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Io
parlo da solo. Tutto è cominciato quando un bel giorno mia moglie mi ha
lasciato sbattendo la porta. Ero seduto sul divano del soggiorno di casa
con Lidia ritta in piedi, lo sguardo severo e austero, le braccia
conserte e la bocca spalancata dalla quale si sprigionavano cumuli
di parole e di epiteti.
“Ti
ho tradito. Ti ho messo le corna. E sai con chi? Con Piero, il tuo
migliore amico, quello di cui vai fiero e che un giorno hai voluto per forza
presentarmi. Me lo hai servito su un piatto d’argento: bello, solare e
muscoloso. Il contrario di te: tozzo, burbero e con la testa sempre tra le
nuvole. Ti ho tradito, capisci? Non dici nulla? Non spiccichi parola? Ma che
uomo sei? Maledetti i tuoi silenzi!”
Le
parole di Lidia mi cascavano sulla testa facendomi sprofondare sempre di più
nell'ampia imbottitura del sofà nuovo di zecca. Sono stato in
silenzio tutto il tempo aspettando che la tempesta finisse e che finalmente
ripiombasse la quiete. Ero stranamente calmo e riflessivo. Ricordai ad un
tratto la scenetta comica di Totò, quella di Pasquale che riceve pugni e insulti
da un Tizio incontrato per strada:
“Pasquale, era un pezzo che ti
cercavo. Figlio di un cane, finalmente ti ho trovato!”
E a seguire schiaffi
e pugni in testa. Il povero malcapitato pensava tra sé: “Chissà ‘sto stupido
dove vuole arrivare!”
Ma perché non hai reagito?, fa l’amico.
“E che me
frega a me, mica son Pasquale io!”
Ho
reagito come il Pasquale della barzelletta e cioè nella
totale indifferenza. Non ero io che dovevo vergognarmi ma Lidia e Piero
che mi avevano tradito, l’una nell'amore e l’altro nell'amicizia. Da
allora ho cominciato a parlare da solo, facilitato anche dal fatto che intorno
a me non c’era più nessuno. Un soliloquio che è iniziato prima tra le mura
domestiche con commenti del tipo ‘Oggi è stata una giornata faticosa!’ ‘Meglio
una pizza o due uova al tegamino? ‘Una bella doccia calda è quella che
ci vuole!’. Poi le parole sono “uscite” per strada, tra la gente, nei
negozi e negli uffici. Erano quasi sempre delle imprecazioni rivolte ai miei
odiati traditori:
“Mia
moglie non mi merita!
Piero
non mi merita!
Nessuno
mi merita!”
Un ritornello che
ripetevo in ogni occasione: dal salumiere, ai giardini pubblici, finanche alle
poste mentre stavo in coda ad aspettare il mio turno. Una volta, proprio
all'ufficio postale, sentii qualcuno da dietro che mi apostrofava: “Nemmeno
tu ci meriti se continui con questa lagna!”
Piero
ed io lavoravamo nello stesso ente pubblico. Io mi occupavo della
progettazione e lui degli appalti. Un giorno mi confidò tutto fiero e
contento che una certa impresa in cui lavorava suo fratello si era aggiudicata
un lavoro da quasi due milioni di euro. C’era qualcosa che non andava ma per la
grande amicizia che nutrivo per Piero decisi di mettere da parte qualsiasi
sospetto.
Ora
quella vicenda mi era ritornata prepotentemente alla memoria al punto da
riassumerla con queste parole:“Piero corrotto, in galera ti ci
porto!”. Le ripetevo a voce alta in qualunque luogo mi trovassi, e un
giorno persino davanti alla stazione dei carabinieri.
Oggi
Piero è rinchiuso nel carcere di Rebibbia con l’accusa di corruzione.
Lidia l’ha lasciato e si è messa con un altro.
Io
continuo a parlare da solo.
IO PARLO DA SOLO
Racconto breve
di Vittoriano Borrelli
(Ogni riferimento a
fatti o persone reali è puramente casuale).
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