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Come
tutti i mestieri anche quello dello scrittore non è immune da
critiche. Anzi, l’attività dello scrivere è forse quella maggiormente recensita
da censori, critici improvvisati o di professione pronti ad emettere i giudizi
più disparati: di sostanza, di cornice o semplicemente per il gusto di
sentenziare questo o quel profilo letterario o personale dell’autore. La
critica può esaltare o può “uccidere”. E’ fisiologica e fa parte delle regole
del gioco.
Scriveva
Luigi Settembrini: “Ci sono due specie di critiche, l'una che
s'ingegna più di scorgere i difetti, l'altra di rivelar le bellezze. A me piace
più la seconda che nasce da amore, e vuol destare amore che è padre dell'arte;
mentre l'altra mi pare che somigli a superbia, e sotto colore di cercare la
verità distrugge tutto, e lascia l'anima sterile.”
E Robert Anson Heinlein: “Un "critico" è un uomo che non
crea nulla e proprio perciò si ritiene qualificato a giudicare il lavoro degli
uomini creativi, Vi è logica, in questo: lui non ha preconcetti... odia allo
stesso modo tutti gli individui creativi. ”
Entrambe
le affermazioni possono essere ambivalenti: vi può essere superbia anche
in chi non accetta la critica o si ritenga libero da preconcetti. Il bello
della critica è che non ha una verità assoluta: tutto è relativo e discutibile.
Il peggio è che spesso la critica più feroce è fatta proprio dagli scrittori o
da coloro che si professano tali. Il delirio di onnipotenza è una
minaccia che sta sempre dietro l’angolo degli “innamorati della penna”,sia
“analogica” che “digitale”.
Quasi
mai si scrive per se stessi, chi lo fa, secondo Umberto Eco, è un cattivo
scrittore perché scrivere è una sorta di missione sociale. Ma è vero
anche il contrario: ci sono tanti cattivi scrittori che sono convinti
della bontà della propria opera tale da meritare il pubblico proscenio. Ecco
che allora la motivazione dominante diventa ricerca ostinata del consenso, del prestigio
e dell’affermazione: “Dopo tutto”,
scrive Gertrude Stein, “nessun artista ha bisogno delle critiche, ma
soltanto del riconoscimento. Se ha bisogno delle critiche non è un artista.”
Forse,
come in tutte le cose, la verità sta a metà tra estreme opinioni come scrive
sapientemente Mahatma Gandhi secondo il quale “per poter criticare,
si dovrebbe avere un’amorevole capacità, una chiara intuizione e un’assoluta
tolleranza ”.
Ma,
come dicevo, di questi tempi in cui il critico di professione è cosa
rara, sono proprio gli scrittori dell’ultima generazione a
guadagnarsi la palma dei censori per eccellenza, e tra loro non c’è quasi mai solidarietà.
Accade in tutte le professioni ma nei cultori della parola su carta (stampata
e non) la parzialità del giudizio è spesso preponderante e pungente. In questo
campo la competizione è spietata e ancora più marcata. Basta visitare qualche
gruppo di scrittori o presunti tali per rendersene conto. L’ultimo arrivato è
visto come un intruso dell’altrui visibilità e quello che ne scaturisce
è forse il peggiore dei giudizi: l’indifferenza.
Vita dura, dunque, per gli scrittori, quelli che germogliano dal niente e guardano dall'alto senza prestarsi al confronto e alla condivisione. Pieni di sé e sempre alla ricerca del vivere meglio, sognando magari di raggiungere un’isola di beatitudine a cui non approdano mai.
Eternamente riflessi nello specchio della loro immensa autoreferenza.
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Commenti
Condivido tutto quanto hai scritto aggiungendo che a volte, pur nnon ammettendolo nemmeno sotto tortura, ci può anche essere invidia forte per una frase, un libro, una poesia scritta da qualcunn altro.
RispondiEliminaInvidia dettata dal fatto che questo qualcuno l'ha fatto meglio di noi, oppure l'ha fatto mentre a noi non è venuto in mente.
Diciamo che un po' di umiltà in tutto non farebbe assolutamente male.
Ciao!
Ciao Patricia. Grazie per il commento e per la condivisione. E' vero. Un bagno di umiltà, come in tutte le professioni, non sarebbe male. Un caro saluto.
EliminaCondivido anche io questo bel post.
RispondiEliminaSpesso chi critica, infatti, non sa far altro che ... appunto, criticare. Non ha fatto nulla, non sa nulla di come si crea una storia, un personaggio, come questo diviene quasi un tuo amico misto tra reale e immaginario...
Poi sparano spesso solo commenti negativi. E poi parlano di "commenti costruttivi che invogliano a migliorarsi".
Ma che critica costruttiva può essere il sottolineare solo gli apsetti negativi?
E poi vedi recensioni di libri perfette, dove il libro è immacolato.
Poi lo leggi,... ed è ( permettimelo ) una cagata.
Grazie per il bel post. Ciao Vittoriano e ciao a Patricia che l' ha condiviso!
Grazie Daniele per il commento. Ri-sottolineo le parole di Gandhi:“per poter criticare, si dovrebbe avere un’amorevole capacità, una chiara intuizione e un’assoluta tolleranza ”.Un caro saluto.
EliminaPArole più sagge non poteva che dirle il Mahatma.
EliminaUn salutone a te Vittoriano
Ciao Carlotta. Hai fatto bene ad uscire da un gruppo che di "letterario" ha soltanto il nome. Un caro saluto e in bocca al lupo.
RispondiEliminaCondivido anche le virgole di questo post. Si potrebbe discutere all'infinito di quest'argomento. Il punto è forse che c'è un eccesso di autoreferenzialità, per non dire proprio di spocchia in certi casi, che conduce alla totale perdita del senso dell'umiltà e dell'apertura verso gli altri. L'ego straborda dalle pagine scritte e, rovesciando Marziale, si può dire che "la pagina non sa più di uomo".
RispondiEliminaCiao Annalisa. Grazie per il commento. Un tema che ho ripreso, sia pure sotto altri profili, nell'ultimo post "Ti leggo solo gratis". Un caro saluto.
EliminaA te! Piacere di aver conosciuto questo blog così interessante. :)
RispondiEliminaGrazie di cuore, Annalisa.
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