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Lidia
è la donna dei cinque minuti. In così poco tempo riesce a fare una
quantità di cose che a confronto io sono una vera e propria lumaca. Quello che
mi sorprende di lei è la contemporaneità delle azioni, tutte compiute al punto
giusto e senza alcuna sbavatura.
Eccola
al telefono che parla con un’amica e nel contempo tirare fuori dal frigo
le bistecche appena scongelate, deporle sulla piastra già calda e con un
piede aprire la credenza per prelevare, tenendo la cornetta ben ferma tra
l’orecchio e la spalla, le spezie e il pane. In mezzo a questi gesti in rapida
sequenza si permette persino di sorridermi mentre la osservo affascinato
e nello stesso tempo interdetto da cotante acrobazie.
Non
sta ferma un minuto. Come adesso che la vedo andare avanti e indietro per il
soggiorno, guardare l’orologio e fermarsi al centro della sala con aria
pensierosa.
“Sono
le 13 e 55. Alle due devo essere giù che viene Rosetta per accompagnarmi in
ufficio.”
“ Che
aspetti allora? Comincia a scendere.”
“ C’è
ancora tempo. Possiamo fare l’amore.”
“In
cinque minuti?”
“E
che ci vuole? Se sei pronto quanto basta possiamo saltare i preliminari. Lo sai
che li trovo inutili e dispendiosi.”
A
questo punto è accaduto qualcosa di comico. Nella fretta la lampo dei
miei pantaloni si è impigliata negli slip. Lidia tuttofare non si è
persa d’animo. Con una forbicina che aveva, guarda caso, a portata di
mano, è riuscita a sbrogliare la “matassa” e a tirare
giù gli indumenti in un sol colpo procurandomi un breve ma intenso piacere. Il
tutto nello spazio di tre minuti e quarantacinque secondi.
Insomma
Lidia è la donna che ognuno di noi vorrebbe avere al proprio fianco:
pratica ed efficiente come la migliore delle lavoratrici, calda e passionale
come un’amante puntuale e generosa.
C’è
però il rovescio della medaglia. Il suo vivere intensamente senza sprecare un
attimo della sua vita è per me un monito che mi fa ricordare, come uno specchio
implacabile, la mia proverbiale pigrizia e il mio essere esageratamente
tranquillo e posato. La vitalità di Lidia mi fa toccare con mano l’inutilità
della mia esistenza fatta di continue pause e ripensamenti al punto da
sentirmi addosso tutto il peso del tempo.
Quando
si vive poco o s’indugia troppo s’invecchia prima, un po’come le cose che si
lasciano in soffitta a impolverarsi. Per usare un eufemismo, Lidia
sarebbe un treno che corre ad alta velocità mentre io una locomotiva vecchia
e desueta che sta ferma su un … binario morto!
Uno
di quei giorni la vedo rientrare a casa sbattendo la porta. Mi saluta
appena accasciandosi sul divano col viso stanco e affranto come se fosse reduce
da un campo di battaglia. La osservo in silenzio pensando che tra un
secondo la vedrò alzarsi per sbrigare qualche faccenda.
Di
solito è sempre indaffarata a fare qualcosa. Per Lidia le sedie e le poltrone non
sono altro che dei suppellettili per abbellire l’arredamento e non per
essere usate per la loro funzione naturale. Invece resta seduta con lo sguardo
fisso nel vuoto e la cosa comincia a preoccuparmi.
“E’
successo qualcosa?”, chiedo con la mia solita flemma.
“Credo
di aver notificato un ricorso oltre i termini.”
Lidia
lavora presso uno studio legale ed è in attesa di diventare avvocato.
“Sei
sicura?”
“La colpa è di Mariella.”
“Mariella?”
“Quella
collega antipatica del mio ufficio. Smorfiosa, arrogante, tutta tette e culo
che non disdegna di mostrarli a quel babbeo del nostro capo. Quando stamattina
ha cominciato a vantarsi per l’ennesima volta delle sue “qualità”, non ci ho
visto più e gliene ho cantate quattro. Così mi sono accorta in ritardo di
quella notifica che era per una causa molto importante. Ho inviato la pec ma
credo di aver toppato.”
“Di
quanto sei andata fuori termine?”
“Cinque
minuti, maledetti cinque minuti."
MI BASTANO CINQUE
MINUTI
Racconto breve
di
Vittoriano
Borrelli
(I fatti narrati
sono assolutamente immaginari)
BLOG RETRO:
8.01.2016
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