha sepolto i nostri corpi in una terra fredda con un cielo senza nemmeno una stella
E mentre ti cerco scende silenziosamente la sera ed io capisco che non basterà una vita intera
Caro fratello anche tu sei stufo e non piangi più anche tu ti sei arreso a questo inutile ritrovarsi Chissà chi è stato colui che ci ha lasciati qui nell'ombra ormai è notte fonda e il mare non ha neanche un'onda
Non volge a mezzogiorno come scriveva il Manzoni, il mio lago di Como è situato con le lancette spostate nella prima parte del quadrante ma gli scenari sono ugualmente coinvolgenti e affascinanti. Ad ogni curva si aprono squarci di orizzonte dove si annida l’infinito, e catene di montagne dolci e verdeggianti che si specchiano su acque tranquille e dorate.
Il
silenzio genera il silenzio. Il mio lago è così: taciturno, timido, di poche
parole. Solo il lambire delle acque al passaggio di traghetti carichi di
turisti o di viaggiatori abituali, fa muovere quella vitalità che fino a un
attimo prima pareva impressa in un fermo immagine cartolare e surreale.
Dall’albergo dove sono alloggiato ammiro Bellagio con la sua forma a tartaruga che fa da
spartiacque ai due rami del lago. Sembra un guardiano paziente e sornione che
sorveglia quella parte del paesaggio in cui si snodano le ampie aperture
lacustre.
Sono
un laghee. Per i comaschi di città è l’equivalente di terrone,
noto epiteto rivolto ai meridionali. Nel mio caso non c’è differenza alcuna dato
che sono napoletano e ne vado anche fiero.
I laghee
(come i terroni) sono particolarmente legati alla loro terra d’origine e
alle loro tradizioni. Sono orgogliosi, a volte superbi ma fedeli alle proprie
abitudini e stili di vita, soprattutto sono taciturni e acuti osservatori. In
questo mi somigliano o forse sono io ad assomigliare loro. Si può dire che sono
un … laghee napoletano, l’esempio di due culture apparentemente
diseguali ma che invece hanno molti tratti in comune.
Prendo
la macchina e mi dirigo verso Menaggio, altra perla della costa occidentale del
lago. In sottofondo ascolto la bellissima canzone di Fabio Concato, Guido piano, e canticchio a voce alta
questi versi:
…c'e'
tanto sole
e
mi accorgo che ne ho bisogno come un fiore
e
ho bisogno di stancarmi e di camminare
di
sentire l'acqua il vento e di respirare
peccato
che qui vicino non c'e' il mare
Eccomi
arrivato a Sorico, il punto dove il lago volge a mezzodì riversandosi sulla
sponda orientale fino a toccare le terre narrate dal Manzoni. Mi
sdraio sulla spiaggia e ascolto il silenzio.