UNA MATRICOLA CON LE ALI

Della "scuderia" de "La vetrina degli emergenti", cui ha partecipato per la promozione del libro "Numero di matricola 361114", Cosetta Movili è una valente scrittrice che si è aggiudicata il premio letterario Europa 2012 per la narrativa gialla e noir al femminile.

Impiegata presso il 186° reggimento paracadutisti "Folgore" di Siena e insignita dell'onorificenza di Cavaliere della Repubblica, Cosetta, come si capirà nell'intervista, ha una paura matta per il volo. Ma è un tarlo che non le ha impedito di usare le ali, quelle della fantasia, per dedicarsi con costrutto alla sua passione per la scrittura.

Nell'intervista, Cosetta Movili si racconta a viso aperto, spaziando da un argomento all'altro in un “volo immaginario” in cui l’idealità delle aspirazioni e la realtà di quanto realizzato si fondono fino a diventare … la stessa cosa.


IO: Nel tuo libro, “Numero di matricola 361114”, racconti l’esperienza di un reduce della guerra d’Africa, un tema purtroppo ancora molto attuale. Cosa ti ha spinta a dedicarti a questo argomento?

COSETTA MOVILI: Ho pensato di scrivere un libro di questo genere dopo la morte di quattro militari, effettivi al reggimento dove presto servizio, che persero la vita a Kabul durante una missione di pace. Il dramma scosse tutti noi notevolmente poi, un giorno, parlando con mio suocero, il protagonista della storia, l’idea prese concretezza. Con questo mio romanzo ho voluto raccontare la guerra, le atrocità della guerra, la guerra combattuta più di settanta anni fa ma volevo anche dare voce ai soldati odierni, a coloro che hanno visto morire i colleghi, che hanno visto la morte in faccia e sono riusciti a vincerla; storie diverse, vissute da ragazzi diversi, in tempi diversi ma, allo stesso tempo, tutte storie molto simili tra loro.

IO: Nel romanzo, come tu stessa racconti, si alternano aneddoti spiritosi ed episodi drammatici. Puoi farci qualche esempio per stimolare la curiosità dei lettori?

COSETTA MOVILI: Gli episodi drammatici sono, per lo più, riferiti alla guerra, a ciò che il protagonista ricorda come i momenti più emotivi che lui ha vissuto, compreso il rientro in patria e l’abbraccio con la madre; ritrovare colei a cui aveva sempre pensato e che al suo ritorno sembrava più giovane di lui. Ovviamente ci sono anche episodi simpatici come il ricordo dell’”ora del dilettante”, una sorta di teatro organizzato dai militari stessi, a Tripoli, che si mettevano alla prova nel canto o in recitazione, una specie della “corrida” televisiva odierna.
IO: So che sei impiegata presso il 186° reggimento paracadutisti “Folgore” di Siena e che sei stata insignita dell’onorificenza di Cavaliere della Repubblica Italiana. Quanto ha influito la tua professione sulla realizzazione del libro?

COSETTA MOVILI: Molto direi. Io sono un’impiegata civile che comunque vive a stretto contatto con i militari da molti anni ed i loro racconti, le loro esperienze hanno influito molto nella stesura del mio libro. Cavaliere della Repubblica è stato un riconoscimento che non mi aspettavo e, quindi, un’onorificenza doppiamente gradita
IO: La guerra è un evento che offende qualsiasi convivenza civile e trasmette paura e angoscia. Che cos’è per te la paura e come l’hai affrontata, -se l’hai affrontata-, nel tuo lavoro o nella narrazione del libro?

COSETTA MOVILI: Virgilio, il protagonista, fa un’affermazione molto importante cioè che in guerra la paura è una sensazione persa anche perché, con il tempo, impari a conviverci. Più che la paura ho dovuto affrontare altre sensazioni durante la narrazione e durante la descrizione di determinati avvenimenti: commozione, empatia attiva con il protagonista e angoscia.
IO: Angoscia? Perché?
COSETTA MOVILI: L’angoscia è diversa dalla paura che è un’emozione che si manifesta verso qualcosa di preciso; l’angoscia è una specie di sofferenza indefinita ed è questo ciò che ho provato: un’emozione intensa entrando in empatia con il protagonista. Insomma ho condiviso con lui degli stati d’animo … particolari.
IO: Hai vinto il concorso letterario “Premio Europa 2012” per la narrativa gialla e noir al femminile. Un bellissimo riconoscimento. Che emozioni hai provato? Te l’aspettavi?

COSETTA MOVILI: No, non me l’aspettavo ed è stato davvero emozionante. Mi hanno chiamata al telefono e quando mi hanno specificato il motivo di quella telefonata non riuscivo a rispondere e quando l’ho fatto ho balbettato un po’. Anche l’intervista che ne è seguita, durante la premiazione, è stata molto simpatica specialmente quando mi hanno chiesto se la notte dormo e che sogni faccio.
IO: E tu cosa hai risposto?
COSETTA MOVILI: La verità: sono una intensa sognatrice. Sogno le situazioni più astruse che si ripresentano più volte e se sono abbastanza vivide mi capita di scriverle, variandole un po’!
IO: Nel genere per il quale sei stata premiata ti sei ispirata a qualche scrittore?

COSETTA MOVILI: S. King è l’autore che prediligo; leggo tutto di lui, persino il suo metodo di scrittura e, a parte qualche romanzo un po’ fuori le “righe”, lui mi emoziona sempre, riesce a darmi quel brivido particolare per cui non riesci a smettere di leggere un suo libro fino a quando non arrivi alla fine.
IO: Era solo un bambino”, del 2010, è stato il tuo romanzo d’esordio. Raccontaci qualcosa di questo libro.

COSETTA MOVILI: E’ la storia di un bambino di nome Alessandro che vive con la madre ed i nonni e lontano dal padre. La scelta di questa lontananza è proprio del padre, un uomo burbero e donnaiolo che non è mai presente quando dovrebbe e che rende il bambino insicuro ed inadeguato in molte situazioni. Una crescita difficile, un’adolescenza piena di ombre ed ambiguità fino alla maturità con la scoperta di una coscienza e l’autoconsapevolezza attraverso una scelta difficile ma presa con entusiasmo. La scelta di una carriera militare lontano da casa, da un padre rigido, dalla Sardegna dove Alessandro abita. Un nuovo destino per riacquistare la propria identità. Un romanzo basato su una storia vera che il protagonista mi ha raccontato.
IO: Come concili la tua passione per la scrittura con la tua professione, altrettanto affascinante, ma sicuramente impegnativa?

COSETTA MOVILI: Io sono una dipendente civile del Ministero della Difesa impiegata al 186° reggimento paracadutisti “FOLGORE” in Siena e la mia professione, non essendo un militare, non è poi così affascinante ma certamente è impegnativa. Scrivo nei momenti liberi … nella mia borsa non mancano mai questi tre oggetti: un piccolo taccuino, una penna, l’ipad: sono sempre pronta a scrivere!
IO: Anche se sei impiegata civile, hai mai provato l’esperienza del paracadutismo?
COSETTA MOVILI: Assolutamente no, soffro di vertigini e mi gira la testa anche se salgo sopra una sedia, non potrei mai buttarmi da un aereo. Mi piace, però, vederli scendere con i loro paracadute, vederli librare nell'aria e scendere a terra con grazia.
IO: Anche tu, come molti altri autori, hai scelto di auto-pubblicare le tue opere (nello specifico con la Youcanprint). E’ un atto di sfiducia verso l’editoria?

COSETTA MOVILI: Un po’ si, lo devo ammettere, specialmente se si ha ancora l’idea “romantica” dell’editore che ti segue e ti sprona! Con Youcanprint mi sono trovata davvero bene.
IO: La prima cosa che farai nel tuo futuro prossimo.

COSETTA MOVILI: Sto per pubblicare il mio nuovo libro “Tra realtà e fantasia: storie di vita”, che dovrebbe uscire a novembre, quindi a breve. Il libro è composto da una serie di racconti, tra cui quello che ha vinto il premio europa 2012, accompagnati da diverse foto scattate da un amico, Sergio Visone, dopo che aveva letto i racconti. Alcune foto, invece, sono state ispiratrici di ulteriori racconti.
IO: Dove i lettori possono trovare le tue opere?

COSETTA MOVILI:  Ecco alcuni link:
comunque si possono ordinare in tutte le librerie.

IO: Grazie per l’intervista. Ti auguro le migliori cose per il futuro.

COSETTA MOVILI: Grazie a te, l’augurio, ovviamente, è ricambiato!

LUCCIOLE D’ALTRI TEMPI

In questi giorni RAI 1 ha trasmesso la fiction “Altri tempi”, che ha visto protagonista una bravissima Vittoria Puccini nei panni di una prostituta di una casa di appuntamenti.

La miniserie, in due puntate, ha ottenuto ottimi ascolti (oltre cinque milioni), grazie anche al modo garbato con cui è stato trattato un argomento, di per sé impudico e imbarazzante, che sarebbe potuto sfociare tranquillamente nella volgarità o urtare, nella migliore delle ipotesi, la suscettibilità dei soliti moralisti e benpensanti.

La mercificazione del sesso nel mestiere più antico del mondo, è purtroppo una realtà ancora molto attuale: cambiano le sfaccettature (prostituzione di strada o in case chiuse o aperte), cambiano gli interpreti (etnia sempre più variegata nell'era della globalizzazione del tutto e del niente), ma il risultato è sempre lo stesso: la dignità delle persone che viene colpita, mortificata, fino ad essere annullata  per mano di un’azione (lo sfruttamento), prevaricante e prevaricatrice.

Se cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non cambia, allora “Altri tempi” della fiction sono anche i nostri tempi. Oggi come ieri e domani come oggi, si continuerà a discutere di un fenomeno che trova le sue radici nella povertà, nel bisogno come stato di necessità, nelle debolezze e nelle fragilità individuali, finanche nella sotto-cultura.

Su questo tema particolarmente "scottante" e delicato, ho scritto nel 1997 una canzone, “Lucciole”, pubblicata nel libro: “Le parole del mio tempo”.  So che una canzone non serve a risolvere un problema così complesso e complicato, ma è un omaggio che ho voluto fare a coloro che sono stati costretti, per un motivo o per un altro, ad imboccare una strada sbagliata.

La ripropongo agli amici del blog sperando che possa, quanto meno, far riflettere. Sarebbe già un successo.

Strade che finiscono davanti al buio
marciapiedi pieni di colore umano
qui non ci son stelle solo buchi sulla pelle

Scende anche stavolta lenta e silenziosa                              
questa notte brava bella e maliziosa
fatta per aprire cuori freddi e finestrini

Eccole che danzano sopra le ore
lucciole che ballano senza parole
con il capo in fondo si alzano ed è già il conto

Volti sconosciuti altri molto noti che
sfidano la notte e i bagliori tiepidi
che si vedono spuntare all'improvviso
quando tutto è già finito

E le trovi nei bar
con la spesa sul tram
certe hanno anche un figlio
e un marito coniglio
Altre sono chissà
a curarsi l'età
le ferite che il mondo
ha lasciato giù in fondo

(Orchestra)

Lucciole che ballano senza nascondersi
anche se non vogliono devono accendersi
aspettando il giorno
senza neanche un sogno

per tornare sulle strade
che finiscono davanti al buio
marciapiedi pieni di colore umano
Qui non ci son stelle
sono andate …a farsi belle!


 (LUCCIOLE, dall'album “Non c'è stato il tempo” – Le parole del mio tempo)

IO NON APPARTENGO PIU’

“Io non appartengo più
alle cose del mio tempo
non mi riconosco più
lì nascosto dietro un canto
non mi basta nemmeno il cuore
per giustificare capire sentire immaginare
non mi basta la forza degli occhi
per voltarmi e non guardare”


Con questi bellissimi versi Roberto Vecchioni presenta il suo nuovo album “Io non appartengo più” a pochi giorni dalla sua candidatura al premio Nobel per la letteratura (poi assegnato alla scrittrice canadese Alice Munro).

Melodia dalle atmosfere altamente intimistiche, questo disco del bravissimo artista milanese “cavalca” il risveglio della canzone d’autore, che torna prepotentemente alla ribalta seminando il vuoto intorno alle proposte musicali del momento, “insipide”, anonime e figlie di un tempo avaro, se non nullo, di emozioni.

Quando il testo di una canzone si eleva a Poesia è l’Arte che vince e sovrasta l’ovvietà, la comunicazione puerile e impersonale dei nostri tempi che divide e disunisce e ci fa sentire tutti un po’ più soli.

Con quest’album dal sapore fortemente autobiografico, Vecchioni mostra tutte le sue qualità migliori, rivolgendo un atto d’accusa ad un mondo diverso e divergente dal suo. L’autore, senza mezzi termini, punta il dito sull'uso spasmodico dei social network che tolgono sostanza e contenuto alle relazioni sociali in nome dell’apparire, del bisogno di raccontarsi senza ascoltare, di sentirsi individui fra milioni di individui che non “vedono” e non “comunicano”.

Concetti che il noto cantautore ha ribadito nelle ultime interviste rimarcando gli effetti negativi del potere mediatico sul senso di appartenenza dell’uomo alla comunità. La società moderna, per l’interprete di Samarcanda, è sempre più protesa all'esaltazione individuale, ai deliri di onnipotenza  che sfociano pericolosamente nell'emulazione collettiva.

La speranza lascia il posto al rimpianto ed è un brutto segno per chi, avanzando negli anni, è costretto a guardarsi indietro per immaginare un futuro diverso.

E allora “io non appartengo più, e lascio lo spiraglio alla mia porta, solo, quando vieni fallo con l'amore di una volta.”




GLI SCRITTORI NON MUOIONO MAI

La scomparsa di Alberto Bevilacqua (8 settembre), seguita quasi a ruota da quella di Carlo Castellaneta (28 settembre), ha privato il mondo della letteratura di due grandi scrittori del romanzo storico d’autore.

La morte, si sa, è un fatto ineluttabile che disarma e disorienta, ma quando colpisce esponenti della cultura, trascende il senso di abbandono individuale ed è qualcosa che somiglia tanto ad un vuoto diffuso ed invisibile, una sorta di "voragine collettiva" in cui è il pensiero, prima ancora che il sentimento, a sprofondare.

E’ un passaggio in cui la Cultura si ferma e retrocede, rigenerandosi nella memoria di chi ha scritto pagine indimenticabili, storie che hanno fatto la Storia, il passato che ritorna e che si proietta nel futuro come patrimonio prezioso per i posteri.

Carlo Castellaneta, milanese, ha esordito nel 1959 con Viaggio col padre, edito dalla Mondadori, romanzo che è una ricerca interiore degli affetti e del bisogno di comunicare.
Arriva al grande pubblico televisivo con Notti e nebbie, miniserie del 1984 tratta dall'omonimo libro del 1975. Sublime la descrizione del profilo del protagonista, il commissario Bruno Spada, che sacrifica qualsiasi remora morale di giustizia sociale pur di obbedire alla ragione di Stato del regime fascista. Quanti personaggi del genere si sono avuti (e moltiplicatisi) in ogni era o periodo storico da sembrare quasi il déjà vu di tanti altri incontrati nel nostro cammino, sicché “l’errore” è semplicemente la diversa sembianza con cui ci appaiono.

Di Alberto Bevilacqua, parmense del 1934, si ricorda il pregevole curriculum: da La califfa del 1964 (riprodotto più tardi nel film del 1970 interpretato da una straordinaria Romy Schneider) a Questa specie d’amore (Premio Campiello del 1966), da L’eros del  1994, a Gialloparma del 1997 da cui venne realizzato due anni dopo un film diretto dallo stesso autore.
Di Gialloparma, romanzo di malelingue e intrighi della provincia emiliana, si riporta il seguente passo a sottolineare la sensibilità e lo stile poetico dello scrittore:
 E adesso era notte piena di primavera, e Parma era gatta amorosa che si strusciava a coda dritta contro ogni spigolo della notte, Parma felina che sapeva farsi perdonare col suo profumo di tigli, e il venticello che tornava: schietta luce nera, che brillava di lampade remote, di fari …”

Quando Ugo Foscolo scrisse Dei Sepolcri (1807), venne mosso dalla profonda e struggente aspirazione di creare un collegamento indissolubile tra la vita e la morte: l’interruzione naturale e inevitabile dell’esistenza di ognuno, non impedisce la sopravvivenza delle illusioni, degli ideali, dei valori e delle tradizioni dell'uomo.

Per gli scrittori accade un pò la stessa cosa: su di loro non calano le tenebre dell’oblio perché sopravvivono nel ricordo di ciò che hanno scritto. Ed è per questo che... non muoiono mai.