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Il rito della commemorazione dei defunti è giunto
anche quest’anno alla sua consueta “edizione” di celebrazioni, istituzionali e
non, che si elevano nelle piazze e nei luoghi degli eterni giardini delle
rimembranze.
Ogni anno, come lo è stato nei
precedenti, il ricordo dei nostri
cari si fa solenne con lo scorrimento di immagini di un passato, bello o brutto
che sia, che vogliamo resti impresso, a dispetto del dolore, nella nostra
memoria.
Perché la ricorrenza del 1 novembre altro non è che il giorno
della memoria, del silenzio che si fa voce e che fa più rumore delle parole,
soprattutto di quelle “pensate” e mai
dette.
“All'ombra de’ cipressi e dentro
l’urne
Confortate di pianto è forse il sonno
Della morte men duro? Ove più il Sole
Per me alla terra non fecondi questa
Bella d’erbe famiglia e d’animali,
E quando vaghe di lusinghe innanzi
A me non danzeran l’ore future,
Né da te, dolce amico, udrò più il verso …”
Così scriveva Ugo Foscolo in “Dei Sepolcri”, opera di rara bellezza
stilistica e contenutistica, con cui lo scrittore denuncia l’inutilità
dell’uomo al passaggio della morte, perché le tombe sono oggetti che rendono i
defunti uguali e indistinguibili:
“Che distingua le mie dalle infinite
Ossa che in terra e in mar semina morte?”
Allora sopravviene il ricordo,
che ci rende eterni anche dopo la morte, suggellando il legame con i vivi con
una “corrispondenza d’amorosi sensi”.
Perché, a volte, si è più
presenti da morti che da vivi. La morte riceve linfa dalla vita stessa e fa
diventare eterni, attraverso, il ricordo, coloro che hanno compiuto gesta memorabili,
che hanno saputo dare un insegnamento d’amore che si tramanda nell'animo di chi
resta ...
“Celeste dote è negli umani; e spesso
Per lei si vive con l’amico estinto
E l’estinto con noi, se pia la
terra …”
Anch'io davanti al mio sepolcro mi
struggo nel ricordo di chi, pur lasciandomi, mi ha reso la persona che sono …
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