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Le
recenti elezioni amministrative per il rinnovo di alcuni consigli
comunali hanno fatto registrare un deciso calo degli elettori, reso
ancora più marcato con il turno di ballottaggio che ha visto coinvolte
città importanti come Roma Capitale.
Rispetto
al 1° turno, vi è stata una significativa flessione del numero dei
votanti, sceso in media dell’11,25%, contro la quale nemmeno il
cattivo tempo degli ultimi sussulti dell’inverno (data la latitanza della
primavera) è servito ad invogliare gli elettori più refrattari o inclini
alle gite fuori porta.
La
media nazionale dei votanti è stata del 48,51%, come dire che la
maggioranza degli italiani ha preferito la strada dell’astensione anziché
quella della partecipazione democratica.
Questa
disaffezione, mista a stanchezza e delusione degli elettori verso le
istituzioni, già peraltro avvertita con le recenti politiche del febbraio
scorso, appare ancor più significativa se si pensa che l’interesse dei
cittadini, almeno a livello locale, dovrebbe essere maggiore.
Sono
finiti i tempi in cui le consultazioni elettorali rappresentavano il momento
topico dell’espressione della volontà popolare, diritto/dovere primario
e assoluto che i padri della nostra Costituzione avevano voluto imprimere
nei principi fondamentali all'indomani dell’infausta esperienza del fascismo.
Chi
non ricorda quel bellissimo film del 1963, “Gli onorevoli” in cui
uno straordinario Totò recitava la parte di Antonio la
Trippa, candidato alle politiche, che per ottenere il consenso popolare
tormentava i suoi condomini ripetendo da un imbuto a mo’ di megafono la
mitica frase “Vota Antonio”. Sublime un passaggio del film in cui
il grande comico napoletano pronunciava la battuta: “A proposito di
politica, ci sarebbe qualche cosarella da mangiare?”
La pellicola,
che è un ritratto di sottilissima ironia, si conclude nell'episodio in
questione con la presa di coscienza del personaggio La Trippa sui torbidi affari
della politica che lo porterà a rinunciare alla sua candidatura per
difendere i veri principi morali.
Oggi
come ieri le cose non sono cambiate molto anche se di acqua ne è passata
sotto i ponti; la questione del “politicamente corretto” (o del
suo rovescio che è lo stesso), lungi dall'essere risolta, ha assunto proporzioni
ancora più significative. Manca la politica del “fare” in
luogo di quella del “mal-fare”, mancano precisi punti di
riferimento da prendere a modello, a cominciare dalla famiglia, ormai
fortemente in crisi.
Manca,
in altri termini, quell'insegnamento che lo scrittore statunitense H.
Jackson Brown junior ha saputo ben racchiudere in queste poche ma
significative parole:
“Vivi
in modo che quando i tuoi figli penseranno alla correttezza e all'integrità
penseranno a te.”
Commenti
il problema degli italiani l'astenzionismo e il menefreghismo della politica, probabilmente saranno tutte quelle delusioni subite nell'arco dei decenni, i nostri avi hanno lottato per certi diritti ma purtroppo sembra che nel mondo odierno non abbiano più nessun valore, se poi parliamo del fascismo, un po lo rimpiango (anche se non l'ho mai provato), studiando la storia ho capito che il fascio non ha fatto solo del male ma anche molto per il nostro paese, cose che tanti non sanno, detto questo, non lo rimpiango ma confrontandolo alla casta, non lo vedo come lo descrivono, secondo il mio parere, oggi l'Italia si trova una sola via di salvezza e quella si chiama M5*, se ci deluderà pure lui, per il paese sarà la fine.
RispondiEliminaCiao Eugenio. Il problema principale è la corruzione che c'era anche ai tempi del fascismo. E'una questione morale che va affrontata consegnando ai giovani un nuovo modello culturale che esalti i valori della solidarietà e della giustizia sociale.
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