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IL DOLORE

RATZINGER E FRANCESCO: I GEMELLI DIVERSI

Non è stato come lo storico incontro a Teano tra Giuseppe Garibaldi e il Re Vittorio Emanuele secondo. E nemmeno come quello, altrettanto celebre, tra Gorbaciov e Reagan che sancì negli anni ottanta la fine della Guerra Fredda tra le due super potenze mondiali.

Ma l’incontro in Vaticano del 2 maggio 2013 tra i due Papi viventi: l’uno emerito, Ratzinger, e l’altro, Francesco, recentemente eletto a suo successore, passerà di sicuro alla Storia.

Fin dal suo insediamento il Papa venuto “dalla fine del mondo” si è contraddistinto per il modo di porsi ai fedeli, semplice e popolare, quasi a voler scardinare quella barriera di formalismo clericale che soprattutto negli anni post Wojtyla si è prepotentemente innalzata sulla Chiesa di Roma a tutto danno della fluidità ed efficacia del messaggio cristiano.

E così dalle omelie  lunghe e non sempre comprensibili del Papa tedesco, si è passati per merito del nuovo pontefice a discorsi brevi ma concisi che somigliano,- nel senso migliore del termine-, a quegli spot dove il “prodotto” è rappresentato dalla capacità di attrarre nell'immediatezza i valori della fratellanza e della condivisione sociale, dell’uguaglianza nelle differenze, della forte affermazione spirituale in luogo delle apparenze “luccicanti” ma prive di contenuto.

Nell'era della comunicazione multimediale, dei “cinguettii” tanto cari ad un popolo di internauti in continua crescita, Papa Francesco ha compreso bene che l’evoluzione del linguaggio dei suoi interlocutori, è divenuto scevro da atavici formalismi e più incline alla comprensione immediata e senza troppi giri di parole, di ciò che veramente conta nella vita interiore di ciascuno di noi.

Tante sono state le frasi celebri di Papa Francesco che fin dall'inizio del suo pontificato hanno fatto breccia in milioni di fedeli. Se ne ripropongono alcune tra le più significative:

Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!, pronunciata all'indomani della sua elezione papale per spiegare la scelta del nome “Francesco” in  omaggio al frate poverello di Assisi.

La speranza viene dal Signore. Il Signore viene a trovare il suo popolo dappertutto, la devozione del nostro popolo costituisce una riserva spirituale. Va portata avanti attraverso testimonianza e preghiera: deve insegnare la strada del Vangelo. Devozione e carità popolare sono segno della fede.”

Siate custodi dei doni di Dio. Quando non ci prendiamo cura del creato e dei nostri fratelli, allora, trova spazio la distruzione, e il cuore inaridisce.”

Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio. Bisogna custodire la gente, aver cura di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore.”

L’ipocrisia non è un linguaggio di verità.” I fautori del politicamente corretto “vogliono una verità schiava dei propri interessi e sono vittime dell’idolatria narcisista che li porta ad abusi di potere.”

Sono queste le parole, le più belle parole del nostro tempo ...

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