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Il sequestro degli impianti
dell’acciaieria ILVA disposto dalla
magistratura per le note inadempienze dell’azienda tarantina, ha scatenato un
vespaio di polemiche e di contestazioni acuendo l’indignazione già suscitata
per la violazione, sistematica e reiterata, delle norme sulla tutela dell’ambiente.
Il tema della salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro
e di quella, forse ancor più importante, dell’intera comunità della bellissima
città di Taranto, ha prodotto una
vera e propria insurrezione sociale senza precedenti, elevando da più parti un
coro di (sacrosante) proteste ma favorendo, per converso, il passaggio
mediatico del solito carrozzone nel
quale si sono intrufolati gli ipocriti del potere, ovvero coloro che hanno a
lungo brillato per la loro totale assenza o incapacità di decidere.
L’inquinamento industriale degli
impianti dell’ILVA, ha generato nel periodo 2003-2009 un incremento vertiginoso del tasso di mortalità della
popolazione tarantina rispetto alla media della regione Puglia: + 14% per gli
uomini e + 8% per le donne.
Sono questi i risultati del Rapporto Sentieri redatto per conto
dell’Istituto Superiore della Sanità,
nel quale vengono altresì specificate le tipologie delle malattie:
Per gli uomini +14% per
tutti i tumori, + 14% per le malattie circolatorie, +17% per quelle respiratorie, + 33% per i tumori polmonari, + 419% per i mesoteliomi pleurici.
Per le donne:+13% per
tutti i tumori, +4% per le malattie
circolatorie, +30% per i tumori
polmonari, +211% per il mesotelioma
pleurico.
Per i bambini, il tasso di mortalità è salito al 20% nel primo anno di vita e al 30-50% per le malattie di origine
perinatale che si manifestano oltre il primo anno di vita.
E’ un bollettino che suona a mò
di strage subdolamente sommersa per anni di colpevole silenzio
e di omesso controllo da parte delle Istituzioni preposte, che adesso paiono
risvegliarsi dal torpore che le ha contraddistinte.
Come se non bastasse, il recente
intervento del Governo con il decreto-legge
3 dicembre 2012 n. 207 (c.d.“sblocca
sequestro”), finalizzato alla
ripresa delle attività dell’azienda pur sotto la condicio sine qua non della puntuale osservanza delle
prescrizioni a tutela dell’ambiente e dei lavoratori, ha scatenato il conflitto
istituzionale tra i poteri dello Stato (legislativo e giudiziario), sicché la
soluzione (all’italiana) proposta (produzione+salvaguardia ambiente e
lavoratori) ha finito con lo scontentare un po’ tutti.
Resta il dato incontrovertibile
di una morte annunciata, come di tante
altre sciagure che si sarebbero
potute evitare se solo ci fosse stata più coscienza nelle decisioni e nel
controllo, mettendo al bando l’indifferenza
e l’incapacità degli ignoranti.
Nell’attesa che il miracolo si
compia, le ceneri dell’ILVA
continueranno ancora a rabbuiare il cielo di Taranto allontanando il giorno in
cui, al risveglio, le vittime di questa tragedia vedranno finalmente apparire
ai loro occhi un mattino limpido e giusto.
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