BORGONOVO, GLI ANGELI DEL DOLORE

Se il dolore potesse avere un volto capace persino di sorridere, avrebbe sicuramente gli occhi e lo sguardo di Stefano Borgonovo, recentemente scomparso all'età di 49 anni dopo essere stato colpito, cinque anni orsono, dalla  malattia della SLA (sclerosi laterale amiotrofica).

L’ex calciatore di Fiorentina, Milan e Como, si è spento con la fierezza e la dignità che lo ha contraddistinto in questo lungo calvario il cui esito, sia pure tragico, servirà da insegnamento per affrontare con civiltà, compostezza e perseveranza questa terribile malattia.

Mi piace pensare che il mostro della SLA, attraverso l’esperienza di Stefano, sia stato ideologicamente abbattuto e che presto la ricerca scientifica riuscirà ad annientarlo definitivamente. La morte, questa morte, è soltanto un passaggio metafisico che rivaluta la vita e infonde speranza e coraggio  in chi, imbattendosi  nel male “oscuro” e “invisibile”, riuscirà prima o poi a sconfiggerlo.

Numerosi sono stati i messaggi di cordoglio partiti da ogni parte del mondo alla notizia della triste scomparsa di questo campione di  rara umanità: “L’impresa più bella che sei riuscito a costruire è stata trasformare il veleno della malattia in medicina per gli altri.”, scrive Roberto Baggio dalle pagine della Gazzetta dello Sport.

L’ex “codino magico” è stato uno dei più grandi amici di Borgonovo sostenendolo con assiduità nella sua battaglia contro la SLA attraverso numerose iniziative di solidarietà. Tante sono state le gare amichevoli con incasso devoluto alla Fondazione che porta il suo stesso nome, cui hanno partecipato diversi calciatori ed ex compagni di “Borgo”.

Memorabile l’incontro allo stadio Giuseppe  Meazza del 7 settembre 2009 in cui si sono esibite le vecchie glorie del Milan e del Real Madrid con un Franco Baresi visibilmente commosso che accarezza il capo dello sfortunato campione.

Sono gli angeli del dolore, quelli come Stefano, che sopravvivono alle turbolenze della vita e che ciononostante hanno sempre il sorriso dipinto sul viso.

Da loro non bisogna mai distogliere lo sguardo, perché alla perfezione si arriva solo dopo una lunga sofferenza.

POETI IN COSTRUZIONE

L’incendio divampato la sera del 4 marzo scorso al museo scientifico interattivo della Città della scienza, sito nel quartiere Bagnoli in Napoli, ha inferto un duro colpo alla Cultura e in genere a chi ama questa meravigliosa arte che forse, più delle altre discipline, riesce ad esprimere al meglio i valori della crescita spirituale e intellettuale. 

Questo atto doloso ricorda, per alcuni tratti, l’attacco dinamitardo che il 27 maggio 1993 colpì la via dei Georgofili in Firenze, provocando la morte di alcune vite umane e la distruzione di opere d’arte e dipinti della Galleria degli Uffizi. 

C’è un denominatore comune tra la strage di Firenze, che descrivo nel mio romanzo “La prossima vita” e l’episodio altrettanto nefasto della Città della scienza, rappresentato dalla crisi delle Istituzioni: “tangentopoli” nel 1993, “vallettopoli” “parentopoli” e altri scandali a suffisso analogo nei tempi odierni . Come dire che quando lo Stato non c’è o è istituzionalmente “debole”, eventi di questo genere trovano terreno fertile e si propagano in tutta la loro efferatezza.

Da più parti sono partite iniziative di solidarietà per la ricostruzione di quanto è andato distrutto nel museo partenopeo. In questo, fortunatamente, la parte migliore dell’Italia (e degli italiani) riesce ad emergere in tutte le sue più lodevoli manifestazioni. 

Ho accettato volentieri la proposta dell’associazione culturale “I Leoni di Ferro”,- da anni dedita a iniziative del genere con passione e profitto-, di realizzare un libro che avesse come tema la cultura destinandone il ricavato interamente alla ricostruzione della Città della scienza. 
E’ nata così “Poeti in costruzione”, opera in versi realizzata con il contributo gratuito di 16 poeti provenienti da diverse regioni italiane: Abruzzo, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Marche, Sicilia e Toscana. 

Per chi fosse interessato all'acquisto (ad un prezzo quasi simbolico) può collegarsi al seguente link: 

Nell'opera troverete il testo di un mia canzone: “Napoli muore”. Spero che il titolo sia inversamente propiziatorio di una pronta e rigogliosa rinascita di questa splendida città. 

Ringrazio, infine, l’associazione “I Leoni di Ferro” per avermi dato l’opportunità di offrire il mio (modestissimo) contributo per una buona e giusta causa.

VOTA ANTONIO

Le recenti elezioni amministrative per il rinnovo di alcuni consigli comunali hanno fatto registrare un deciso calo degli elettori, reso ancora più marcato con il turno di ballottaggio del 9-10 giugno, u.s., che ha visto coinvolte città importanti come Roma capitale.

Rispetto al 1° turno, vi è stata una significativa flessione del numero dei votanti, sceso in media del 11,25%, contro la quale nemmeno il cattivo tempo degli ultimi sussulti dell’inverno (data la latitanza della primavera) è servito ad invogliare gli elettori più refrattari o inclini alle gite fuori porta.

La media nazionale dei votanti è stata del 48,51%, come dire che la maggioranza degli italiani ha preferito la strada dell’astensione anziché quella della partecipazione democratica.

Questa disaffezione, mista a stanchezza e delusione degli elettori verso le istituzioni, già peraltro avvertita con le recenti politiche del febbraio scorso, appare ancor più significativa se si pensa che l’interesse dei cittadini, almeno a livello locale, dovrebbe essere maggiore.  

Sono finiti i tempi in cui le consultazioni elettorali rappresentavano il momento topico dell’espressione della volontà popolare, diritto/dovere primario e assoluto che i padri della nostra Costituzione avevano voluto imprimere nei principi fondamentali all'indomani dell’infausta esperienza del fascismo.

Chi non ricorda quel bellissimo film del 1963, “Gli onorevoli” in cui uno straordinario Totò recitava la parte di Antonio la Trippa, candidato alle politiche, che per ottenere il consenso popolare tormentava i suoi condomini ripetendo da un imbuto a mo’ di megafono la mitica frase “Vota Antonio”. Sublime un passaggio del film in cui il grande comico napoletano pronunciava la battuta: “A proposito di politica, ci sarebbe qualche cosarella da mangiare?

La pellicola, che è un ritratto di sottilissima ironia, si conclude nell'episodio in questione con la presa di coscienza del personaggio La Trippa sui torbidi affari della politica che lo porterà a rinunciare alla sua candidatura per difendere i veri principi morali.

Oggi come ieri le cose non sono cambiate molto anche se di acqua ne è passata sotto i ponti; la questione del “politicamente corretto” (o del suo rovescio che è lo stesso), lungi dall'essere risolta, ha assunto proporzioni ancora più significative. Manca la politica del “fare” in  luogo di quella del “mal-fare”, mancano precisi punti di riferimento da prendere a modello, a cominciare dalla famiglia, ormai fortemente in crisi.


Manca, in altri termini, quell'insegnamento che lo scrittore statunitense H. Jackson Brown junior ha saputo ben racchiudere in queste poche ma significative parole:Vivi in modo che quando i tuoi figli penseranno alla correttezza e all'integrità penseranno a te.”

RATZINGER E FRANCESCO: I GEMELLI DIVERSI

Non è stato come lo storico incontro a Teano tra Giuseppe Garibaldi e il Re Vittorio Emanuele secondo. E nemmeno come quello, altrettanto celebre, tra Gorbaciov e Reagan che sancì negli anni ottanta la fine della Guerra Fredda tra le due super potenze mondiali.

Ma l’incontro in Vaticano del 2 maggio 2013 tra i due Papi viventi: l’uno emerito, Ratzinger, e l’altro, Francesco, recentemente eletto a suo successore, passerà di sicuro alla Storia.

Fin dal suo insediamento il Papa venuto “dalla fine del mondo” si è contraddistinto per il modo di porsi ai fedeli, semplice e popolare, quasi a voler scardinare quella barriera di formalismo clericale che soprattutto negli anni post Wojtyla si è prepotentemente innalzata sulla Chiesa di Roma a tutto danno della fluidità ed efficacia del messaggio cristiano.

E così dalle omelie  lunghe e non sempre comprensibili del Papa tedesco, si è passati per merito del nuovo pontefice a discorsi brevi ma concisi che somigliano,- nel senso migliore del termine-, a quegli spot dove il “prodotto” è rappresentato dalla capacità di attrarre nell'immediatezza i valori della fratellanza e della condivisione sociale, dell’uguaglianza nelle differenze, della forte affermazione spirituale in luogo delle apparenze “luccicanti” ma prive di contenuto.

Nell'era della comunicazione multimediale, dei “cinguettii” tanto cari ad un popolo di internauti in continua crescita, Papa Francesco ha compreso bene che l’evoluzione del linguaggio dei suoi interlocutori, è divenuto scevro da atavici formalismi e più incline alla comprensione immediata e senza troppi giri di parole, di ciò che veramente conta nella vita interiore di ciascuno di noi.

Tante sono state le frasi celebri di Papa Francesco che fin dall'inizio del suo pontificato hanno fatto breccia in milioni di fedeli. Se ne ripropongono alcune tra le più significative:

Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!, pronunciata all'indomani della sua elezione papale per spiegare la scelta del nome “Francesco” in  omaggio al frate poverello di Assisi.

La speranza viene dal Signore. Il Signore viene a trovare il suo popolo dappertutto, la devozione del nostro popolo costituisce una riserva spirituale. Va portata avanti attraverso testimonianza e preghiera: deve insegnare la strada del Vangelo. Devozione e carità popolare sono segno della fede.”

Siate custodi dei doni di Dio. Quando non ci prendiamo cura del creato e dei nostri fratelli, allora, trova spazio la distruzione, e il cuore inaridisce.”

Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio. Bisogna custodire la gente, aver cura di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore.”

L’ipocrisia non è un linguaggio di verità.” I fautori del politicamente corretto “vogliono una verità schiava dei propri interessi e sono vittime dell’idolatria narcisista che li porta ad abusi di potere.”

Sono queste le parole, le più belle parole del nostro tempo ...

THE VOICE: LA VOCE DEL TALENTO

Il talent show di RAI 2, “The voice of Italy”, chiude i battenti raccogliendo un successo forse insperato alla vigilia, ma senza dubbio meritato grazie alla straordinaria bravura dei suoi (veri) protagonisti: Piero Pelù, Raffaella Carrà, Noemi e Riccardo Cocciante, ovvero, gli “allenatori” dei cantanti in gara.

Il programma, che non ha fatto rimpiangere il suo predecessore X Factor, emigrato nelle terre più allettanti di Sky, ha ottenuto la media di oltre tre milioni di telespettatori e si è imposto per una formula, in parte innovativa, in cui il talento dei concorrenti viene misurato e valutato da “alter ego” di primo livello lasciando poco spazio all'improvvisazione e a giudizi “di pancia” o estemporanei.

Si può dire che il trionfo della trasmissione sia stata proprio la competenza messa a costrutto dai singoli giurati il cui curriculum professionale, di tutto rispetto, ha inciso non poco per rendere il contenitore della seconda rete nazionale vincente e soprattutto apprezzato dal pubblico giovanile.

Piero Pelù, arrivato tardi alla ribalta, ha dimostrato nell'occasione di saper trainare sul piccolo schermo un nugolo nutrito di appassionati del rock, forte dell’esperienza che lo ha visto affermarsi prima con il gruppo rockettaro dei Litfiba e poi come solista con brani del calibro di Io ci sarò e Toro loco. Probabilmente la sua voce baritonale gli è servita per calzare a pennello la veste di giurato esperto in un programma nel quale è proprio la voce a fare da padrona.

Raffaella Carrà è l’ultima grande show-girl rimasta in circolazione che vanta il maggior numero di imitazioni ma che fino adesso nessuno è riuscito ad eguagliarla nello stile e nel genere. La sua grande competenza e professionalità è a tutti nota ed è servita a dare al talent show un tocco di classe e di eleganza.

Di Noemi, la più giovane dello staff, si conoscono le qualità canore messe all'opera con canzoni di successo come Vuoto a perdere, L’amore si odia e Sono solo parole, quest’ultima giunta terza nell'edizione di Sanremo del 2012. L’esperienza di X-Factor del 2008, (quinto posto nella classifica finale), è stato un ottimo biglietto da visita per eseguire al meglio l’incarico di leader del proprio team.

Infine, Riccardo Cocciante, ovvero il cantautore più elegante e raffinato sulla scena musicale internazionale. “The voice” lo ha letteralmente rigenerato offrendogli nuovi stimoli e modi di proporsi. Riccardo è l’esempio di come la vita di un’artista possa essere “infinita” se coniugata al talento e alla qualità. Ha appena pubblicato l’album “Sulle labbra e nel pensiero”, una raccolta completa in 4 cd dei brani di punta della sua straordinaria carriera.

E’ proprio dalla scuderia di Riccardo che è uscita vincitrice Elhaida Dani, cantante dalla voce melodica e “super dotata” che sul filo di lana riesce a spuntarla sul giovane rockettaro Timothy Cavicchini del team di Pelù, aggiudicandosi questa prima edizione italiana del programma.

Le altre finaliste, Veronica De Simone, del team Carrà, e Silvia Capasso (forse la voce più bella) della squadra di Noemi si guadagnano rispettivamente un terzo e un quarto posto comunque dignitosi.

Alla fine c'è gloria per tutti: per gli organizzatori, i concorrenti, i capi-squadra e persino per il conduttore Fabio Troiano, rimasto (forse di proposito) nell'ombra per dare linfa e luce alle stelle di ieri e di domani.