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IL DOLORE

VOLEVO SOLO ESSERE AMATO


Piero aveva in tasca solo cinque euro. Gli sarebbero bastati per ricaricare il cellulare e chiamare qualcuno per una richiesta di aiuto che lo tormentava da tempo. Di cosa aveva bisogno? Semplicemente di una parolina di cinque lettere detta con tutta la sincerità possibile: amore.
Fece scorrere rapidamente l’agenda dei contatti e si sorprese nello scoprire che nonostante ne avesse tanti nessuno rispondeva al profilo che desiderava.

Pensò prima di tutto alla Wilma, una che aveva conosciuto da poco e con la quale era uscito un paio di sere per una pizza o una carbonara in qualche trattoria di Roma. Wilma era quel che si dice di una donna pronta all'uso: gioiosa, superficiale e, soprattutto, poco vestita. Al primo incontro si era presentata con una minigonna così corta da lasciare scoperte le gambe sfilate e ben esposte. Indossava un top stretto e sottile da far esplodere due seni rigogliosi che chiedevano soltanto di essere esplorati. Dopo la pizza e la carbonara, in entrambe le sere, erano finiti in un albergo di periferia ma nei mattini seguenti Piero non provò alcuna emozione.

Scartò subito Wilma e si concentrò su Evelina, la “miracolata”. Si erano conosciuti, o meglio, scontrati in un incidente d’auto sulla via Aurelia, un tamponamento provocato dalla forte pioggia che aveva bloccato i freni dell’utilitaria di Piero. L’impatto fu così violento che l’auto di Evelina andò a sbattere contro il guardrail ma la donna ne uscì miracolosamente illesa. In seguito i due presero a frequentarsi e tra loro scoppiò una relazione che era un misto di remissione del peccato, per Piero, e di divina provvidenza per la sventurata.

È stato il destino a farci incontrare.”
O a farci maledire”, pensò invece Piero.
Ti prenderai cura di me e non mi farai più soffrire. Ricordati che sono una miracolata.”

Scartò pure Evelina e gli venne in mente Leopolda, una donna… bifronte. Da dietro aveva forme femminili ben aggraziate ma davanti era esattamente il contrario, con un non so che di intellettuale: super abbottonata come un fagotto, aveva gli occhiali quadrati con montatura scura, di quelli che si vedono sulle facce di studenti pensierosi e dediti alla lettura. Tra loro poteva nascere anche una storia importante se non fosse stato per queste parole che Leopolda pronunciò in macchina in un momento d’intimità:

Credi di amarmi ma le prospettive della mente vanno oltre la concretezza della realtà. Sono qui ma posso essere altrove, in un altro mondo, in un altro contesto. E i tuoi baci quasi non li sento più.”

Per Piero fu come una doccia fredda che spense in un attimo i ribolliti sensi di un amore acerbo. Rimase a bocca aperta con una mano sospesa in aria come un fotogramma di un film fermo sullo schermo in attesa del secondo tempo che non sarebbe mai arrivato.

Fuori anche Leopolda, Piero s’incamminò per Ponte Flaminio. Si affacciò sul parapetto che dava sul Tevere e fece cadere i cinque euro che aveva prelevato dalla tasca. Comprese che la sua richiesta di aiuto era troppo impegnativa e nessuno mai l’avrebbe raccolta. Si sporse con tutto il busto in avanti come a volersi lanciare in quelle acque torbide e gridò a squarciagola:

Volevo solo essere amato.”

D’un tratto si sentì tirare ad una gamba. Si voltò e si trovò di fronte un bastardino a quattro zampe che gli stava morsicando  l’orlo dei pantaloni. Si chinò alla piccola bestiola che in un attimo lasciò la presa e cominciò a leccargli la faccia con festosi guaiti. Piero rispose a quella manifestazione di affetto inaspettata  carezzandolo a sua volta con un trasporto che non aveva mai provato prima.

Nel buio di una Roma assonnata si avviarono per corso di Francia come due vecchi amici che si erano finalmente ritrovati.

VOLEVO SOLO ESSERE AMATO

Racconto breve
 di
Vittoriano Borrelli

(Ogni riferimento a persone o a fatti reali è puramente casuale)

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