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Silenzio, parla la
Corte: l'imputato Silvio Berlusconi dovrà
scontare la condanna definitiva a quattro anni di reclusione (di cui tre
condonati con l'indulto) per il reato di frode fiscale perpetrato in occasione
della vendita dei diritti televisivi di Mediaset.
La Cassazione ha
rimesso alla Corte di Appello la definizione del quantum della pena accessoria
dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici nella più “mite” forbice da 1
a 3 anni.
Per alcuni è un
verdetto che è “figlio” di una condanna "annunciata", iniziata nel lontano 1994
subito dopo l'entrata nella scena politica del leader del centro-destra, i cui risvolti persecutori avrebbero impedito una riforma dello Stato in senso liberale.
Per altri è la
vittoria di una giustizia che trionfa sulle ambizioni di un personaggio, discusso e discutibile,
che si sarebbe servito della politica solo per vedere soddisfatti i propri
interessi.
Non si può con
certezza stare dalla parte dell'una o dell'altra corrente di pensiero. Se da un
lato le sentenze vanno rispettate ed applicate è altrettanto vero, dall'altro, che la giustizia
degli uomini non è immune da errori, contraddizioni o iniquità come la
Storia ci insegna.
Il tentativo di
riforma del “terzo potere dello Stato”, condiviso negli intenti da tutte le
forze politiche ma finora inattuato, e la sottolineatura del Presidente della
Repubblica Napolitano di avviare un
deciso riassetto legislativo della giustizia, sono sintomatici della riluttanza
verso un sistema giudiziario in cui l'insidia del condizionamento politico di una parte dei magistrati inficia non poco le aspettative di imparzialità dei processi.
La reazione di
Berlusconi dopo una sentenza “epocale”
che segnerà di sicuro il destino e gli equilibri politici del nostro Paese, è
stata quella di un leone “ferito” ma non abbattuto. In un video-messaggio
consegnato ai telespettatori di “Porta a Porta”, il leader del popolo
della libertà ha annunciato che non intende in alcun modo deporre le armi e che
continuerà nel suo progetto riformatore attraverso il rilancio di "Forza
Italia".
Come Amatore Sciesa che prima di essere
fucilato il 2 Agosto 1851 al Castello Sforzesco pronunciò la mitica
frase "Tiremm innanz", così il Silvio nazionale dimostra ancora
una volta di non volersi piegare all'ennesimo ostacolo sul suo cammino.
Il paragone potrebbe
sembrare irriverente nei confronti di uno degli eroi del Risorgimento ma per i
milanesi, come lo è l’ex premier, l’espressione “Tiremm innanz” significa anche la reazione alle angherie subite tirandosi
su le maniche per ricominciare.
Chi pensa il contrario … scagli la prima pietra!
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