ULTIMO POST
- Ottieni link
- X
- Altre app
Che
gli italiani siano un popolo di superstiziosi è un dato ampiamente acclarato. Secondo
un sondaggio del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle
Affermazioni sulle Pseudoscienze), cui fa parte il celebre
conduttore televisivo Piero Angela, siamo in fatto di scongiuri al terzo
posto in Europa con il 58%, preceduti di un palmo dalla Repubblica
Ceca (59%) e dalla primatista Lettonia (60%).
La superstizione,
si sa, è tutto ciò che è irrazionale, non provato scientificamente ma che viene
ritenuto credibile pur in assenza di qualsiasi correlazione tra i
comportamenti e gli eventi prodotti.
E’
associata all'ignoranza, fortemente combattuta nell'era dell’Illuminismo,
invisa da grandi scienziati come Albert Einstein che nel 1954,
in una lettera indirizzata al filosofo di Princeton Eric Gutkind definì
la fede in Dio una “superstizione infantile”.
Ma siamo davvero un popolo così ignorante?
Eppure
vi sono tanti personaggi della cultura e dello spettacolo che ricorrono ai riti
scaramantici più insoliti e stravaganti per tenere a bada tutto ciò che porta
male. Franco Zeffirelli, ad esempio, evita completamente di pronunciare
il nome di una persona che a suo dire porterebbe sfortuna.
Dario Fo (premio
nobel della letteratura nel 1997), scomparso qualche mese fa, debuttava solo al
venerdì.
Maria Grazia Cucinotta ha ereditato dalla nonna tutte le buone
pratiche per sconfiggere il malocchio, mentre la bella Alena
Seredova racconta che i suoi connazionali della Repubblica Ceca sono soliti
toccarsi i denti con la nocca dell’indice.
E
che dire del grande Maestro Eduardo De Filippo che in un’intervista
coniò la celebre frase “Essere superstiziosi è da ignorante, ma non esserlo
porta male”.
Insomma
la superstizione, pur inspiegabile e intangibile, colpisce in maniera trasversale
tutte le categorie sociali e non sembra essere inversamente
proporzionale al grado culturale di ciascuno di noi.
Forse
più che della inadeguata conoscenza empirica, questa forma di credenza,
molto popolare e socialmente stratificata, è figlia piuttosto dell’insicurezza
e della necessità di far leva su determinate convenzioni o usanze popolari per
meglio affrontare e migliorare la propria performance.
E’
un po’ come l’effetto placebo: non è vero ma ci credo.
Allora,
che male fa aggiungere un posto a tavola se si è in tredici, cambiare
strada se un gatto nero ci passa davanti o spargere di sale l’uscio di casa dopo
la visita di un latore di cattive notizie?
Anch'io ho fatto i debiti scongiuri nei modi più consueti e intuibili: una zingara mi ha detto che … morirò venerdì 17!
Fortuna che non ha precisato l’anno …
Commenti
Posta un commento
Posta il tuo commento. Sarò lieto di conoscere la tua opinione.