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L’8
marzo si celebra la tradizionale festa delle donne istituita per la
prima volta dagli americani nel 1909 (precursori in tutto) e poi da
molti altri Stati. E’ una ricorrenza che suggella le conquiste sociali delle
donne ma è anche un monito per le forti
discriminazioni che ancora esistono ( e persistono) in molti contesti, anche in
quelli apparentemente più evoluti.
E’
una rivoluzione prima di tutto culturale, intrapresa attraverso
lenti e faticosi ricambi generazionali contrassegnati, sul piano normativo, dall'emanazione
di leggi mirate a rimuovere ostacoli e preconcetti che hanno impedito per lungo
tempo un’effettiva parità di generi.
In
Italia, solo a partire dall'ultimo decennio del secolo scorso si è intervenuti
con la prima legge sulle pari opportunità (la n. 125 del 10 aprile 1991)
nonostante i principi dell’uguaglianza sociale senza distinzione di sesso
fossero già contenuti un cinquantennio prima nella nostra Costituzione.
Molto
è stato fatto per creare quelle condizioni atte a favorire la libera
competizione e partecipazione di entrambi i sessi in tutti i campi sociali ed
economici. Basti pensare alla copiosa produzione normativa che si è avuta
soprattutto di recente con la definizione dei quorum minimi di genere
per l’accesso alle istituzioni governative di ogni livello.
Ma
molto ancora c’è da fare, se persistono retaggi culturali che sono i
principali “oppositori” del sano e virtuoso equilibrio fra i generi. Gli
episodi di cronaca nera sulla violenza delle donne sono ancora numerosi
e attuali e destano forti e motivate preoccupazioni sull'effettiva valenza delle
conquiste raggiunte.
Il
rischio è che in nome della parità si ottenga un capovolgimento dei ruoli maschili
e femminili che invece dovrebbero rimanere fermi e distinti. Non c’è vera
eguaglianza se non si accettano le differenze, a cominciare dalla famiglia dove
la genitorialità di genere implica una diversa, seppur omogenea,
distribuzione dei compiti. Spesso la paternità e la maternità sono assunte come
prototipi ambivalenti che di fatto disuniscono creando modelli di comportamento
sbagliati o poco lineari.
Il
risultato è un conflitto di coppia che sta assumendo proporzioni
gigantesche a giudicare dal numero sempre più crescente di separazioni e
divorzi, il più delle volte generati proprio dalla commistione dei ruoli che
rende impari ciò che si vuole far passare come paritario.
Appare
necessario agire attraverso l’educazione ai buoni sentimenti e alla reciproca
generosità e rispetto dei propri spazi peculiari di genere.
E
chissà che proprio in occasione della giornata internazionale delle donne
non si possa auspicare questa inversione di tendenza attraverso
un gesto atipico che valga da esempio: anziché delle tradizionali mimose,
un bel mazzo di rose rosse per deporre le "armi" in nome dell’amore.
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