Marciapiedi di cielo

 


Una delle canzoni più reazionarie del mio repertorio, espressione di una contestazione post-sessantottina incentrata soprattutto sul dissenso socio-culturale. Irriverente e anticonformista, “Marciapiedi di cielo” è il ritratto dell’ipocrisia allo stato puro contro cui la ribellione sembra essere l’unica arma per combatterla.

MARCIAPEDI DI CIELO

(V. Borrelli)

E se un prete ha le occhiaie per un mattino di sesso
e ha sconvolto la sua vita per cercare se stesso
se si è prostituito davanti al suo Dio
dimmi se il suo cielo è un notturno più vero

Se la donna che hai accanto sputa sempre veleno
e magari di notte ha qualche anno di meno
se si sente frustrata per insoddisfazione
dimmi se il suo cielo ha cambiato colore

Lungo i marciapiedi di una corrotta esistenza
due ragazzi si svegliano e si ammazzano a vicenda
tra i falò di qualche anima dispersa
c'è qualcosa da scordare e una vita da cambiare

Sui marciapiedi di cielo
il mio tempo si fa sempre blu
luna di carta una stella di latta
nel ritratto ci sei anche tu

Sui marciapiedi di cielo
con un passaggio si arriva più in là
facce smarrite e non si ride
nel ritratto ci sei sempre tu

Se una madre racconta se stessa a una figlia
e magari si accorge che non le somiglia
se non ha più una lira e va a fare la vita
dimmi se il suo cielo è una gabbia di vetro

Se t'inventi un rapporto e non ti riconosci
se per gli altri tu resti soltanto un istante
e non hai che una meta distante
dimmi se questi giorni sono sempre ritorni

Sui marciapiedi di cielo
tra i lampioni e i binari dei tram
c'è gente truccata di rassegnazione
sta seduta per ore in un bar

Sui marciapiedi di cielo
sulle rive di un'altra realtà
qualche canzone e un rimpianto di più
un'idea che non pensa più

Sui marciapiedi di cielo
il mio tempo si fa sempre blu
luna di carta una stella di latta
nel ritratto ci sei anche tu

Sui marciapiedi di cielo
con un passaggio si arriva più in là
facce smarrite e non si ride
nel ritratto ci sei sempre tu
nel ritratto ci sei sempre tu
nel ritratto ci sei sempre tu

(Tratto da “Le parole del mio tempo”)

(Puoi ascoltare il brano anche da qui: Le mie canzoni sono differenti)

Figli di me

 


Si dice che i figli non sono di chi li fa ma di chi li accudisce. Ma se non sono nè dell’uno nè dell’altro saranno figli di me, embrioni che restano dentro senza svilupparsi mai. Non c’è mestiere più difficile di quello dei genitori e non c’è ricetta che tenga per essere esemplari e perfetti. Le combinazioni cromosomiche agiscono in uno spazio indefinito e incidono alla pari di innate saggezze e propensioni filiali per essere amati e ricordati per sempre.

Nel corso di una vita ciascuno di noi è chiamato a ricoprire in buona parte gli stessi ruoli mutuati dalle origini della Creazione: figli, amanti, genitori, nonni e, se si ha la fortuna di vivere a lungo, anche bisnonni. Ma l’essere figli è l’unico ruolo naturale e inevitabile, gli altri sono solo eventuali poiché dipendono dalle scelte di ogni individuo.

Si è quindi innanzitutto figli, fragili e indifesi in tenera età, forti o deboli quando si diventa adulti a seconda del tanto, poco o niente amore che si è ricevuto. Non si nasce imparati e tutto quello che diventiamo è sempre il frutto dell’esperienza e dell’insegnamento della vita. Così si può essere bravi o pessimi genitori, ottimi o improbabili amici, partner coesi o divisivi e via dicendo.

Ma alla base c’è sempre quella di essere figli in ogni stadio della vita fino alla fine dei propri giorni. E quando questi ruoli vanno in cortocircuito tra loro perché inadeguati, disarmonici, impreparati alle difficoltà di vario genere, allora si è figli di me che restano dentro e non vengono mai alla luce.

Figli di me, di ciò che poteva essere e non è stato, figli incompiuti, desiderati e irraggiungibili. Figli di una stessa madre e di uno stesso padre che non hai mai conosciuto, figli di nessuno se non di te.

Figli di un’illusione, di un percorso appena abbozzato, che vivono distanti da te e non ti accarezzano mai.

Figli di me, di una poesia scritta a quattro mani che nessuno leggerà, perché il vento della vita, quando soffia impetuoso, brucia le occasioni per incontrarsi, spiegarsi, capirsi e immedesimarsi l’uno nell’altro, qualunque sia il ruolo che si ricopre.

Figli di me che restano soli fino a ritornare nel nulla prenatale in un giorno qualunque senza che nessuno se ne accorga. 

La notte dei ricordi

 

La notte dei ricordi passava su di me
e lenti erano i giorni mentre aspettavo te
Giravo per la stanza cadevo nell’assenza
Mio padre se ne andava con la sua incoerenza

Avevo un po’ di freddo quando tornavo a letto
ma il vento non soffiava… il vento non soffiava…
Aprivo la finestra e fuori c’era festa
bambini che correvano le madri che parlavano

Adesso ci penso e penso sempre a te
Peccato ti ho amato ma non ho amato me
Adesso so chi sei
Adesso so perché

La notte dei ricordi non la ricordo più
e lenti questi giorni non li capisco più
L’autunno sonnecchiava e di pioggia si bagnava
La mia coscienza nuda aveva già paura

Adesso i miei occhi s’incontrano nei tuoi
Sorpreso mi domando se ancora tu mi vuoi
Se esiste ancora un poi
per te per me per noi

Adesso ci penso e penso sempre a te
Peccato ti ho amato ma non ho amato me
E mi commuovo un po’
poi rido e non lo so…
(Tratto da “Le parole del mio tempo”)

(Puoi ascoltare il brano anche cliccando qui: Le mie canzoni sono differenti)

 


La tecnica del racconto breve

 


Tanto vituperati da certi puristi della scrittura, i racconti brevi sono invece una risorsa inestimabile e concorrono a pieno titolo ad arricchire la qualità del patrimonio letterario. Non è facile scrivere un racconto breve, ci vuole una certa attitudine a confezionare una storia in poche pagine che contenga in sé gli elementi essenziali per catturare l’interesse del lettore. È il cosiddetto dono della sintesi, prerogativa che non è di tutti.

Nel racconto lungo o nell’opera che superi almeno le cento pagine si lavora molto sui dettagli, s’indugia su aspetti di contorno della vicenda prima di arrivare al “nocciolo della questione” ma non sempre i risultati prodotti sono pari alle aspettative. A volte queste divagazioni hanno l’effetto di allungare il brodo o sono imposte da esigenze commerciali che hanno poco o nulla di letterario.

Prendiamo ad esempio “Il ritratto di Dorian Gray”, l’opera più celebre di Oscar Wilde. Rispetto alla versione originaria furono aggiunti alcuni capitoli al solo scopo di rendere il romanzo più corposo e appetibile ai lettori. Questi allungamenti, per lo più marginali, non hanno apportato alcun contributo qualitativo all’opera ma semmai hanno avuto l’effetto di rendere più intrigante l’attesa di conoscere il destino di Dorian fino alla scena fatidica della distruzione del ritratto e del repentino invecchiamento del protagonista.

Quanti di noi si sono trovati a che fare con dei libri che sono sembrati dei veri e propri mattoni al punto da interrompere la lettura dopo poche pagine. Non è certo il caso dell’opera di Wilde che resta pur sempre un capolavoro assoluto ma la letteratura è ricca di storie “sovrabbondanti”.

Tutto questo non accade nei racconti brevi dove si lavora molto sulla concentrazione degli eventi, sul tratteggio essenziale delle caratteristiche del protagonista, sulla trama concisa, diretta, immediata, affinché il messaggio (morale della favola) arrivi al lettore senza frapposizioni o tergiversazioni di sorta. In altri termini nel racconto breve lo scopo è di procurare da subito l’impatto emozionale laddove nelle storie di più lunga durata le emozioni sono piuttosto centellinate o distribuite a vasto raggio.

Da un romanzo si può ricavare un racconto breve di ottima fattura ma non viceversa: se dovesse accadere il rischio di trasformarsi in un colabrodo è più che probabile. Pensiamo a “I Promessi Sposi”, altro capolavoro tanto odiato sui banchi di scuola e poi apprezzato in età matura. Manzoni dedica tanti capitoli (troppi) alla discesa dei Lanzichenecchi o alla peste mentre il fulcro della storia si sarebbe potuto sviluppare in pochi e più avvincenti racconti come il matrimonio a sorpresa e la fuga di Lucia a Monza sullo splendido scenario dell’addio ai monti, la storia di fra Cristoforo o di Gertrude, la notte dell’Innominato, tutti passi di notevole spessore che sono poi risultati i più ricercati e impressi nella memoria dei lettori.

Ovviamente non tutti i racconti brevi sono di qualità; ve ne sono molti di buona fattura e altri scadenti alla stregua di quanto accade per le opere lunghe e di più ampio respiro. È una questione di gusti, di pluralismo dell’offerta letteraria e del gradimento diversificato dei lettori.

L’importante è comunque leggere qualsiasi cosa che possa allargare gli orizzonti della propria conoscenza, che sia d’aiuto ad aprire la mente e, qualche volta, anche il cuore.



E niente ...

 



E niente… ho guardato la tua fotografia
E niente… ho cercato da solo un'altra compagnia
Mi credevo forte sai
e invece non è più così
Resto ferito nell'orgoglio
anche a quest'ora non ho sonno

E niente... ho lasciato cadere le mie reazioni
girovagando inutilmente in tutte le stazioni
Dicono che son invecchiato
che ho l'aspetto di un disgraziato
Ma in fondo non me ne frega niente
se son partito completamente

E niente… ho provato a chiamarti da una cabina
"Fa niente" mi dico " Troverò un'altra più carina!"
Vado in giro in autostrada
a ridere della mia pena
Getto in cantina il mio sarcasmo
ho perso tutto il mio entusiasmo

E niente… sto qui a farmi male da solo… da solo…
e non so più cosa pensare da solo… da solo…
E niente… sto qui a non capire più niente… più niente…
Non dormo più io non so fare più niente… più niente…

E niente… ho strappato la tua fotografia
lo giuro davvero io non amerò più nessuna
Fumo e bevo come un matto
il biglietto non l'ho fatto
Un altro treno è già partito
io mi comporto come un bambino

E niente...sto qui a farmi male da solo… da solo…
e non so più cosa pensare da solo… da solo…
E niente... sto qui a non capire più niente… più niente…
Non dormo più io non so fare più niente… più niente…

Di me di te non resta niente… più niente… più niente…
Dentro di me rimani tu e niente… e niente…


 

 

(Tratto da Le parole del mio tempo”)

 

(Puoi ascoltare il brano anche cliccando qui: Le mie canzoni sono differenti)