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Da
qualche giorno sono assalito dal dubbio di avere ammazzato qualcuno.
Esattamente da trentasette ore e quarantacinque minuti, il tempo trascorso da
quando mi sono recato al supermercato fino adesso che sono a letto
a rimuginare su quello che è (o sarebbe) successo.
Ho
passato una notte piena di ripetizioni: mi sono alzato e sono andato in
cucina, ho aperto il frigo per cercare qualcosa da bere, sono
ritornato a letto per poi rialzarmi e rifare le stesse cose. Niente. Non
c’è stato modo per acquietarmi e spegnere la mia sete di risposte alle
domande che in rapida successione hanno iniziato a pungolarmi come una spilla
su tutto il corpo.
Ricordo
perfettamente quello che ho fatto al supermercato, le cose che ho comprato, la spesa
che ho prelevato dal carrello e che ho riposto con cura nel bagagliaio
della mia macchina. Ho bene impressa ognuna delle azioni che ho compiuto
prima di imboccare la strada del ritorno, come la chiave d’accensione con
la quale ho fatto partire l’auto al primo colpo e la retromarcia che ho
inserito per uscire dal parcheggio.
Poi
un tonfo, qualcosa contro cui avrò urtato con la macchina e che mi ha
fatto pensare ad una persona per le grida che si sono levate subito dopo
l’impatto.
Non
ricordo altro. Black-out completo, come se tutto si fosse fermato al
momento in cui ho creduto di avere investito qualcuno. Un dubbio che mi
ha accompagnato nelle ore a seguire e che ora mi sta lacerando come un rimorso
acerbo e incalzante, benché inspiegabile e immotivato.
Provo
a riordinare le idee, mentre mi giro e mi rigiro tra le coperte con il televisore
acceso dal quale sento sciorinare le notizie di cronaca ma non
quella (per me) più temuta. Dunque, mi dico, mi chiamo Mario Cravattini, ho
trentacinque anni, funzionario di banca tutto casa e chiesa. Cosa avrò fatto di
male da macchiarmi la coscienza per un delitto che, per giunta,
dubito di aver commesso?
Chissà
perché ma mi viene in mente la notte dell’Innominato de “I Promessi
Sposi”. Come questo personaggio sono preso dal pentimento per
qualcosa di cui dovrei vergognarmi e contro cui dovrei combattere con una conversione
purificatrice di tutti i mali. Come l’Innominato ho ripercorso a ritroso tutte
le fasi della mia vita, abbattuto gli argini dei più reconditi pensieri e
ricordi che credevo di aver riposto per sempre in qualche cassetto sperduto
della memoria.
Mi
rivedo bambino colto in flagrante da mia madre nell’atto di compiere una
marachella. Più del castigo che mi sarei aspettato, ho temuto
d’imbattermi nel suo sguardo pieno di severità e privo della benché
minima indulgenza per quella malefatta. Questo sguardo, così glaciale e sprezzante,
mi ha accompagnato per tutta la vita facendomi precipitare nell'insicurezza e
nella terribile certezza che non sarei mai stato felice.
Non
avrei avuto nessuno da amare, e nessuno mi avrebbe mai amato. Neutralità
che è stata la costante di tutto il mio percorso relegandomi nelle cose invisibili,
che si dissolvono in fretta come una nuvola passeggera in un cielo terso e crepuscolare.
Gli
occhi mi si sono riempiti di lacrime ma ho sentito per la prima volta
una calma interiore che mi ha fatto assopire lentamente mentre in
sottofondo lo speaker della televisione ha annunciato la triste notizia:
“La
redazione ci riferisce di un omicidio per futili motivi al
parcheggio del supermercato di San Giovanni. Una macchina, uscendo in
retromarcia dall'area di sosta, ha urtato contro il carrello della spesa
trainato da un cliente. Ne è scaturita una violenta discussione con il
conducente dell’auto che è stato raggiunto da due colpi di pistola. Trasportato
d’urgenza all'ospedale della città, l’uomo è spirato pochi minuti fa.”
IL DUBBIO
Racconto breve
di
Vittoriano
Borrelli
(I riferimenti a
fatti o a personaggi della realtà sono puramente casuali)
BLOG RETRO: 3
febbraio 2017
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