MARCIAPIEDI DI CIELO

L’emarginazione dagli affetti è forse la più dura da sopportare. La racconto in questa canzone del 1981, anni turbolenti in cui la condizione giovanile faceva i conti con la sgretolazione del nucleo familiare avviata qualche anno prima con la legge sul divorzio.

Si può essere soli per scelta, per visione di vita o di prospettiva. Non è un peso ma semmai un privilegio, un bisogno di libertà incondizionata, scevra da vincoli e socialmente deresponsabilizzata.

Quando invece è una strada obbligata, un percorso ineluttabile dovuto alla negazione sociale della propria condizione individuale, allora diventa dolore, rifiuto, reiezione.

Il prete, la compagna, la gioventù spezzata, la ragazza madre, sono personaggi fra i tanti che camminano sui marciapiedi di cielo, in bilico tra l’asfalto rovente e impetuoso della realtà e le vie celesti di una nuova speranza di vita e di riscatto …

MARCIAPIEDI DI CIELO
(V. Borrelli)

E se un prete ha le occhiaie per un mattino di sesso
e ha sconvolto la sua vita per cercare se stesso
se si è prostituito davanti al suo Dio
dimmi se il suo cielo è un notturno più vero

Se la donna che hai accanto sputa sempre veleno
e magari di notte ha qualche anno di meno
se si sente frustrata per insoddisfazione
dimmi se il suo cielo ha cambiato colore

Lungo i marciapiedi di una corrotta esistenza
due ragazzi si svegliano e si ammazzano a vicenda
tra i falò di qualche anima dispersa
c'è qualcosa da scordare e una vita da cambiare

Sui marciapiedi di cielo
il mio tempo si fa sempre blu
luna di carta una stella di latta
nel ritratto ci sei anche tu

Sui marciapiedi di cielo
con un passaggio si arriva più in là
facce smarrite e non si ride
nel ritratto ci sei sempre tu

Se una madre racconta se stessa a una figlia
e magari si accorge che non le somiglia
se non ha più una lira e va a fare la vita
dimmi se il suo cielo è una gabbia di vetro

Se t'inventi un rapporto e non ti riconosci
se per gli altri tu resti soltanto un istante
e non hai che una meta distante
dimmi se questi giorni sono sempre ritorni

Sui marciapiedi di cielo
tra i lampioni e i binari dei tram
c'è gente truccata di rassegnazione
sta seduta per ore in un bar

Sui marciapiedi di cielo
sulle rive di un'altra realtà
qualche canzone e un rimpianto di più
un'idea che non pensa più
(Tratto da Le parole del mio tempo”)


APRITI BLOG!

E’ divenuta quasi una parola d’ordine per aprire chissà quali universi del pensiero, far conoscere (a volte sotto mentite spoglie), le personalità più svariate e le storie più recondite che non si avrebbe mai il coraggio di raccontare nella vita reale.

Il web log, meglio conosciuto come blog, è un fenomeno largamente in espansione, usato principalmente come diario personale per essere catapultato nella rete insieme a una miriade di “confratelli”.

Ma quanti sono i blog? Domanda difficile da rispondere. Ci ha provato qualche tempo fa l’Online Journalism Review, sito americano sul giornalismo di rete tra i più noti del pianeta, che aveva contato agli albori del 2010 oltre 150 milioni di siti attivi, cifra sicuramente stimata per difetto.

In Italia, e siamo nel 2013, si contavano oltre 500 mila, con il blog di Beppe Grillo a guadagnarsi lo scettro del più seguito.  Le fonti d’informazione variano dalle esperienze personali (le più popolari) ai comunicati commerciali o ai programmi radiotelevisivi. Le informazioni attinte da libri e articoli si aggirano intorno al 42%. Una buona percentuale.

Ma come vengono diffusi i blog? Ci sono i cosiddetti “aggregatori di blog”, siti che per l’appunto li raggruppano in base alle tematiche trattate dopo una semplice procedura di accreditamento. Lo scopo è quello di diffonderli nel pianeta web sperando di attirare nella rete quanti più “followers” (recto: seguaci) possibili. Ecco alcuni degli aggregatori più noti:

Ok notizie, sito gestito da Virgilio particolarmente selettivo: le notizie vengono sottoposte al giudizio dei lettori i quali cliccando sul “Sì” o sul “No” condizionano l’andamento e il grado di diffusione del post.

Bloghissimo, sito che vanta tantissime categorie, fra le quali i web personali.

Blogitalia, forse il più articolato con una speciale classifica dei Top 100 più visitati.

L’elenco potrebbe continuare a lungo. Ma le raccomandazioni più diffuse sono date dalla qualità dello scrivere, dalla capacità di affrontare argomenti originali e d’interesse, dall'interazione con altri siti postando propri commenti ed opinioni, in una parola dall'apertura del blog verso i lettori creando una sorta di “ponte di comunicazione” fra chi scrive e chi legge. 

Attenzione però al fenomeno dello “splog”, che si sta particolarmente diffondendo. Sono dei weblogs che vengono utilizzati per promuovere altri siti web affiliati. Sono inutili e dannosi perché creano spazio sul disco rigido e intasano i motori di ricerca.

Altra insidia è rappresentata dai pseudo professionisti del blog, che sono coloro che ti promettono a suon di euro la più ampia indicizzazione e visibilità del tuo sito. Evitarli come la peste.

Insomma la concorrenza e le insidie sono varie e infinite e non esiste una ricetta di sicuro successo.

Apriti blog, dunque, affinché le parole possano viaggiare nella rete per approdare nei pensieri di chi ha voglia di catturarle, farle proprie e non dimenticarle …

TI PRESENTO VITTORIANO

Dopo aver intervistato tanti autori, questa volta è toccato a me. MeBook, social network che si occupa di cultura e di promozione letteraria con tanti followers al suo seguito, ha realizzato un’intervista che mi riguarda e che spero possa suscitare l’interesse dei visitatori e amici del blog.

Sono piuttosto refrattario a parlare di me. Preferisco farlo attraverso le cose che scrivo cercando di non cadere nell'autoreferenza o nelle cose ovvie e scontate. Quando però ho letto le domande dell’intervista, tutte interessanti e non banali, mi sono chiesto se non fosse un’ottima opportunità per raccontare ai lettori qualcosa di me in maniera  diretta e immediata.

Ecco l'intervista a cura di Maurizio Caruso che potete leggere anche dal  link http://www.mebook.it/ip/leinterviste/vittoriano-borrelli:


INTRODUZIONE


Musicista, poeta, paroliere. Sono almeno queste tre nobili peculiarità al quale potrebbe essere affiancato il nome di Vittoriano Borrelli da Portici in provincia di Napoli. Instancabile artista al servizio delle emozioni altrui, è uno che "ama la vita dei sentimenti e sta dalla parte delle piccole cose che poi sono quelle che fanno grandi gli uomini..."


MEBOOK: Cosa ti succede interiormente sin da piccolo e come si sviluppa quando compi il quattordicesimo anno di vita?

VITTORIANO BORRELLI: Sono cresciuto in un ambiente familiare pieno di regole precostituite che nulla lasciavano alla libera estrinsecazione dei sentimenti. Ho quindi ricevuto un’educazione rigida che mi ha impedito, per un certo numero di anni, di spaziare e di far emergere quella parte di me che detestava ogni forma di apparenza. E’ stato quasi naturale costruirmi un mondo parallelo, immaginario, in cui potevo finalmente liberarmi da qualsiasi inibizione facendo sprigionare dal mio “contenitore” interiore tutti i migliori sentimenti possibili. La musica mi ha molto facilitato in questo percorso, a cominciare dai quattordici anni, quando mio padre mi regalò la mia prima chitarra.

MEBOOK:: "Le parole del mio tempo" è un libro che raccoglie una parte dei testi della tua imponente produzione. Questi testi che sapore hanno e a chi sono diretti in particolare?

VITTORIANO BORRELLI: Direi a tutti quelli che hanno voglia di “sentire” la vita in tutte le sue sfaccettature. Le mie canzoni sono piuttosto variegate, parlano di amore, di solitudine, di emarginazione con un filo conduttore rappresentato dalla voglia di essere sempre se stessi, senza condizionamenti o compromessi di sorta.

MEBOOK: Come coniughi il lavoro con lo spazio che ti resta per scrivere e per creare?

VITTORIANO BORRELLI: Faccio un lavoro molto impegnativo e pieno di responsabilità. Sono segretario generale di alcuni comuni della provincia di Como, con un’agenda sempre fitta di impegni. A volte non mi bastano le 24 ore giornaliere per riuscire a fare tutto, ma ho dalla mia la professionalità e il senso pratico dell’organizzazione che mi permettono di conciliare il lavoro con la parte che prediligo di più, ovvero la mia passione per la musica e per la letteratura. Curo da qualche anno un blog che ha lo stesso titolo del mio libro di canzoni “Le parole del mio tempo”, che mi ha dato tante soddisfazioni per gli attestati di stima e di gradimento ricevuti. Valgono più di qualsiasi tiratura o riscontro economico della mia produzione libraria.

MEBOOK: La tua passione per Alberto Moravia ti ispira a scrivere un romanzo "La prossima vita". Anche questo edito da Meligrana Giuseppe Editore nel 2012 ma in realtà già pronto dal 2001. La storia di un appassionato di pittura che ripercorre a ritroso la vita con la moglie...

VITTORIANO BORRELLI: E’ una storia che mi somiglia molto per le contraddizioni a cui ho fatto cenno. Il protagonista, Leo Ferretti, è perennemente in bilico tra la realtà e l’immaginazione. Vive nell'una ma si allontana nell'altra, lacerato dal dubbio di non essere amato e accettato. Sullo sfondo una Firenze piena di fascino e di mistero nella quale il rimpianto e la malinconia ispirati da “La nascita di Venere”, il celebre dipinto di Botticelli, aiuteranno Leo a risolvere i suoi conflitti interiori grazie ad un colpo di scena finale che ovviamente non svelo.

MEBOOK: Nel cantautorato d'autore italiano ma anche straniero quale artista ti ha maggiormente influenzato come paroliere e come compositore?

VITTORIANO BORRELLI: Tutti gli artisti che hanno segnato la (pregevole) storia del cantautorato italiano: da Battisti a Dalla, da Venditti a Cocciante. Da questi grandi nomi ho tratto grande insegnamento anche se ho mantenuto un certo stile e originalità. Molti mi hanno definito un cantautore “intimista”, ovvero una persona che attraverso le parole ha inteso raccontare la propria vita interiore e le sue possibili trasformazioni. Credo che questa definizione mi calzi a pennello.

MEBOOK: Siamo nel 2014 e pubblichi per Youcanprint un altro libro "L'aquila non ritorna". Come mai questo titolo?

VITTORIANO BORRELLI: Lo spiego nella prefazione: l’aquila è un uccello di straordinaria bellezza ed intelligenza, espressione di numerose simbologie tra le quali quella di rigenerarsi ricevendo dal sole nuova luce e calore. Il “non ritorno” sta ad indicare la trasformazione simbolica di questo meraviglioso volatile, che spezza qualsiasi legame con il passato per approdare ad una dimensione di rinnovato spirito e vigore. “L’aquila non ritorna” è il seguito de “Le parole del mio tempo” ma per il significato del titolo lo precede proprio per la trasformazione cronologica delle storie narrate nelle mie canzoni. Ha anche un altro significato più sottile: lo scorrere del tempo che non ti fa più tornare indietro e rimediare ad una gioventù svanita troppo presto.

MEBOOK: Qual è il compromesso che un autore deve seguire per poter vendere ed essere allo stesso tempo originale?

VITTORIANO BORRELLI: Come si è forse capito dalle precedenti risposte, non amo scendere a compromessi di alcun genere. Purtroppo affacciandomi nel mondo dell’editoria ho dovuto fare i conti con una realtà che stride con questo principio. Credo che l’autore debba pensare solo a scrivere e l’ editore debba occuparsi della vendita e della promozione. Nella realtà non avviene niente di tutto questo. Gli editori (soprattutto quelli “piccoli”) delegano all'autore tutte quelle attività del promotore che richiedono tempo, pazienza e, soprattutto, competenza. Il risultato è una larga approssimazione resa ancora più difficoltosa da una concorrenza “indifferenziata” nella quale è difficile, per un lettore, orientarsi e scegliere libri di qualità. Manca in altri termini una strategia editoriale consapevole e mirata con un uso più precipuo e ponderato delle nuove tecnologie informatiche.

MEBOOK: Da due anni collabori con la rivista on line "Quorum" scrivendo articoli di attualità e di cultura. Un articolo "la solitudine degli internauti" è particolarmente d'attualità e abbraccia alcune tue canzoni... 

VITTORIANO BORRELLI: Quando Stefano Campa, uno dei fondatori del giornale, mi ha proposto di collaborare per il quotidiano, ho accettato volentieri. Lo ringrazio pubblicamente per questa meravigliosa opportunità che mi ha permesso di ampliare la platea dei lettori ricevendo tanti attestati di stima. “La solitudine degli internauti” è uno degli articoli cui tengo di più perché affronta un tema, quello dell’uso spasmodico dei social network, di grande attualità. Il legame con una mia canzone, “Password” è piuttosto emblematico e spiega il senso dell’articolo: “Siamo un numero, un codice, delle lettere prestampate. Siamo un vortice di emozioni, di faccine che sorridono e che invece piangono per davvero …”

MEBOOK: Un altro argomento interessante affrontato nei tuoi articoli è "la scrittura creativa". Come si scontra e si concilia con la produzione letteraria odierna?

VITTORIANO BORRELLI: Non voglio offendere nessuno, e tanto meno coloro che sono sostenitori convinti di questo tipo di scrittura “assistita” che dovrebbe aiutare professionalmente un autore alle prime armi. Credo che le cose migliori nascano dall'istinto, dall'ispirazione, dalla capacità spontanea di raccontare una storia, un’emozione. Un libro perfetto nella forma può non esserlo nella sostanza. E’ vero anche il contrario, ma io preferisco una storia con qualche errore qua e là ma che mi colpisca nella sostanza. E poi le grandi opere nascono belle e perfette “ab origine”. E’ semplicemente una questione di talento naturale.

MEBOOK: Leggere e pubblicare. Il tuo rapporto con gli e-book e con il cartaceo.

VITTORIANO BORRELLI: Gli e-book sono una grande opportunità per chi ha pochi mezzi da investire. Rappresentano la tecnologia del presente (e del futuro) anche se in Italia raggiungono appena il 4% dei lettori. Se dovessi scegliere, preferisco di gran lunga il cartaceo, ma come ho detto prima gli editori disposti ad investire latitano e si fa di necessità virtù. Ma tutto questo è relativo se manca alla base l’educazione alla lettura, a cominciare dalle scuole e più in generale dallo Stato che ha fatto molto poco per valorizzare la cultura.

MEBOOK: Attraverso quale canale si possono acquistare i tuoi libri?

VITTORIANO BORRELLI: Per il momento i miei libri sono solo in formato e-book. Si possono trovare nelle migliori librerie digitali. Eccone alcune: Ultimabooks, Amazon, Smashwords.

MEBOOK: Mebook secondo Vittoriano Borrelli...

VITTORIANO BORRELLI: Un’ottima opportunità e polo di aggregazione di autori e lettori che amano leggere e diffondere la cultura. Ringrazio la redazione di questo bellissimo social per l’opportunità concessami. Spero che i lettori non si siano annoiati a leggere l’intervista. Se fosse così, come direbbe Manzoni, “non l’ho fatto apposta!”

ROSE ROSSE PER TE

L’8 marzo si celebra la tradizionale festa delle donne istituita per la prima volta dagli americani nel 1909 (precursori in tutto) e poi da molti altri Stati. E’ una ricorrenza che suggella le conquiste sociali delle donne ma è anche un monito per le forti discriminazioni che ancora esistono ( e persistono) in molti contesti, anche in quelli apparentemente più evoluti.

E’ una rivoluzione prima di tutto culturale, intrapresa attraverso lenti e faticosi ricambi generazionali contrassegnati, sul piano normativo, dall'emanazione di leggi mirate a rimuovere ostacoli e preconcetti che hanno impedito per lungo tempo un’effettiva parità di generi.

In Italia, solo a partire dall'ultimo decennio del secolo scorso si è intervenuti con la prima legge sulle pari opportunità (la n. 125 del 10 aprile 1991) nonostante i principi dell’uguaglianza sociale senza distinzione di sesso fossero già contenuti un cinquantennio prima nella nostra Costituzione.

Molto è stato fatto per creare quelle condizioni atte a favorire la libera competizione e partecipazione di entrambi i sessi in tutti i campi sociali ed economici. Basti pensare alla copiosa produzione normativa che si è avuta soprattutto di recente con la definizione dei quorum minimi di genere per l’accesso alle istituzioni governative di ogni livello.

Ma molto ancora c’è da fare, se persistono retaggi culturali che sono i principali “oppositori” del sano e virtuoso equilibrio fra i generi. Gli episodi di cronaca nera sulla violenza delle donne sono ancora numerosi e attuali e destano forti e motivate preoccupazioni sull'effettiva valenza delle conquiste raggiunte.

Il rischio è che in nome della parità si ottenga un capovolgimento dei ruoli maschili e femminili che invece dovrebbero rimanere fermi e distinti. Non c’è vera eguaglianza se non si accettano le differenze, a cominciare dalla famiglia dove la genitorialità di genere implica una diversa, seppur omogenea, distribuzione dei compiti. Spesso la paternità e la maternità sono assunte come prototipi ambivalenti che di fatto disuniscono creando modelli di comportamento sbagliati o poco lineari.

Il risultato è un conflitto di coppia che sta assumendo proporzioni gigantesche a giudicare dal numero sempre più crescente di separazioni e divorzi, il più delle volte generati proprio dalla commistione dei ruoli che rende impari ciò che si vuole far passare come paritario.

Appare necessario agire attraverso l’educazione ai buoni sentimenti e alla reciproca generosità e rispetto dei propri spazi peculiari di genere.

E chissà che proprio in occasione della giornata internazionale delle donne non si possa auspicare questa inversione di tendenza attraverso un gesto atipico che valga da esempio: anziché delle tradizionali mimose, un bel mazzo di rose rosse per deporre le "armi" in nome dell’amore.