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“Digita
il codice pin”. La cassiera del supermercato mi guarda trasognata
aspettando con impazienza che esegua il comando sul pos. Vuoto
assoluto. Non ricordo nulla. Sarà la data di nascita di mio figlio? Non
ricordo neanche quella. Decido di pagare in contanti, prendo i sacchetti della
spesa e corro a casa per recuperare tra le mie scartoffie il codice che
ho dimenticato.
Metto sottosopra cassetti, libri e quaderni. Frugo
nelle tasche di cappotti, giacche e pantaloni ma del codice nessuna traccia. Mi
collego on-line con la mia banca per chiedere assistenza ma ho dimenticato anche la password di
accesso. Allora provo a recuperarla. Mi si chiede di rispondere almeno ad una
delle seguenti domande: il cognome di mia madre, la mia squadra del
cuore, la data del matrimonio. Niente da fare. Non ricordo nessuna di
queste informazioni.
Amnesia
dissociativa? Perdita temporanea della memoria? E’ il caso di andare
dal mio medico di fiducia. Mi reco nel suo studio di via Mazzini, uno stabile in vetro scuro, di quelli imponenti, che sembra troneggiare in mezzo a tanti
condomini uguali e indistinti.
La segretaria,
asettica e pallida come il bianco dell’ampia sala d’ingresso, mi accoglie con
una domanda inquietante:
“Ce
l’ha il numero?”
“Il
numero?”
“Quello
della prenotazione. E’ necessario per la visita. Adesso l’Asl ce lo chiede per
l’inserimento nella banca dati on line.”
“Non
ho fatto la prenotazione. E’ una cosa urgente. ”
Volevo
aggiungere “di vita o di morte”, ma per non so quale senso del pudore
ho preferito stare sul generico. Insisto che il medico è un mio amico e mi
riceverà senz’altro.
“Mi
dispiace. Niente numero, niente visita”.
Sono
preso dallo scoramento, mi riverso sulla strada ma vedo solo numeri davanti
a me. Le insegne dei negozi brillano di cifre colorate, come i lampioni
e i platani in fila ai marciapiedi. Persino le persone girano con un
numero stampato sul petto, vuoti e disorientati in mezzo a spazi liberi e
indefiniti.
Inizio
a correre all’impazzata ma nella fretta perdo gli occhiali. Dove
saranno finiti? D’un tratto sento qualcuno gridare alle mie spalle: “Amico!”
Mi
giro e mi trovo davanti un omone grosso e trasandato. Sembra un clochard con
barba lunga e un berretto bucherellato come i fori di un colapasta. Mi porge
gli occhiali che ho perso e aggiunge:
“Non
ti ricordi di me? Ieri mi hai offerto un panino e dieci euro. Ti ho riconosciuto
subito. Grazie amico.”
Mi
stringe la mano e se ne va zoppicando in mezzo alla folla. Resto senza
parole. Guardo la mia mano e mi accorgo di avere sul palmo un pezzo di carta.
C’è scritto qualcosa: “24. Giocatelo, ti porterà fortuna.”
Riprendo
a camminare e sorrido tra me.
SONO SOLO UN NUMERO
(Racconto breve di Vittoriano Borrelli)
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