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Non
c’è un colore che possa rappresentarla o descriverla nel modo che desideriamo.
L’anima è bella solo se siamo capaci di mostrarla libera dalle
contaminazioni del nostro vivere, pura e semplice come gli occhi innocenti di
un bambino che osservano, stupiti, le meraviglie di un improbabile orizzonte.
Le insidie
della vita alterano il percorso che abbiamo tracciato con i sogni e le
fantasie dell’infanzia. Deviazioni subdole e pericolose che a volte ci
conducono in un punto senza ritorno, come una macchia nera nel mare che si
propaga fino a farci allontanare dalla riva.
Le
teorie sulla cattività in rapporto all'ambiente circostante si sono
sviluppate a iosa negli ambiti scientifici, nei salotti letterari e persino nel
mondo delle canzonette. “Perché l’uomo in gruppo è più cattivo, quando è
solo ha più paura”, cantava Mia Martini nella bellissima e
struggente “Gli uomini non cambiano”, a sottolineare che non si è mai
buoni (o cattivi) fino in fondo.
La brutalità
spesso germoglia negli incontri sbagliati, nell'indifferenza, nella distonia e disarmonia
relazionale. Tutto decresce e fa seppellire quell'anima bella e gentile
che si aveva al primo approccio con la vita.
Ed è
difficile, arduo, improbo tirarla fuori quando mancano le carezze,
l’amore paziente e generoso, la predisposizione alla comprensione e
all'ascolto.
Forse
nascono così i ragazzi fuori, figli di ieri o di un domani che si
rigenera all'infinito e che racconta una storia già sentita, anche se a cambiare
sono gli interpreti. Figli di un dio minore, si direbbe, per parafrasare
l’omonimo film del 1986 con William Hurt e Marlee Matlin nei
panni di una ragazza sorda che si
rifiuta di parlare per un dolore vissuto nell'infanzia.
Ma
l’anima resta bella anche sopra un fatto brutto. Quando non la si vede è
solo perché è stata sommersa dai detriti di un tempo maledetto,
impetuoso e ingiusto. Basta scavare dentro per recuperarla e riportarla alla
luce perché tutti possano ammirarla nel suo candore.
Come
adesso che ti vedo e ti riconosco fra migliaia di volti che sono passati
davanti a me da farmi dimenticare della tua esistenza, inquieta e
silente.
Come
adesso che mi viene da dirti con gli occhi lucidi e inteneriti:
“Scusami
se non ti ho amato abbastanza.”
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