"La prossima vita": l'autore si racconta.

Domanda: Quando ha iniziato a scrivere La prossima vita?”

Risposta: E’ stato qualche mese dopo la scomparsa di mia madre. La perdita di un genitore è sempre un fatto doloroso, a prescindere dal tipo di rapporto che si è avuto. Nel mio caso ho smesso di sentirmi figlio scoprendomi, tutto d’un colpo, più vecchio degli anni che avevo. Il romanzo infatti inizia con: “Ho smesso di sentirmi  giovane dal giorno della morte di mia madre …”

Domanda: E’ quindi un romanzo autobiografico?

Risposta: Credo che tutte le opere abbiano, in genere, qualcosa di autobiografico, qualcosa che ricordi esperienze vissute direttamente o indirettamente dall’autore. “La prossima vita” non si sottrae a questo profilo, anche se soltanto per alcuni tratti.

Domanda: Quali sono i temi conduttori del romanzo?

Risposta: L’assenza di comunicazione e la difficoltà del protagonista di accettare una realtà che non gli somiglia e per questo si rifugia nell’immaginazione. Ma sarà un “viaggio” che lo porterà ad estraniarsi completamente dalle persone e dalle cose che lo circondano, con il risultato di ricondurre la propria esistenza in una sorta di doppio binario tra l’essere e il voler essere…

Domanda: Perché ha scelto Firenze come città di ambientazione della storia?

Risposta: Firenze è la culla dell’arte per eccellenza. E l’arte è l’espressione di quella bellezza che ognuno di noi registra attraverso la propria immaginazione.

Domanda: C’è qualche passaggio del suo romanzo che le è piaciuto particolarmente?

Risposta: Forse questa frase:  “Ma il film che avevo ‘realizzato’ era un pezzo della nostra vita che se ne stava andando e che io avevo voluto afferrare e imprimere sulla tela perché vi rimanesse per sempre …” Quando l’ho scritta mi sono davvero commosso.

Domanda: Cosa si augura dall’uscita del romanzo nelle librerie digitali?

Risposta: Che le emozioni che ho riposto nella narrazione della storia possano arrivare, anche solo in parte,  al cuore del lettore. Sarebbe un risultato che mi appagherebbe completamente.

Scopri "La prossima vita": http://www.ultimabooks.it/la-prossima-vita

Sanremo 2012: l'austerity dei nostri tempi.

C'è una mia canzone intitolata "Come ai vecchi tempi" che ho inserito nel mio libro "Le parole del mio tempo" in cui un gruppo di ragazzi maturi ricorda con nostalgia i tempi andati proiettando nel presente la voglia di emozionarsi, di divertirsi e di innamorarsi di allora.
Niente di tutto questo traspare dall'ultima edizione del festival di Sanremo appena conclusasi. Le canzoni proposte, non di qualità eccelsa, sembrano "figlie" di un tempo presente dominato dalla grave crisi economica del Paese e dalla necessità di essere parchi e contenuti anche nelle parole e nei messaggi espressi dai testi delle canzoni in gara. Sembra quasi che gli autori dei testi si siano preoccupati di allinearsi al clima di austerity dei nostri tempi, abbandonando quella spensieratezza e ventata di sano ottimismo che forse, proprio per la situazione attuale, potevano essere auspicabili o, quanto meno, propiziatori.
Ed invece la manifestazione canora più importante dell'anno ha preferito essere sobria con se stessa, pur concedendosi qualche rara eccezione mostrando le (bellissime) gambe di Belen Rodriguez o affidando alla Elisabetta Canalis il compito di interpretare la bellezza di una Italia reietta dalle ultime vicessitudini politiche ed economiche.
Anzichè assegnare alle canzoni un adeguato spazio di risonanza, si è voluto dare risalto e attenzione ai commenti degli opinionisti chiamando sul palco un Adriano Celentano più simile al Masaniello della rivoluzione che fu che al grande cantante e artista che tutti conosciamo. Il "molleggiato" ha sicuramente esagerato invocando la chiusura dei giornali cattolici o criticando la decisione della Corte Costituzionale sul rigetto del referendum abrogativo della legge elettorale, dimenticandosi che la libertà di stampa e il ruolo della Consulta sono regole scritte proprio dalla Carta Costituzionale voluta e votata dal popolo sovrano.
E così la sua "performance" ne è uscita ridimensionata finendo, come uno scorpione accerchiato, con l'essere autolesionista, ripercuotendosi inesorabilmente sul suo interprete.
E le canzoni? Solo una breve parentesi che il vento spazzerà via nel giro di pochi mesi e che nessuno ricorderà più.
                                                          Vittoriano Borrelli

LE PAROLE DEL MIO TEMPO

  
Chi di noi non ha avuto (e non ha) un sogno nel cassetto? Da ragazzino ne avevo tanti e tutti accomunati dallo stesso, identico desiderio di evadere da una realtà diversa dal mio modo di essere e di vivere la vita. Poi, crescendo, quei sogni, i miei sogni, li ho abbandonati tutti, uno a uno e ancora adesso faccio fatica a ricordarli se non fosse per le parole, le tante parole che ho scritto nelle mie canzoni.


Eh già! Tra tanti sogni, il più grande e irrealizzabile è stato quello di diventare un cantautore.

Eppure c’è stato un momento della mia vita in cui questo grande sogno sembrava potesse realizzarsi.

Agli inizi degli anni ’80 mi iscrissi alla SIAE (ossia, la società che tutela i diritti d’autore) ed ottenni, dopo aver superato apposito esame, prima la qualifica di paroliere e poi quella di compositore. In quegli anni conobbi un musicista di Milano, Salvatore Maniscalco, e con lui iniziai una collaborazione artistica per l’invio dei brani alla SIAE e a qualche casa discografica. Potevo inoltre contare sulla disponibilità e interessamento di mio fratello Pino, l’unica persona che aveva creduto nelle mie capacità artistiche. 

Formavamo un bel “terzetto” e nonostante i rispettivi impegni di lavoro e di studio trovavamo il modo per vederci, per provare le canzoni e per fantasticare un futuro pieno di soddisfazioni.

Ed invece arrivarono le prime“bocciature” e con esse le prime delusioni che si trasformarono ben presto in una inesorabile rassegnazione fino a spezzare, quasi sul nascere, il grande sogno di ripetere le gesta del celebre (ed inimitabile) duo Mogol-Battisti.

Posso dire, anche a distanza di molti anni, che il mio maggiore rammarico non è stato tanto di essermi svegliato, e per giunta molto presto, da un sogno mancato, quanto piuttosto di non avere più avuto nel prosieguo alcun interlocutore attento e interessato alle cose che scrivevo.

Le mie canzoni non sono mai nate “a tavolino”, ossia pensando ad una ipotetica quanto improbabile carriera artistica. Esse hanno rappresentato, piuttosto, l’espressione più autentica del mio modo di “sentire” la vita e di comunicare agli altri le mie emozioni.

Purtroppo, come ho detto poc'anzi, sono mancati gli interlocutori sicché tutta l’ondata emozionale che è scaturita dalla mia musica si è ritorta, come un boomerang contro me stesso.

E adesso sono rimaste le parole, quelle che ho ideato strimpellando la mia "cara" chitarra e che né il mio cuore e né il mio tempo hanno saputo o potuto cancellare.

Ho pensato così di raccogliere in questa opera i testi delle mie canzoni più significative, quelle che hanno caratterizzato in larga misura i miei vent'anni e che in qualche modo hanno segnato la mia storia condizionando le scelte che avrei fatto in futuro.

Nella cernita dei brani ho compiuto una sorta di viaggio a ritroso fermandomi in particolare agli anni 1979-1985 in cui si è maggiormente manifestata la mia creatività e a cui probabilmente ho riposto le migliori speranze di una vita diversa. Del resto è a vent'anni che si è più fantasiosi ed istintivi; è a quest’età che le proprie emozioni esplodono in maniera dirompente ed autentica.

Non è facile esprimere con le parole quello che si prova dentro, soprattutto quando, come nel mio caso, si ha molta difficoltà a far capire i propri sentimenti e il proprio stato d’animo. Diciamo che le tante parole che ho scritto hanno sopperito la mia reticenza nel parlare e nel relazionarmi con gli altri, rappresentando una sorta di serbatoio di pensieri che nella mia mente, attraverso la mia capacità di osservazione, andavo immagazzinando. 

Qualcuno, nel periodo che ho sopra menzionato, mi aveva definito un cantautore "intimista", ossia, una persona che attraverso le parole intendeva raccontare la propria vita interiore e le sue possibili trasformazioni.

Naturalmente, la presente raccolta non ha alcuna pretesa di spiegare il mio vissuto ma costituisce piuttosto una sorta di album di ricordi interiori, di flash che nella mia memoria sono apparsi in rapida successione. 

Ho scelto, non a caso, come brano conclusivo della raccolta Torniamo a casa, un testo del 1979 che ho riveduto e corretto. 

Il simbolismo di questa canzone (il ritorno a casa dopo una rivoluzione idealizzata e, per questo, fallita) probabilmente racchiude il significato di tutta l’opera: Le parole del mio tempo sono quelle che fotografano in gran parte un periodo della mia vita in cui ho fortemente sperato nel cambiamento. 

Alla fine sono cambiato io per cambiare le cose, poiché nessuna trasformazione, per quanto ambita, può effettivamente realizzarsi se non è sinceramente voluta da noi stessi, unici artefici del nostro essere.
                                                  
                                              Vittoriano Borrelli   

Presentazione de "La prossima vita"

Ho voluto scrivere un romanzo sull'immaginazione, affrontando un tema dell'esistenzialismo che sarebbe stato caro al mio illustre Maestro, Alberto Moravia.
Il tentativo, naturalmente, deve essere visto alla luce della mia esperienza personale di autodidatta, senza alcun richiamo a termini di paragone con il grande scrittore romano che sarebbero impropri e irriverenti.
Il romanzo parte da un evento drammatico, la morte della madre del protagonista, e si sviluppa attraverso trame che intersecano la realtà e l'immaginazione, in un gioco di simbolismi e di riferimenti concreti che il personaggio principale, Leo Ferretti, conduce fino all'estremo della sua coscienza.
E' un romanzo del dolore, muto e inespresso, che alla fine travolge e consuma  l'immaginazione del lettore, divenendone, egli stesso, personaggio aggiunto di una cornice del tempo che può essere, indifferentemente, effettiva o virtuale.

Vittoriano Borrelli
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"E' stato per caso che un giorno, guardandomi allo specchio, mi sono chiesto se alla fine di un certo percorso ci sarebbe stata per me ... una prossima vita."

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http://www.smashwords.com/books/view/123575

Leo Ferretti è docente di Filosofia in un liceo di Firenze con una grande passione: la pittura. Sposato con Cinzia, il protagonista ripercorre le fasi salienti della sua storia coniugale e della sua vita in genere. Tutto sembra volgere al peggio quando però, alla fine, un colpo di scena riporterà Leo con i piedi per terra, rendendolo consapevole delle proprie scelte future