LA PERCEZIONE DEL NIENTE


Le relazioni sono l’essenza di ogni genere di convivenza ma a volte s’innalzano tra gli interlocutori barriere insormontabili che allungano le distanze e fanno toccare con mano la percezione del niente. Accade soprattutto nelle grandi delusioni o nel disincanto che segue dopo aver creduto, per molto tempo, nelle persone sbagliate.

Il niente riempie gli spazi dell'inagibilità dell’anima ed è ciò che resta quando si accumulano ceneri di tristezza, di dolore inespresso, di parole non dette per non far del male, che si sottacciono solo per farlo a se stessi. 

La concatenazione di eventi che procurano dispiacere travolge quanto di positivo ci si propone di fare per rialzarsi, andare avanti e crederci ancora.

Ci si trova a prendere una quantità di decisioni e, fra queste, la solitudine diventa una scelta e non un’imposizione. L’alternativa non attrae, viene scartata dopo aver subito una sorta di lavaggio del cervello con una voce che ti sussurra all'orecchio, insistentemente, che niente potrà mai sovvertire l’ordine delle cose.

Scriveva Giacomo Leopardi: I fanciulli trovano il tutto anche nel niente, gli uomini il niente nel tutto. Il suo pessimismo è noto per antonomasia ma la verità, quando è nuda e cruda, non fa mai piacere.

Da bambini si viaggia con l’immaginazione e ci si accontenta di quello che si ha anche se vale niente. Percorso inverso quando si diventa adulti: si smette di sognare e il niente è ciò che resta della realtà. È la realtà stessa.

Il niente spezza ogni legame con le cose: è un bacio senza sapore, un abbraccio senza trasporto, un sorriso che si spegne negli occhi di chi non l’ha sentito. Interruzione fatale con la vita che non hai voluto ma che ti è stata affibbiata addosso come un vestito che ti sta stretto.

Non c’è cosa più reale della percezione del niente. Te la senti addosso, la plasmi e ti plasma, fino a diventare anche tu nient’altro che niente.

Come i rumori di città che si odono in lontananza. Sfumature che si dissolvono con il vento che non soffia più.

E tutto intorno si fa silenzio.

VESTITO IN NERO


Accende sigarette e spegne idee sembra un fantasma
poi si volta guarda il cielo e va per la sua strada
Si confonde con la nebbia di questa città
stancamente i passi suoi diventano realtà

Ora si è fermato e aspetta chi non ha paura
una donna o una proposta che sia più avventura
poi si spoglia e nudo aspetta un sì sopra un altare

Dio dove stai? Aspettami dammi la mano
quella mela non la coglierò non sarò un nano
Guarda poco spazio c'è quaggiù fammi tentare
troppe donne stesse facce io voglio cambiare

Dammi un po’ d'azzurro o tingimi di nero in nero
Dammi qualche cosa che sia più di un pensiero
questa mia coscienza vale più dell'indecenza

Mano nella mano... nella mano... nella mano...
un soffio piano un grido al vento un pentimento
e poi la mano nella mano... nella mano... nella mano...

Nero
Quel playboy è ormai vestito in nero
Sta piangendo e forse adesso è sincero
Dagli retta se vuoi
Nero
dagli forza se vuoi

Rosa l'ha lasciato senza speranza
Viola l'ha mangiato con arroganza
ora è solo un corpo di più
Nero o bianco pensaci tu

Quante esitazioni adesso sì non c'è ragione
Moglie prendimi e scivola sopra il mio corpo
Il kamasutra l'ho imparato bene e allora insieme
facciamoci del male respiriamoci offendiamoci

Dio non mi ascolta ma che vuoi? Anch'io ho sbagliato!
Scendi un po’ più giù e accettami come un soldato
che di sé non sa più niente e allora vive da serpente

Mano nella mano... nella mano... nella mano...
un soffio piano un grido al vento un pentimento
E allora nella mano... nella mano...nella mano... nella mano...

Nero
Nascondimi ti prego e vestimi in nero
Questo colore io l'ho amato davvero!
E fai di me quel che vuoi
Nero
ma cosa penso di noi?

Mangia e bevi questo mio sudore più nero
noi siamo schiavi e non ci basta più il vero
fumiamo questa città
e nero la vita continuerà
(Tratto da Le parole del mio tempo)


NIENTE SESSO, SIAMO OBESI!


Ho cominciato ad ingrassare da un giorno all'altro come succede con un recipiente che si riempie in un colpo solo fino all'orlo. Quando me ne sono accorto è stato troppo tardi. Una mattina, uscendo dalla doccia, mi sono guardato allo specchio e ho notato tutte quelle cose che, fino ad un attimo prima, non avevo voluto vedere: gli occhi infossati e ridotti a due minuscole fessure, il doppio mento, le spalle molli come una ricotta e i capezzoli che sembravano due mammelle cascanti.

Non c’era niente di me o di quello che ero stato un tempo, un uomo sui cinquant'anni ancora piacente, dal fisico atletico e muscoloso da fare invidia anche ai più irriducibili palestrati. Fatto sta che questo fisico così scultoreo, simile ad un Dio, ha cominciato a trasformarsi in una massa epidermica senza forma e sostanza, un’oloturia senza capo né coda che si spingeva negli abissi del mare, ora a destra, ora a sinistra, per ritornare sempre allo stesso punto.

Il motivo di questa metamorfosi l’avevo deliberatamente rimosso dalla mente, un episodio, un’immagine che aveva segnato dentro di me lo spartiacque tra la vita dissoluta, piena di donne e di sesso sfrenato e l’altra, di segno opposto, di morigeratezza, chiusura totale ai piaceri materiali, di castità assoluta e suprema.

Una conversione che all'esterno si era manifestata con la trasformazione del mio corpo da modello esemplare a qualcosa di antitetico e patologico che nemmeno i dietologi più affermati avrebbero saputo risolvere. In realtà ero io che avevo voluto ingrassare rimpinzandomi a tutte le ore del giorno di ogni cosa che fosse commestibile, allo stesso di quando, un tempo, mi ero catapultato in una vita senza freni, di facili conquiste, fino a divenire un erotomane per eccellenza.

Ma nulla accade per caso e anche questo cambiamento radicale aveva una causa, o meglio, un nome: Germana, la donna per la quale avevo perso letteralmente la testa.

L’avevo conosciuta agli albori dei miei quarantanove anni e fu subito sesso a prima vista. Facevamo l’amore dappertutto: in ascensore, nei camerini dei grandi magazzini, in macchina, nei motel e in qualsiasi altro luogo che ci sembrava propizio per dare sfogo alla nostra comune inclinazione per l’erotomania.

Germana era instancabile e proprio questa parolina che all'inizio della nostra relazione doveva essere il motore per mettere alla prova le mie capacità amatorie, divenne in seguito una specie di fardello che mi portavo addosso con fatica a causa delle richieste sempre più esigenti della mia amante.

Si sa che le donne in questo campo sono più resistenti degli uomini. Sono dotate di una componente genetica che le spinge a reiterare il piacere in un intervallo di tempo molto più ravvicinato. Diciamo che ad un certo punto della storia ho fatto fatica a pareggiare le performance di Germana che invece sembrava non stancarsi mai ed era sempre pronta a ricominciare laddove io desideravo, almeno per un po’, deporre… le armi.

Forse sto invecchiando. Forse Germana non mi ama più”, mi dicevo pensando a quella volta in cui ho avuto una defaillance durante il rapporto con la Germana che mi ha lanciato un sorrisetto ironico. Ho associato la sua espressione a quella di un corridore che arriva prima al traguardo e si prende beffa del suo avversario.  

Il nostro stava diventando un gioco al massacro e temevo di perdere colpi in un momento in cui il mio trasporto per Germana era diventato particolarmente fluente. Insomma, sono stato preso dall'ansia di non essere più all'altezza e questa incertezza ha segnato la fine del nostro rapporto. Germana ha cominciato a diradare gli appuntamenti mostrandosi sfuggente e misteriosa.

Una sera, stanco dell’ennesima scusa di non vedermi, l’ho seguita fin sotto casa. Era con un uomo ma nel buio non sono stato in grado di capire chi fosse. Ho atteso qualche minuto e sono entrato con la copia delle chiavi di cui disponevo.

All'interno non c’era nessuno e per un attimo ho pensato di essermi sbagliato, che la scena di poco prima fosse solo frutto della mia immaginazione. Poi ho visto una luce filtrare dal piano superiore. Sono salito senza fare rumore fermandomi davanti alla porta socchiusa della camera da letto. L’ho spinta lentamente e ho guardato il letto.

Germana era di spalle, completamente nuda, che contemplava l’uomo che le stava davanti. Poi si è abbassata ed è stato in quel momento che ho visto mio figlio.

NIENTE SESSO, SIAMO OBESI!

Racconto breve
di
Vittoriano Borrelli

(Ogni riferimento alla realtà è puramente casuale)