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Chi non ricorda quel famoso spot
televisivo degli anni ottanta in cui una ragazzina tormentava al telefono il
suo fidanzatino con la domanda: “Mi ami?
Ma quanto mi ami?”.
Nell’era di Facebook e di altri social network consimili si è soliti invitare gli
amici, reali o virtuali, a cliccare “Mi piace” sul proprio post in
maniera, a volte, ossessiva o supplichevole. Sembra quasi che queste due
semplici paroline abbiano un non so che di miracoloso e siano la soluzione per
sentirsi pienamente soddisfatti e appagati.
Spesso si assiste ad una vera e
propria gara con altri pseudo “concorrenti” per guadagnare quanti più “Mi piace” possibili, una sorta di corsa
ad ostacoli che si frappongono nell’immaginario individuale per arrivare ad un determinato
traguardo dall’esito quasi sempre incerto, se non ingannevole.
In realtà, questo clic tanto
agognato e sospirato rappresenta il più delle volte un gesto di cortesia piuttosto che il reale apprezzamento dell’invito
rivolto dall’interlocutore di turno. Mi riferisco in particolare a chi utilizza
il social network per fare promozione di un determinato prodotto come, ad
esempio, un libro, una raccolta di poesie, un ricettario di cucina o un blog in
cui si offrono determinati servizi.
Sono le nuove strategie del
mercato multimediale adottate allo scopo di catturare l’interesse e il consenso
del maggior numero di utenti possibili, adeguandosi ad una tendenza che vede
fortemente in crisi e in misura inversamente proporzionale le forme tradizionali
di qualsivoglia attività promozionale.
Non bisogna tuttavia dimenticare
che dietro il pannello del nostro network preferito c'è un mondo virtuale nel
quale non è per niente agevole cogliere l’autenticità dell’interesse mostrato
dalle persone contattate. E questo accade anche con gli stessi amici “reali”
che spesso in modalità on line diventano più virtuali dei "virtuali", quasi che
fai fatica a riconoscerli.
Sarà il fascino del web che ci fa
sentire diversi da come siamo o forse semplicemente la voglia di proiettarci,
sia pure per un attimo, in una dimensione più consona al nostro modo di essere
immaginando che qualcuno, dall'altra “parte” possa notarci ed ascoltarci.
Restando nel campo che più mi
interessa, ovvero della promozione letteraria, ho molto apprezzato e condiviso
il post di una scrittrice, Cetta De Luca,
che sul proprio BLOG commenta in chiave critica e ironica il comportamento di certe figure
multimediali, dispensatori di consigli per una saggia e redditizia campagna auto
promozionale. Riporto un passaggio del post che mi ha particolarmente colpito:
“I consigli però si sprecano.
Apri una pagina su facebook, cinguetta su twitter, scrivi un post al giorno sul
tuo blog, no, meglio due a settimana, sii te stesso, cura la tua personal
reputation, alimenta la curiosità, rendi interessante ciò che scrivi, stimola all'interazione usa gli emoticons, rendi accattivanti i tuoi articoli con le
immagini, condividi, linka, tagga……..e sono appena all'inizio È una gran
fatica, un lavoro insomma. E pensare che tutto questo gli scrittori devono
farlo da soli, perché non ci sono social specialist che vogliono farlo. E
oltretutto gli scrittori devono pure: scrivere il proprio libro, lavorare,
mangiare, respirare, vivere. Non è divertente, per niente. E non è neppure
detto che questo mix di ricette funzioni. Perché basta che i distratti “amici”
del web non facciano quelle operazioni ovvie, semplici, naturali legate alla
legge della condivisione, che tutto diventa assolutamente INUTILE. Puoi aver
scritto l’articolo più bello e interessante del mondo, ma se gli altri si
limitano a condividerlo senza neppure leggerlo, senza lasciare un seppur minimo
commento sul tuo blog o sito, non hai ottenuto nulla..”
Ma allora mi piace, ma quanto mi
piace?...
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