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IL DOLORE

LA MORTE TI FA ORRENDO


La scomparsa “postmatura” di Giulio Andreotti, esponente dell’ex Democrazia Cristiana, e uomo politico che ha segnato (nel bene o nel male) la politica italiana degli ultimi sessant'anni, mi ha fatto ritornare alla memoria un film di Meryl Streep di qualche anno fa, “La morte ti fa bella”. La pellicola narra gli eccessi dell’estetica e il desiderio iperbolico di restare eternamente giovani e immortali.

L’accostamento può sembrare improprio e incomprensibile ma trovo che vi sia un nesso eziologico tra il tema dell’elisir di lunga vita e l’esistenza quasi secolare di Andreotti e, soprattutto, tra il titolo del film e il suo rovescio rappresentato dalle reazioni dell’opinione pubblica e della gente comune poco dopo la notizia della sua scomparsa.

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si è limitato ad un commento laconico affidando alla Storia il compito di elaborare un giudizio equo ed obiettivo sull'operato di Andreotti e su quanto lo stesso abbia rappresentato per la prima, seconda (e terza) repubblica. Una citazione implicita dei versi dell’ode manzoniana  Il 5 maggio: “Ai posteri l’ardua sentenza”.

Ma ciò che forse ha destato più clamore è stata la reazione popolare sintetizzata dai fischi che si sono uditi in tutti gli stadi calcistici in occasione del minuto di raccoglimento per commemorare la morte di questo controverso e discusso personaggio. E’senza dubbio un comportamento atipico, nella circostanza sicuramente inopportuno e irriverente, ma che sembra già segnare un primo sommario (e implacabile) giudizio.

Forse della sua lunga esperienza politica non si perdonano alcuni eventi che suonano come macchie indelebili del suo corposo e articolato curriculum, come l’omicidio del giornalista Pecorelli per il quale Andreotti venne accusato di essere stato il mandante. L’ex senatore a vita, secondo l’impianto accusatorio, avrebbe agito per impedire il diffondersi di informazioni alquanto compromettenti, -come quelle legate al sequestro di Aldo Moro-, che avrebbero potuto stroncargli la carriera politica.

Ma fu soprattutto l’esito dei processi antimafia (vedi il famoso bacio di Riina) a determinare forti critiche nell'opinione pubblica nonostante le sentenze di proscioglimento che non esclusero la colpevolezza di Andreotti “per i fatti fino alla primavera del 1980”. Come dire che il reato, anche se prescritto, era stato comunque commesso. 

Personalmente ritengo che la morte sia un evento che appartenga alla nostra sfera più intima e che qualsiasi giudizio sull'operato di chi ha lasciato il mondo terreno rientri nell'alveo della propria coscienza individuale. La remissione del peccato, per chi è credente, è operazione che trascende qualsiasi esame critico da consegnare alla Storia a mo’ di insegnamento. Come tale rifugge e si distingue da reazioni scomposte o inopportune trovando la sua più elevata autenticità nelle eterne atmosfere del silenzio.

Commenti

  1. La morte è un concetto terreno cha accomuna l"umanità" ma mal si addice al personaggio.

    Andreotti nella sua lunga vita ha raramente dato segni di "umanita" essendo stato un ferreo calcolatore. Non dimentichiamo, infatti, che la sua intelligenza lo aveva portato ad "accettare" la satira, a volte feroce, perchè dava al suo personaggio un alea di "umanita" che mancava.

    Penso che i fischi non siano stati per il suo operato "terreno" quanto per la sua condotta mai scalfita da un ripensamento o cedimento.

    E' stato "un vero uomo d'onore sino alla fine" e forse questa sua integrità lo ha "autocondannato" e verrà probabilmente ricordato nel futuro solo per questo.

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    1. La tua analisi, lucida e ficcante, si sposa con la reazione fortemente critica della maggioranza dell'opinione pubblica. Nulla nasce (e muore) per caso.

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