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Ognuno
di noi, a modo suo, parla con se stesso. Si può essere ipercritici,
superficiali, poco obiettivi o semplicemente opportunisti per sentirsi dire da
“dentro” quelle parole o proclami assolutori che non arrivano dall'esterno.
C’è
un romanzo meraviglioso che racconta in maniera attenta e magistrale queste
dinamiche interiori: “La coscienza di Zeno”, di Italo Svevo, pubblicato
nel 1923.
L’opera
descrive l’incapacità del protagonista, Zeno Cosini, di spiegare e risolvere i malesseri
che hanno segnato tutto il suo percorso di vita:
Dalla
dipendenza dal fumo vista come mancanza di volontà …:
“Adesso
che son qui, ad analizzarmi, sono colto da un dubbio: che io forse abbia amato
tanto la sigaretta per poter riversare su di essa la colpa della mia
incapacità? Chissà se cessando di fumare io sarei divenuto l’uomo ideale e
forte che m’aspettavo? Forse fu tale dubbio che mi legò al mio vizio perché è
un modo comodo di vivere quello di credersi grande di una grandezza latente.”
… al rimpianto per non aver avuto alcun
rapporto significativo con il padre:
“La
morte di mio padre fu una vera, grande catastrofe. Il paradiso non esisteva
più, ed io poi, a trent'anni, ero un uomo finito. Anch'io! M’accorsi per la
prima volta che la parte più importante e decisiva della mia vita giaceva
dietro di me, irrimediabilmente.”
Dall'inettitudine
nella scelta della donna che diventerà sua moglie …:
“Venne
finalmente il giorno del mio matrimonio e proprio quel giorno ebbi un’ultima
esitazione. Avrei dovuto essere dalla sposa alle otto del mattino, e invece
alle sette e tre quarti mi trovavo ancora a letto fumando rabbiosamente e
guardando la mia finestra su cui brillava, irridendo, il primo sole che durante quell'inverno fosse apparso.”
…
alla relazione controversa e contraddittoria con l’amante che per questo lo
lascerà …:
“Si
dice che quando si soffre per aver bevuto troppo, non ci sia miglior cura che
di berne dell’altro. Io, quella mattina, andai a rianimarmi da Carla …”
Vicende
che Zeno racconta nelle sedute dal suo psicoanalista dal quale si allontanerà
non appena si farà strada in lui il disprezzo e la sfiducia verso il buon esito
della terapia.
La
coscienza di Zeno non è soltanto la storia di un uomo divorato dalle malattie, reali o apparenti, del proprio vissuto al punto da renderlo inetto e refrattario a qualsiasi stimolo esterno.
E' il fallimento della società civile di acquisire una propria capacità introspettiva, l’inadeguatezza dell’essere in rapporto alle azioni compiute che appaiono effimere, inspiegabili o, nella migliore delle ipotesi, poco efficaci e produttive delle migliori manifestazioni d’animo.
E' il fallimento della società civile di acquisire una propria capacità introspettiva, l’inadeguatezza dell’essere in rapporto alle azioni compiute che appaiono effimere, inspiegabili o, nella migliore delle ipotesi, poco efficaci e produttive delle migliori manifestazioni d’animo.
Sono
allora le omissioni, le parole sottaciute, i gesti trattenuti a destabilizzare
la vita del protagonista relegandola in un limbo indefinito nel quale e contro
il quale s’imbatte una coscienza fragile ed indifesa che non sa tendere lo
sguardo ad un futuro sicuro e tranquillo:
“Ci
sarà un’esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di
nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie.”
(Italo Svevo, “La
coscienza di Zeno”)
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