ULTIMO POST
- Ottieni link
- X
- Altre app
Giro
e rigiro il cucchiaino nel cappuccino quasi a voler prolungare
un istante che non so bene se sia di sollazzo o di ostinata agonia. La schiuma trasborda
intorno alla tazza come le onde del mare sulla scogliera; in questa distesa di
liquido colorato sento di immergermi con il capo chino e pensieroso.
La
barista giocherella con il suo smartphone aspettando che
arrivi un altro avventore da servire. E’ magra da far paura ma dotata di una
forza mascolina che non disdegna di mostrare quando impugna il portafiltro e
lo sistema in un colpo solo sotto la coppa della macchina da caffè.
Dove troverà tutta questa energia alle sette e trenta del mattino? Che sia
forse un monito a noi poveracci che ci muoviamo come zombi alle prime luci
dell’alba?
Accanto
a me una coppia di anziani commenta le notizie di un
quotidiano piegato a metà sul bancone, e più in là, in disparte, un giovane
studente con lo zaino sulle spalle beve tutto d’un fiato il
succo d’arancia prima di scappare fuori a prendere l’autobus.
Intanto
continuo a girare il cucchiaino nella tazza con le pupille che
seguono questo movimento circolare che quasi mi procura un effetto ipnotico. Se
non la smetto finirò sul serio con la faccia nella schiuma del latte e
mi addormenterò come un ubriaco dopo l’ennesimo quartino.
Penso
e non vorrei pensare, mi agito e vorrei stare fermo, tutte azioni e negazioni che
si annullano a vicenda facendomi rimanere al punto di partenza: ritto nella mia
postazione, anonimo e indifferente come un manichino insieme
ad altri intento ad osservare il solito scenario.
Giro
e rigiro il cucchiaino ma questa volta la barista mi lancia un’occhiata
interrogativa che mi induce ad accelerare l’atto di sorbirmi il
mio cappuccino.
Ecco
che mi decido ad impugnare il manico della tazza e a portarla
a poca distanza dalle mie labbra. Sento gli occhi dei presenti su
di me come se stessero assistendo ad un’operazione delicata e difficile.
Finalmente mando giù i primi flutti di latte caldo che
scendono in gola e infine nello stomaco dopo un lieve
rigurgito. Provo un gusto amaro come se avessi ingerito uno
strano intruglio, di quelli che si prendono come medicina quando si sta male.
Chiedo
alla barista una brioche alla crema per addolcire il palato ma
il primo boccone mi va di traverso, comincio a tossire, divento rosso e poi
paonazzo, sento che sto per soffocare. Improvvisamente ricordo che non ho
fatto testamento né ho dato disposizioni per la donazione degli
organi e questa assenza di pianificazione delle azioni postume alla
mia vita mi fa agitare sempre di più.
Penso
a Confucio, il mio cane che da lì a poco avrei lasciato da solo nel
mio giardino di casa senza che nessuno si sarebbe occupato di lui. Ed è un
pensiero miracoloso che segna la mia salvezza da quella
difficile situazione. Di colpo il boccone della brioche che si era trattenuto
tra la trachea e l’esofago si sposta verso quest’ultimo ed io riprendo
finalmente a respirare.
Cerco
di darmi un contegno, fingo indifferenza ma in cuor mio mi sento
sollevato per lo scampato pericolo. Vado alla cassa, rifiuto con un
sorriso l’offerta della barista di non pagare l’infausta consumazione ed esco
dal bar.
Mi
prendo in faccia l’aria fredda del mattino e scopro che è così
bello ricominciare.
ZUCCHERO AMARO
Racconto breve
di
Vittoriano
Borrelli
A tutti i lettori i miei auguri di buona Pasqua
Commenti
Buona Pasqua anche a te e al cane Confucio. ;)
RispondiEliminaGrazie Claudia ( Anche da parte di Confucio) 😉
Elimina