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Nella
giornata della memoria, riaffiorano le testimonianze sulla triste e
crudele esperienza dell’olocausto. Istituita con la legge 20 luglio
2000 n. 211, la ricorrenza mira a ricordare, come si legge nel testo, “la Shoah (sterminio del
popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei
cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia,
la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono
opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno
salvato altre vite e protetto i perseguitati.”
Sono passati oltre
ottant’anni da quelle vicende che hanno inorridito (e fatto vergognare)
l’umanità intera. La prima segregazione degli ebrei
tedeschi ebbe inizio nel 1933 e si perpetrò per tutta la seconda guerra
mondiale nei territori dominati dal Terzo Reich. Nel frattempo i superstiti che possono
ancora rendere la propria testimonianza si stanno riducendo sempre di più, ma
la memoria di quegli orrori è un marchio ormai indelebile.
In questi giorni
si susseguono programmi e documentari sulla terribile
esperienza della Shoah, quasi a voler pungolare coscienze
intorpidite e amnesiche. Qui mi piace ricordare il bellissimo film
del 1982 intitolato “La scelta di Sophie”, tratto
dall'omonimo romanzo di William Styron e interpretato da
una superba Meryl Streep che le valse
l’Oscar come migliore attrice protagonista.
La storia è quella
di una donna che durante la persecuzione degli ebrei è
costretta a scegliere tra i suoi due figli piccoli, un maschio e una femmina,
decidendo di consegnare agli esecutori del lager di Auschwitz,
-e
quindi alla morte-, la bambina per salvare l’altro.
Una
scelta che segnerà definitivamente l’esistenza di Sophie e quella del
marito Nathan, anch'egli vittima della Shoah, con il quale suggellerà il patto mortale del
suicidio congiunto. A nulla varrà la breve ma intensa storia d’amore con il
giovane Stingo, intellettuale e osservatore delle dinamiche relazionali della coppia,
perché un dolore come quello procurato dall'olocausto non si consuma mai.
La scelta di
Sophie è quindi la scelta della morte, l’autodistruzione che s’impone alla vita con
tutte le speranze e le passioni offertale da Stingo, proprio come qualche anno
prima lo era stata l’abbandono della
figlioletta.
“Non
lo capisci, Sophie, stiamo morendo”, le grida il marito Nathan.
“Gesù
non ha alcun interesse per me. Vivo sola col tormento del mio peccato”,
l’amara riflessione della donna che la spingerà al suicidio, prima tentato, e
poi consumato assieme al compagno.
Tutto volge al dramma, ma nel pensiero di Stingo si fa larga la speranza di un mondo diverso e migliore come testimoniano le ultime battute del film:
Era solo un nuovo giorno eccellente e giusto.
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