BlogRetro: LA VITA DI CARTA

 

Il foglio bianco aspetta di essere riempito di nuove parole, di nuove emozioni che possano giungere a chi saprà comprenderle e sentirle, come un messaggio in bottiglia che naviga nei mari sconfinati della nostra immaginazione. Prendono forma e sostanza le parole, quelle sottaciute e accantonate in un angolo della nostra memoria che tutto ad un tratto si sprigionano dall'inchiostro per andare dove vogliono.

 Ci sono parole che sono uguali a se stesse  e si susseguono in una monotona clonazione dei sensi, altre, disordinate e sgrammaticate, emergono a tutto tondo senza punteggiatura e sintassi come se avessero fretta di uscire dal loro guscio per far sapere al mondo intero che ci sono e che possono coesistere con le più pure e sofisticate.

Dalle parole nascono le storie e i personaggi più svariati, si moltiplicano le vicende in un intervallo di tempo che non è il tempo ma solo la percezione che ciascuno di noi ha dei brandelli di vita che spaziano in una cronologia asincrona e dissociativa del pensiero; libere ed anarchiche da chi le ha messe in scena che quando le rileggi non le riconosci più.

Le parole sono lo strumento più facile da usare per volare alto e distinguersi da tutti pur rimanendo uguali agli altri. Con le parole si fa l’amore o la guerra con se stessi, si è migliori o peggiori di quanto si voglia veramente. Sono l’abito perfetto o imperfetto che indossiamo quando ci relazioniamo con chi ci sta intorno; a volte ci va a pennello, altre ci va stretto ma ci manca il coraggio di togliercelo di dosso perché non troviamo nuove parole per cambiare il linguaggio dell’anima.

Scorrono le parole per scovare nuove vite disperse che la realtà sommerge e soppianta in luogo di scenari asettici e precostituiti. Si trasformano in emozioni che nessun altro può comprendere all'infuori di te perché per farlo c’è bisogno di sentirle ed interiorizzarle, come quando si guarda il mare in silenzio e dal silenzio gridare, muti, il proprio bisogno d’amore.

Per innamorarsi, stringersi ed abbracciarsi senza avere più paura.

Piangono le parole in un dolore che fa più male di quello fisico perché qualcuno non le ha volute ascoltare e sono volate via come fa un gabbiano quando abbandona il proprio nido o un’aquila che si rigenera senza essere più uguale a se stessa.

Finiscono le parole quando arrivi all'ultima pagina di un libro che non smetti mai di scrivere e che vorresti rifarlo daccapo per comprendere e comprenderti. E quando pensi di aver scritto l’ultima parola succede che ti domandi senza trovar risposta: che cosa resterà di te?

BlogRetro: GLI AMICI SILENTI

 

Avrai carezze per parlare con i cani. E sarà sempre di domenica domani …”. Questi splendidi versi della hit di Claudio Baglioni, “Avrai”, sono entrati nei miei pensieri di gioventù e ancora oggi conservano tutta quella carica emozionale che mi aveva inondato al primo ascolto. L’espressione più sublime della voglia di comunicare e di ricevere calore e gioia come accade (o dovrebbe accadere) in un giorno di festa.

 

Sono i cani gli amici silenti, quelli che parlano con lo sguardo e dicono molto di più di ampollose parole, di frasi fatte e di circostanza cui siamo costretti ad ascoltare nel nostro mondo delle relazioni. In Natura tutto dovrebbe essere governato con equilibrio: i rapporti con l’ambiente, con gli animali e con gli uomini. Ma è un equilibrio precario, di vetro, pronto a frantumarsi non appena si registrano alterazioni più o meno significative in ciascuno di questi contesti.

 

Il disadattamento sociale non è cosa dei nostri giorni. C’è sempre stato fin dalla notte dei tempi ed è fortemente proporzionale alla qualità delle relazioni: quanto più queste sono reiettive delle differenze e dei diversi bisogni individuali, tanto più favoriscono l’isolamento e l’emarginazione.  

 

Eppure un insegnamento che “latita” nei programmi didattici quanto meno “ufficiali” è proprio l’amore per gli animali, e in particolare per i cani. Tanto si perde in termini di educazione ai buoni sentimenti.

 

Niente di più terapeutico può essere la compagnia di un amico a quattro zampe, vale molto di più di una seduta dallo psicologo (peraltro anche “salata”) o di interminabili esercizi ginnici per rassodare il corpo e presentarsi agli altri più sani e più belli ma con tante imperfezioni interiori.

 

Molto di più di una combriccola di amici che tanto parla e nulla dice, molto di più che stare su Facebook o su qualsiasi altro social network con gli amici “umanicolpevolmente silenti quando scrivi per comunicare qualcosa: un’emozione, uno stato d’animo, una richiesta di aiuto.

 

Avrò  carezze per parlare con i cani. E non soltanto di domenica, domani…

BlogRetro: UN UOMO

 

Pubblicato nel 1979, il romanzo “Un uomo” di Oriana Fallaci ebbe un enorme successo (c.a. tre milioni e mezzo di copie vendute)  raccogliendo consensi da parte dei migliori esponenti della critica letteraria.

Il romanzo racconta la storia del rivoluzionario greco Alekos Panagulis, compagno nella vita della scrittrice, che tenta in tutti i modi di sovvertire il regime dittatoriale di Georgios Papadopoulos, leader della Grecia. Ma il golpe fallisce e Panagulis viene rinchiuso in carcere e condannato a morte.

La sentenza non viene eseguita e Panagulis ottiene la grazia. Uscito dal carcere incontra la Fallaci che lo intervista e s’innamora di lui. Inizia tra i due una tormentata storia d’amore che li porterà a fuggire in Italia cercando aiuto negli esponenti della politica nostrana per liberare la Grecia dal tiranno Papadopoulos.

Il rientro in Patria avviene poco dopo la caduta del dittatore e Panagulis si iscrive all’Unione di Centro- Nuove forze, diventa deputato ma non accetta le logiche del partito.

Dedicherà gli ultimi anni della sua vita nel tentativo di sovvertire il nuovo Papadopoulos identificato nel ministro della difesa Evangelos Averoff che verrà ucciso da dei sicari in un incidente stradale.

Chiede e ottiene dalla sua compagna la stesura di un libro sulla sua vita per essere ricordato ai posteri.

Bellissima e di pregevole stile letterario la parte del racconto in cui il protagonista, rinchiuso in una cella di due metri quadrati di spazio, intesse l’unica relazione possibile con uno scarafaggio:

A uno scarafaggio si può dire qualsiasi cosa ci venga in mente, perfino che il coraggio è fatto di paura, che in questi mesi avevi avuto spesso paura, che soprattutto ne avevi avuta quando era giunto il plotone di esecuzione. Loro non se n’erano accorti, ma obbligarti a quella calma e quella spavalderia era stata una fatica terribile: sulla motovedetta non ne potevi più. Anche un’ora fa non ne potevi più. E mezz'ora fa, e un minuto fa.”

Il romanzo della bravissima e compianta scrittrice fiorentina è di ottima fattura ma oggi appare anacronistico per il depauperamento dei valori e degli ideali della politica, miseramente sommersi dai ripetuti scandali degli ultimi tempi.

L’uomo della Fallaci è l’eroe che combatte per gli ideali della Giustizia e della Libertà; l’uomo di oggi vive per se stesso e non ha punti di riferimento. Esercita il potere dell’immagine in una solitudine mediatica nella quale la moltitudine è la semplice equazione di tante individualità che non comunicano e che sono distanti tra loro.

E’ un libro da consigliare per gli amanti della raffinatezza letteraria e soprattutto per coloro che desiderano scoprire e identificarsi in valori autentici in grado di elevare e rivalutare quello che dovrebbe essere … un uomo!

ORIANA FALLACI: UN UOMO

TRISTEZZA

 

Al di là di questa neve

Al di là di chi non si vede

C'è qualcosa che rallegra

la tristezza di una sera...


BlogRetro: Porci con le ali

 

Le inquietudini giovanili si manifestano in misura costante e ciclica in tutte le generazioni: la differenza sta nel modo in cui esplodono in un dato contesto storico. 

È quello che accade, ad esempio, nel romanzo “Porci con le ali. Diario sessuo-politico di due adolescenti” scritto da Marco Lombardo Radice e Lidia Ravera nel 1976 da cui venne tratto un anno più tardi un film che non ebbe lo stesso successo.

 La storia di Rocco e Antonia raccontata attraverso un diario in cui ciascuno dei protagonisti cerca di dare corpo e sostanza alla loro (effimera) relazione sentimentale, rivela in realtà la frustrazione, tutta giovanile, di trovarsi perennemente in bilico in quella fase delicata della vita che segna la fine dell’adolescenza e l’inizio dell’età adulta.

Il sesso, unitamente ad un linguaggio schietto e postribolare dei due giovani, è lo strumento (fuorviante) per contrapporsi ad una condizione esistenziale insoddisfacente ma a conti fatti procura soltanto l’illusione di potersi distinguere da un contesto sociale conformista e conservatore.

L’autoerotismo, l’approccio spavaldo verso l’altro (o l’altra) rappresentano la (sola) modalità di contatto tra se stessi e il mondo esteriore, quasi che la contestazione e la ribellione verso comportamenti stereotipati e convenzionali della società post-sessantottina avessero bisogno, per la loro idealità, di ricevere conferma attraverso una massiccia dose di sesso esplicito e disinibito. Così Rocco (come Antonia) rifiuta qualsiasi etichetta del bravo ragazzo e rifugge da certe manifestazioni sentimentali che giudica borghesi e anti-sinistra, come la gelosia o l’innamoramento del tipo “due cuori e una capanna”.

Ad una festa che si trasforma in una piccola orgia, Antonia si lascia sedurre da un professore universitario ma, pentitasi, cerca di rimediare con un flirt poco appagante con l’amica Lisa. Rocco ha invece un rapporto omosessuale con il compagno Roberto ma tenta di congiungersi con la stessa Lisa per dimenticare (senza successo) la sua ex fidanzata. Alla fine di questo viaggio travagliato e turbolento, Rocco e Antonia promettono di rivedersi più maturi e diversi.

UN PASSO DEL ROMANZOIl silenzio me lo ricordo come una cosa proprio angosciosa, e anche il mio corpo che incomincia a tendersi. Non proprio un arco, ma certo una corda tesa: ha incominciato a sfuggirmi qualche sospiro. Allora Lisa mi ha abbracciata ed è venuta sopra di me, e si strofinava come un grosso gatto col corpo uguale al mio. Non riesco adesso a ricordare se stavo bene o stavo male, perché queste sensazioni sono impossibili da isolare, da ricordare, da riportare alla mente. Io nei ricordi riesco a salvare solamente la sensazione dominante e quella era come quando si sta per piangere, un misto di tenerezza, paura e rilassamento, quando si piange senza essere molto tristi. Il brutto è venuto quando lei si è staccata da me e mi è rotolata al fianco. Sdraiate nude spalla a spalla e senza il coraggio di guardarci in faccia. Con la vagina pulsante e un odore addosso che era come il mio odore al quadrato.

GLI AUTORI: Marco Lombardo Radice è stato uno scrittore e psichiatra, morto prematuramente nel 1989 all'età di quarant'anniPorci con le ali è la sua opera più famosa prima di intraprendere la carriera di medico.

Nata a Torino nel 1951, Lidia Ravera è una scrittrice e giornalista molto nota. Copiosa la sua produzione letteraria della quale si ricorda “Ammazzare il tempo” (1979), “Maledetta gioventù” (1999)  e il più recente “Terzo tempo” (2017).

GIUDIZIO: Scabroso, anticonformista, “Pasoliniano”, il romanzo colpisce per la sua schiettezza e capacità di fotografare il disagio giovanile nell'era post-sessantottina mettendo a nudo le ipocrisie di un sistema politico-sociale che da lì a poco sarebbe andato alla deriva. Ma non deve scandalizzare il linguaggio scurrile che si rinviene in molte parti dell’opera, quanto piuttosto il finto perbenismo che aleggiava nella critica dell’epoca. Nonostante siano passati oltre quarant'anni dalla sua uscita, il romanzo è ancora oggi godibile e attuale.

(M. Lombardo Radice - L. Ravera: Rocco e Antonia. Porci con le ali. Diario sessuo-politico di due adolescenti)

L'amore platonico


Platone, grande filosofo greco vissuto tra il 428 e il 348 a.c. sosteneva l’alto valore spirituale dell’amore per il quale la congiunzione carnale, pur ammessa, non era necessaria. Cresciuto sotto l’influenza di Socrate, suo Maestro e Mentore, Platone prediligeva i dialoghi alle dissertazioni scritte, poiché riconosceva solo ai primi la capacità di stimolare, attraverso il confronto, il mondo delle relazioni interiori.

Platone parla dell’amore principalmente nel Simposio, uno dei suoi dialoghi più significativi (ma meno divulgati dall'insegnamento scolastico) nel quale i convenuti, guidati da un moderatore, esprimevano la propria concezione sull’Eros: una sorta di “Porta a Porta” o del “Maurizio Costanzo show” dei tempi antichi.

Fra gli oratori c’era Socrate, per il quale l’amore altro non è che il desiderio di qualcosa, “e siccome si desidera solo ciò che non si possiede, evidentemente non possiede questo qualcosa”. Come dire che quando si ottiene ciò che si desidera, l’amore smette di essere tale e diventa un qualsiasi bene di consumo. Per Fedro “l’amante è più divino dell’amato” poiché si pone rispetto a quest’ultimo in posizione di superiorità. In altre parole, nel Simposio prevale l’idea dell’amore che sublima la bellezza dell’interiorità a dispetto dell’attrazione dei sensi: non appena declina nella copulazione perde tutta la sua connotazione spirituale.

“Amor, ch'a nullo amato amar perdona”, recitava Francesca da Rimini nell'inferno dantesco per giustificare la sua relazione con Paolo, fratello del marito: se il loro amore si fosse fermato alla contemplazione dello spirito, secondo la concezione platonica, il loro destino avrebbe avuto ben altro esito. E diverso sarebbe stato il fato di Gertrude ne “I Promessi sposi”, se la “sventurata” non avesse risposto alle avances del perfido Egidio.

L’amore platonico concepito dagli antichi non miete vittime perché si eleva ad esaltazione dello spirito, perché  rifugge dal desiderio materiale e si proietta nella ricerca e valorizzazione dell’anima. 

La quotidianità, si sa, uccide l’amore se non lo trasforma in affetto, mutuo sostegno e tolleranza. Ma questa trasformazione è, per l’appunto, qualcosa di diverso dall'amore perché lo spoglia di quella idealità della purezza che, come tale, deve essere messa al riparo da qualsiasi contaminazione.

Bello l’amore platonico che non fa soffrire e trascende gli umani dispiaceri.

(BLOG RETRO: 2014)