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Certe
volte il destino è beffardo. Nell'infinito mondo del web, e in
particolare dei social, si fa di tutto per essere ricordati postando le
immagini più curiose ed accattivanti, i pensieri più originali e reconditi per
far breccia sui cosiddetti “followers”, i seguaci ai quali ci si
rivolge affinché il messaggio sia condiviso ed apprezzato. Quasi mai
succede di essere indimenticabili e quel post viene ben presto espulso
dalla rete come un rifiuto, una carta appallottolata e lanciata nel cestino.
Accade
invece che quando si desidera rimuovere quello che è stato immesso nel web è
già troppo tardi. Il diritto all'oblio, soprattutto per le informazioni
on line, è il meno tutelato giuridicamente anche se in molte legislazioni,
compresa la nostra, vi sono norme apparentemente puntuali e deterrenti.
Molto
spesso ci si dimentica delle cose positive che facciamo mentre quelle negative
pesano come un macigno e, a volte, sono in grado di condizionare tutta
la nostra esistenza.
Ci
vuole tanto per farsi amare, niente per essere reietti.
E la
realtà è piena di questi esempi, come la vicenda di cui è stata vittima Tiziana
Cantone, la trentunenne napoletana costretta al suicidio dopo aver
atteso invano che venissero rimossi dal web i video hard che la
vedevano protagonista. Per la verità c’era anche riuscita, almeno sul piano
giudiziale, con una sentenza del 5 settembre 2016 con la quale il
tribunale di Aversa aveva imposto a cinque social l’eliminazione del
materiale oggetto del contendere.
Ma è
stata la vittoria di Pirro. Tiziana oltre a dover rifondere c.a. 18.000
euro ad alcuni social per errori formali, si è vista negare il suo diritto
all'oblio in quanto “presupposto fondamentale perché l’interessato possa
opporsi al trattamento dei dati personali, adducendo il diritto all'oblio, è
che tali dati siano relativi a vicende risalenti nel tempo”.
Secondo
il giudice adito “non si ritiene che rispetto al fatto pubblicato sia
decorso quel notevole lasso di tempo che fa venir meno l’interesse della
collettività alla conoscenza di questa vicenda.”
Questa
sentenza mette in luce tutti i limiti della legislazione vigente in
ordine al diritto dell’interessato di poter negare (anche
successivamente) il consenso alla divulgazione dei propri dati e informazioni,
qualunque ne sia la modalità. Nel mondo di internet il diritto all'oblio
non esiste perché non esiste alcuna contromisura efficace per bloccare o
interrompere quello che è già veicolato nei meandri della rete.
L’unico
rimedio è quello di agire sul piano culturale con una capillare azione
educativa che insegni il rispetto per le persone, a cominciare dai
banchi della scuola. Compito arduo per non dire impossibile a giudicare dai
crescenti fatti di cronaca degli ultimi tempi.
Bisognerebbe
agire sull'educazione al ricordo, tenendo ben distinti gli avvenimenti
positivi, che andrebbero salvaguardati nella memoria, da quelli negativi
o devastanti che purtroppo vengono amplificati oltre misura.
Pochi
ricorderanno quel meraviglioso passo de “I Promessi Sposi” in cui Gertrude,
stanca di combattere contro il volere del padre che aveva deciso per lei la
vita monacale, accetta di diventare suora:
“Dissi
quel sì e fui monaca per sempre!”
Molti ricorderanno, e per lungo tempo, vicende come quella di Tiziana. Oggi le parole della monaca di Monza sul caso della Cantone suonerebbero così:
“Feci quel video e fui prostituta per sempre!”
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