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UNA VITA DIVERSA

SCHWAZER: FUGA DALLA VITTORIA



La conferenza stampa del marciatore altoatesino Alex Schwazer, medaglia d’oro alle olimpiadi di Pechino nella 50 chilometri, è stata toccante e intensa ma non ha convinto i più destando più di un ragionevole dubbio.


La confessione con la quale l’atleta altoatesino ha spiegato i motivi dell’ infausta condotta all’indomani della sua partecipazione ai giochi olimpici di Londra 2012, ha sicuramente messo in luce le debolezze di un uomo letteralmente sovrastato dall’imperativo di vincere ad ogni costo, sicché l’uso delle sostanze dopanti è stato per lui una vera e propria liberazione da un sistema che evidentemente non era più in grado di gestire e di controllare.

Non convincono, tuttavia, le modalità con le quali l’atleta si è procurato l’EPO: un “fai da te” che suona strano per la facilità di esecuzione, attuata al bando di controlli (preventivi) che a questi livelli dovrebbero essere rigorosi e protocollari.

Forse la verità è racchiusa in un passaggio della conferenza nella quale il marciatore altoatesino spiega la sua concezione dello sport che è vincere senza sacrifici, a differenza della passione e dell’impegno quotidianamente profusi dalla sua compagna pattinatrice.

Così il gesto di Schwazer è sembrato quasi una "fuga dalla vittoria", un grido forte e solenne per dire:”Non ce la faccio più. Salvatemi dal baratro in cui sono caduto.”

Ma la compassione umana non deve far passare in secondo piano i valori dello Sport che devono essere preservati e difesi da qualsiasi mistificazione.

Che le luci della ribalta si spengano su Schwazer con la stessa facilità con cui l’atleta ha deciso di uscirne: vincere facile, come recita un noto slogan pubblicitario, non appartiene a chi vuole essere un vero sportivo.

Commenti

  1. Condivido pienamente il tuo principio di preservare i valori dello sport, sia disciplinari che etici, oggi così offesi da travisare anche il significato delle competizioni più prestigiose.
    Questo ragazzo forse voleva inconsciamente far crollare il suo mito ritornare ad essere un ragazzo.

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  2. Sul piano umano massima comprensione. Credo che molta responsabilità ce l'abbia l'entourage dell'atleta. Nulla avviene per caso.

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  3. SCHWAZER è semplicemente un dorian gray del nostro tempo. Il successo ( e forse i soldi) per il primo sta alla bellezza per il secondo.

    Il doping sosituisce quella che una volta era l'autotrasfusione ( pratica più pericolosa e difficilmente rintracciabile).

    Viviamo in una società dopata, le auto di formula uno vanno sempre più veloci con mezzi più o meno leggitimi, lo stesso pistorius e la recente polemica sulla lunghezza delle protesi evidenziano che i limiti tra legale ed illegale a volte sono indefiniti o vengono continuamente spostati.

    Gli stessi parlamentari fanno leggi a loro uso e consumo ( dopano la legge) ed anche i calciatori dopano le partite.

    In sostanza, a mio avviso, il caso SCHWAZER e le conseguenti polemiche ne fanno solo un semplice caso espiatorio, tutti pronti a puntare il dito affinchè nulla cambi.

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  4. Concordo. Viviamo in una società troppo presa dall'apparire e molto meno dalla sostanza. Il finto moralismo perversa in tante vicende cui assistiamo, anche passivamente, ogni giorno. Ciò non toglie che la difesa dei valori autentici debba essere sempre perpetrata al di là di alcuni interpreti "di comodo" o poco "affidabili". In fondo, ciò che conta è la condivisione e non la decantazione di un valore che noi reputiamo giusto e corretto. Concordo che Schwazer non debba essere un capro espiatorio. "Chi è senza peccato, scagli la prima pietra" disse una volta un nostro illustre predecessore. Quella pietra è ancora lì...

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