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Ho
cominciato ad ingrassare da un giorno all'altro come succede con un recipiente che si riempie in un colpo solo fino all'orlo. Quando me ne sono accorto è stato
troppo tardi. Una mattina, uscendo dalla doccia, mi sono guardato allo specchio
e ho notato tutte quelle cose che, fino ad un attimo prima, non avevo voluto
vedere: gli occhi infossati e ridotti a due minuscole fessure, il doppio mento,
le spalle molli come una ricotta e i capezzoli che sembravano due mammelle
cascanti.
Non c’era
niente di me o di quello che ero stato un tempo, un uomo sui cinquant'anni ancora
piacente, dal fisico atletico e muscoloso da fare invidia anche ai più irriducibili
palestrati. Fatto sta che questo fisico così scultoreo, simile ad un Dio, ha
cominciato a trasformarsi in una massa epidermica senza forma e sostanza,
un’oloturia senza capo né coda che si spingeva negli abissi del mare, ora a
destra, ora a sinistra, per ritornare sempre allo stesso punto.
Il
motivo di questa metamorfosi l’avevo deliberatamente rimosso dalla mente, un
episodio, un’immagine che aveva segnato dentro di me lo spartiacque tra la
vita dissoluta, piena di donne e di sesso sfrenato e l’altra, di segno opposto,
di morigeratezza, chiusura totale ai piaceri materiali, di castità assoluta e
suprema.
Una
conversione che all'esterno si era manifestata con la trasformazione del mio
corpo da modello esemplare a qualcosa di antitetico e patologico che nemmeno i
dietologi più affermati avrebbero saputo risolvere. In realtà ero io che avevo
voluto ingrassare rimpinzandomi a tutte le ore del giorno di ogni cosa che fosse
commestibile, allo stesso di quando, un tempo, mi ero catapultato in una vita
senza freni, di facili conquiste, fino a divenire un erotomane per eccellenza.
Ma
nulla accade per caso e anche questo cambiamento radicale aveva una causa, o
meglio, un nome: Germana, la donna per la quale avevo perso letteralmente la
testa.
L’avevo
conosciuta agli albori dei miei quarantanove anni e fu subito sesso a prima
vista. Facevamo l’amore dappertutto: in ascensore, nei camerini dei grandi
magazzini, in macchina, nei motel e in qualsiasi altro luogo che ci sembrava
propizio per dare sfogo alla nostra comune inclinazione per l’erotomania.
Germana
era instancabile e proprio questa parolina che all'inizio della nostra
relazione doveva essere il motore per mettere alla prova le mie capacità
amatorie, divenne in seguito una specie di fardello che mi portavo addosso con
fatica a causa delle richieste sempre più esigenti della mia amante.
Si sa
che le donne in questo campo sono più resistenti degli uomini. Sono dotate di
una componente genetica che le spinge a reiterare il piacere in un intervallo
di tempo molto più ravvicinato. Diciamo che ad un certo punto della storia ho
fatto fatica a pareggiare le performance di Germana che invece sembrava non
stancarsi mai ed era sempre pronta a ricominciare laddove io desideravo, almeno
per un po’, deporre… le armi.
“Forse
sto invecchiando. Forse Germana non mi ama più”, mi dicevo pensando a
quella volta in cui ho avuto una defaillance durante il rapporto con la Germana
che mi ha lanciato un sorrisetto ironico. Ho associato la sua espressione a
quella di un corridore che arriva prima al traguardo e si prende beffa del suo
avversario.
Il
nostro stava diventando un gioco al massacro e temevo di perdere colpi in un
momento in cui il mio trasporto per Germana era diventato particolarmente
fluente. Insomma, sono stato preso dall'ansia di non essere più all'altezza e
questa incertezza ha segnato la fine del nostro rapporto. Germana ha cominciato
a diradare gli appuntamenti mostrandosi sfuggente e misteriosa.
Una
sera, stanco dell’ennesima scusa di non vedermi, l’ho seguita fin sotto casa.
Era con un uomo ma nel buio non sono stato in grado di capire chi fosse. Ho
atteso qualche minuto e sono entrato con la copia delle chiavi di cui disponevo.
All'interno non c’era nessuno e per un attimo ho pensato di essermi sbagliato, che la scena di
poco prima fosse solo frutto della mia immaginazione. Poi ho visto una luce filtrare
dal piano superiore. Sono salito senza fare rumore fermandomi davanti alla
porta socchiusa della camera da letto. L’ho spinta lentamente e ho guardato il
letto.
Germana
era di spalle, completamente nuda, che contemplava l’uomo che le stava davanti.
Poi si è abbassata ed è stato in quel momento che ho visto mio figlio.
NIENTE SESSO,
SIAMO OBESI!
Racconto breve
di
Vittoriano
Borrelli
(Ogni riferimento
alla realtà è puramente casuale)
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